di Erika Noschese
Sembra procedere nel migliore dei modi il lavoro del comitato promotore per la realizzazione di un polo museale all’interno dell’ex tribunale di Salerno, dopo il trasferimento degli uffici presso la cittadella giudiziaria. Una proposta avanzata dai membri del comitato promotore Michelangelo Russo, Marco Alfano, Antonio Braca, Antonio Ilardi, Emilio Porcaro, Massimo Ricciardi e Matilde Romito e che ora gode del pieno sostegno dell’arcivescovo di Salerno, monsignor Andrea Bellandi che parla di ““piena e convinta adesione alla collaborazione della Chiesa salernitana circa la possibilità che i saloni del vecchio Tribunale vengano destinati a sede museale, per dotare la città di Salerno di un ulteriore luogo identitario che rinvii alla sua storia e alla sua tradizione culturale”. Nei prossimi giorni il Comitato Promotore incontrerà l’Arcivescovo per esprimergli il più sentito ringraziamento per la disponibilità e la sensibilità dimostrate nonché per approfondire i termini del progetto. Attualmente, l’ex tribunale di Salerno è set del film la serie TV “Vincenzo Malinconico, Avvocato”, prodotta da Viola Film e Rai Fiction, scritta da Diego De Silva, Gualtiero Rosella, Massimo Reale e Valerio Vestoso. Nel frattempo, il mondo dell’avvocatura continua a rivendicare per sé quegli spazi, soprattutto in relazione alle normative anti covid che evitano ogni forma di assembramento. Il comitato promotore per la realizzazione di un polo museale ha più volte ribadito la necessità di tali spazi in centro cittadino, avvalendosi anche della collaborazione dei cittadini che potrebbero decidere di regalare le proprie opere al museo. Al momento, da parte del Demanio – unico proprietario della imponente struttura di corso Garibaldi non sarebbe giunta alcuna autorizzazione a procedere pur avendo smentito l’ipotesi di una cessione ad un privato per la realizzazione di abitazioni di lusso. Intanto, anche attraverso i social la proposta continua a raccogliere adesioni che si scontrano con l’opinione di avvocati e magistrati che chiedono di poter utilizzare ancora quegli spazi, da decenni appartenenti al mondo dell’avvocatura