“Ivan Gentile poteva salvarsi”. Ad affermarlo è don Rosario Petrone, parroco presso la casa circondariale di Fuorni. E, sul decesso del giovane avvenuto proprio in una cella del carcere il sacerdote ha spiegato che se la struttura avesse avuto a disposizione una sala intensiva forse poteva essere evitata la tragedia.
Don Rosario ha parlato della morte del detenuto, spirato per infarto e trovato senza vita a letto, nel corso di un incontro dibattito svoltosi venerd’ sorso presso la parrocchia Gesù Risorto, di Parco Arbostella.
Tema dell’incontro con don Rosario Petrone, parroco da 6 anni della casa circondariale di Fuorni, è stato la Misericordia.
“La Misericordia non ha sbarre” è l’esempio tangibile della forza della Fede utile ed essenziale per superare le tante difficoltà della vita quotidiana, ancor di più, in quei luoghi dove l’uomo viene spogliato di tutta la sua dignità come avviene nelle carceri. L’incontro rientra tra le attività promosse da don Nello Senatore e dalla Comunità della Chiesa del Parco Arbostella. All’incontro sono intervenuti oltre a don Rosario e don Nello anche Antonella Rotondo (responsabile gruppo liturgico) e Daniela Novi (preside dell’istituto nautico di Salerno). Il tema centrale del dibattito è stato il senso del peccato che, per quanto grande, incontra sempre il perdono di Dio quando attraversa il confronto con la giustizia umana e il pentimento del cuore (“La misericordia senza giustizia è cieca, la giustizia senza misericordia è ipocrita” Papa Francesco). La riparazione di una colpa non dura per sempre, ma deve aprire nuove prospettive di vita, come l’aiutare a guarire chi si è trovato nelle stesse difficoltà e la Giustizia terrena ovviamente non esclude la misericordia ma sono due concetti che camminano in parallelo.
Papa Francesco ha indicato nell’accoglienza il grande segno distintivo del Giubileo della Misericordia, un segno che deve testimoniare la concretezza del Vangelo.
Don Rosario nel corso dell’incontro ha evidenziato come la vita nelle carceri è dura e complicata e ha cercato di coinvolgere i partecipanti a collaborare attivamente per aiutare le persone attualmente detenute nel carcere di Fuorni e, al tempo stesso, offrire un contributo anche per il reinserimento degli ex detenuti «il compito del cappellano del carcere è fondamentale, ma anche la comunità parrocchiale deve abbracciare questo fardello per poter aiutare il fratello che ha peccato, per accompagnarlo in modo concreto verso la liberazione. Il problema delle carceri è un problema di tutta la Chiesa non solo mio. In carcere sto provando a realizzare piccoli progetti concreti per aiutare queste persone ad incontrare l’altro, perché la fede non si fa tra di noi, ma la si fa in modo concreto incontrando l’altro, annunciando il Vangelo. Io non sono prete facendo le processioni ma sono prete se riesco ad entrare nel cuore del fratello offrendogli la possibilità di cambiare superando il pregiudizio, e devo dire che in tutto questo il ruolo dei volontari, che vengono a parlare con i detenuti, è sicuramente fondamentale perché riescono ad insegnare la relazione tra le persone».
Sulla morte di Ivan Gentile, 44 anni, trovato cadavere nella sua cella a Fuorni don Rosario chiarisce «il ragazzo purtroppo era malato di una cardiopatia e credo che se ci fosse stata una sala intensiva per curare l’infarto magari si sarebbe potuto evitare. Bisognerebbe potenziare maggiormente l’area sanitaria». Infine lancia un appello alle Istituzioni locali «magari se le Istituzioni e la magistratura di sorveglianza potessero dare una maggiore possibilità ai detenuti e mi riferisco proprio da un punto di vista di inclusione sociale anche lavorativo magari facendo nascere una cooperativa, che possa essere sostenuta anche dal Comune, per poter sviluppare in modo concreto un progetto di servizio civile e sociale che sarebbe molto utile perché si proverebbe, in questo modo, a far uscire l’ambiente carcerario dall’isolamento dalla società».
Don Rosario partecipa attivamente all’associazione “Migranti senza Frontiere” composta da una trentina di volontari, dove si cerca di offrire accoglienza cristiana e reinserimento sociale a detenuti soggetti a misure alternative alla pena detentiva, con particolare attenzione agli immigrati, alle persone senza fissa dimora o in grave situazione di disagio.
“Certo ancora ultimi Cristi, chi era Ivan Gentile, 43 anni di Agerola, se non un povero Cristo? Appunto per questo non si è fatto nulla per lui. Una banalità del male, ma così banale, mica si può perdere del tempo per uno scippatore, un ladro – ha commentato poi Donato Salzano, segretario dei Radicali salernitani- Queste brave, bravissime persone fanno finta di non averlo riconosciuto, chi era costui?
Se non il Cristo”.
Vincenzo Mainieri