Nocera Inferiore. Applicazione dell’amnistia o dell’indulto previsti dai provvedimenti di generale clemenza intervenuti tra il 1981 e il 2006. Gli atti su decisione della Cassazione tornano sono tornati in Assise dove i giudici della corte salernitana avevano rigettato l’istanza presentata da Gregorio Sorrento, legale di Macario Mariniello. Una nuova udienza, ora in camera di consiglio, a carico del boss che nel luglio del 1980 uccise nel suo studio di via Garibaldi a Nocera Inferiore l’avvocato Giorgio Barbarulo e per il quale Mariniello ha incassato l’ergastolo in via definitiva. La Corte di assise di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, a gennaio scorso aveva rigettato la richiesta avanzata dallo stesso Macario Mariniello (che sconta ulteriori 12 anni non ancora definitivi per usura come stabilito dall’Appello). Per la Cassazione “il ricorso proposto avverso il provvedimento di rigetto deve essere convertito”, In sostanza, l’articolo 672 stabilisce che per l’applicazione dell’amnistia o dell’indulto, il giudice dell’esecuzione procede secondo le modalità di un altro articolo (667) il quale prevede che il giudice decida senza formalità e con nuova ordinanza. Proprio la Cassazione nel 2022 aveva confermato il mai fine pena al boss dell’Agro (già affiliato alla Nco di Raffaele Cutolo). Prima di giungere al definitivo pronunciamento da parte degli ermellini il processo aveva visto numerose udienze e altrettanti annullamenti di sentenze dovuti ad alcuni problemi, legati principalmente all’estradizione di Macario Mariniello dalla Spagna. Il boss nel 2018 rese delle dichiarazioni spontanee in aula addossandosi la responsabilità dell’omicidio dell’avvocato ed ex sindaco di Nocera Inferiore e dopo 40 anni ammise le sue colpe spiegando il fatto come era andato. Era in auto con Mario Prisco e Franchino Sorrentino (entrambi morti): stavano passando per Nocera Inferiore per caso, quando aveva visto il portone dell’avvocato aperto. Entrò, e c’era sua sorella in stato ipnotico, seminuda. Raccontò che il legale gli era andato incontro e per scusarsi e lui gli aveva mollato uno schiaffo. Mariniello rivestì la sorella e l’accompagnò in macchina, quindi ritornò allo studio e affrontò l’avvocato che lo minacciò: «Se non ve ne andate chiamo i carabinieri». Fu proprio quella minaccia a scatenare il raptus omicida: il boss afferrò la pistola, l’avvolse in un panno e fece fuoco trucidando l’avvocato, suo difensore di fiducia. Quando sparò, Mariniello era perfettamente in grado di intendere e di volere. Quindi la sentenza definitiva nel 2022 per il carcere a vita e ora la richiesta dell’applicazione dell’amnistia o indulto. La palla torna in Assise su decisione della Cassazione: si attende, dopo la discussione, la decisione della Camera di Consiglio che -in caso di accoglimento- porterà Mariniello a incassare l’amnisti





