Il direttore Beatrice Venezi si racconta - Le Cronache
Spettacolo e Cultura lettura Musica

Il direttore Beatrice Venezi si racconta

Il direttore Beatrice Venezi si racconta

Stasera, sul palcoscenico del Teatro Giuffrè di Battipaglia, alle ore 21, il maestro sarà sul podio della Artemus Ensemble di Alfonso Todisco  per dirigere un concerto monografico dedicato a Ludwig van Beethoven, con ospite la pianista Gloria Campaner

di Olga Chieffi

Non c’è festa senza musica e stasera, alle ore 21, i riflettori del Teatro Giuffrè di Battipaglia illumineranno la bacchetta di Beatrice Venezi, alla testa dell’Artemus Ensemble di Alfonso Todisco, protagonista del “Concerto di Natale 2021”, organizzato da AllianceInsay Broker S.p.A. Concerto monografico interamente dedicato a Ludwig Van Beethoven con l’ouverture op.62, pagina attraversata, dopo gli impressionanti accordi in fortissimo d’apertura, da una continua tensione in cui ogni nota sembra essere assolutamente ineluttabile e con alla tastiera per il V concerto detto l’Imperatore, Gloria Campaner, che eseguirà questa grande composizione in tre quadri, dove il secondo tempo ha la severità di un corale mentre il terzo, il Rondò – Allego, è altrettanto atipico nelle magnificenti strutture dialogiche tra il pianoforte e le sezioni orchestrali, da preannunciare il futuro romantico di questa forma. Abbiamo incontrato il direttore alla vigilia dell’evento.

Oggi nel 2021 fa ancora effetto “vedere” salire sul podio una donna, come “vederla” imbracciare un ottone o un contrabbasso o percuotere i timpani. Anche lei è stata al centro di infime polemiche, è speranzosa che un giorno si possa discutere unicamente di musica senza alcun “contorno”?

Si, certo che sono speranzosa che un giorno si possa discutere unicamente di musica senza far caso alla differenza di genere, devo esserlo e credo che questo sarà il vero cambio di passo. Bisogna concentrarsi esclusivamente sul valore, sul merito, sul talento, sulla professione e la professionalità, sia di un musicista sia di qualsiasi altro mestiere, lavoro professione che sia. L’indignazione è tanta nel sentire ancora che il genere di una persona faccia notizia. Siamo purtroppo ancora molto lontani dalla parità e dall’annullare ogni pregiudizio, forse la risoluzione è lontana anche a causa di certe lotte che a volte sono più ideologiche che di sostanza.

E’ entrata in conservatorio con la precisa idea di diventare direttore d’orchestra o per intraprendere lo studio specifico di uno strumento e solo in seguito ha “strambato” sulla composizione e quindi sulla direzione orchestrale?

Ho iniziato con lo studio del pianoforte, quasi per caso, poiché io non vengo da una famiglia di musicisti, quindi è stata una scoperta, il talento, la predisposizione alla musica, che è partito da quello strumento, per poi trasformarsi in consapevolezza che quello strumento fosse un po’ un limite, rispetto a quello che poteva essere un timbro più completo e scegliere un lavoro globale non fatto solo di musica ma anche di esseri umani come quello della direzione d’orchestra Ha un compositore o un periodo della letteratura musicale che più ama?

Per quello che riguarda il repertorio lirico non posso sottrarmi dal dire che Giacomo Puccini è il mio compositore preferito. Non sono solo le origini che mi legano a lui ma è indubbio che resta l’operista più moderno. Ho predilezione per l’intero repertorio sinfonico russo, a partire da Pëtr Il’ič Čajkovskij, sino al mondo sonoro di Dmitrij Šostakovič. Accanto alla scuola russa, mi piace studiare e dirigere anche il sinfonismo della generazione dell’80, molto poco eseguito, quindi Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti e Ottorino Respighi, ma anche Giuseppe Martucci, con il loro respiro europeo

Da diversi anni collabora con le formazioni della Nuova Orchestra Scarlatti, giovani come lei. Come trova il livello musicale degli strumentisti campani?

Mi trovo benissimo in Campania, c’è un livello di musicalità alto e diffuso e non solo tra i musicisti, ma anche nel pubblico. Con la Scarlatti c’è un rapporto speciale, è una famiglia che ha volontà di migliorare, di far bene, al di là degli orari delle prove, di andare ben oltre quello che è richiesto. Per questo torno in Campania sempre con grande piacere.

Che consiglio darebbe ad un giovane che ha deciso di diventare direttore d’orchestra?

Il consiglio è quello di trovare un buon maestro. Sembra scontato dire ciò ma di insegnanti ce ne sono tanti e di maestri pochi. Il Maestro è colui che deve imprimere sull’allievo la propria immagine, far diventare lo studente la propria copia, perché questo non è insegnare. Insegnare è tirare il meglio fuori da chi si ha davanti, è educare, lasciare che il vero talento di quel giovane possa esprimersi, dandogli gli strumenti per farlo, costruendogli basi solide per fargli iniziare quel viaggio alla scoperta di se stessi, per raggiungere un proprio linguaggio, un proprio vocabolario di gesti. Si può insegnare la direzione d’orchestra fino ad un certo punto, ma ci vuol lavoro di sperimentazione ed autocritica, un bravo maestro che deve lasciar fiorire il talento attraverso il giusto learning by doing ovvero offrendo opportunità di confronto per maturare

Credo che lei sia nata dal conservatorio della riforma, delle lauree triennali e biennali come lo considera rispetto agli studi dell’ordinamento tradizionale?

Ho studiato pianoforte col vecchio ordinamento e direzione col biennio a riforma avvenuta. Personalmente preferisco il vecchio corso di studi, non credo si possa entrare in conservatorio a 17, 18 anni, è tardi. Lo studio di uno strumento è una forma mentis che deve essere sviluppata sin da piccoli, poi ci sono troppe materie complementari, anche inutili, fatte solo per ottenere dei crediti ed è una gran perdita di tempo, specialmente per uno strumentista. Servirebbe una controriforma.

Vorrei concludere con la Beatrice Venezi scrittrice. Ho sulla scrivania il suo “Le sorelle di Mozart” in libreria per le edizioni UTET. Come nasce questo volume e continuerà a scrivere?

Questo libro nasce con l’esigenza di raccontare, di narrare la grandezza femminile in un modo diverso da quello che viene fatto. Perché oggi si racconta delle donne come poveri esseri che hanno sempre bisogno di tutele speciali e questo non è assolutamente necessario. Bisogna creare una consapevolezza femminile della storia e della grandezza di certi personaggi che vengono presentati sempre come “figlie di”, “mogli di” e “sorelle di”, ma hanno invece avuto un loro peso specifico nella storia della musica. E’ necessario dare il giusto collocamento a queste musiciste nella storia, ma il fine più alto è di costruire la giusta consapevolezza del personaggio al femminile per le ultime generazioni, in modo che siano modelli cui ispirarsi per rompere il clichè di quell’esserino da tutelare, con cui normalmente si cresce e si deve combattere per tutta la vita. Continuerò a scrivere e sto già lavorando ad un terzo volume che in qualche modo sarà divulgativo rispetto al nostro mondo ma, sicuramente, più narrativo.