Presentata ieri mattina al Teatro delle Arti la III edizione della rassegna dedicata agli infiniti volti del palcoscenico napoletano che animerà la scena salernitana dal 17 novembre al 6 aprile
Di OLGA CHIEFFI
“La luce, elemento prezioso, vuol essere propinata avaramente come un filtro. Il palcoscenico non è che un pozzo nero e profondo da esplorare prudentemente con la lanterna cieca: in un palcoscenico pieno d’ombra e di mistero i personaggi, questi prigionieri del dramma che tentano di liberarsi contorcendosi michelangiolescamente, passeranno a traverso tutte le fasi della illuminazione come la luna nel corso del suo viaggio notturno. La luce li cercherà allora nella semioscurità, li sceglierà, e colpirà con la sua mira i loro corpi mobili e plastici”. Affidiamo al Renato Barilli de’ “Il paese del melodramma”, il tema della III edizione della rassegna “Napul’è Mille Culure”, basata sul contrasto tra luce ed ombra, organizzata da Animazione ’90 e Teatro ’90, una vera famiglia, come ama definirla il suo giovane direttore artistico, Serena Stella, affiancata dal suo braccio destro Alessandro Caiazza, una famiglia del “fare”, aggiungiamo noi, che tra spettacoli nell’intero Centro Sud, sino a Bologna e Firenze, con un intero cartellone dedicato ai ragazzi, laboratori e stages, ama ritornare e ritrovarsi sul palcoscenico del teatro Delle Arti, da dove è partita. Introdotto dal direttore generale del teatro, Claudio Tortora, che nella sua programmazione, riesce, oramai, ad ospitare tutte le nove muse nel suo spazio, realizzando ogni desiderio del suo pubblico, Gaetano Stella ha illustrato i quattro spettacoli che andranno a rivelare le diverse anime della sirena Partenope. La celebre citazione della battuta “Nzerra chella porta” ha fatto intuire ai presenti che, per la serata inaugurale, del 17 novembre saranno i contrasti dell’Eduardo De Filippo di “Uomo e Galantuomo” a svolgere il tema, con la sua prima commedia “meta-teatrale”, in cui i temi della pazzia e dell’attore si riflettono l’un l’altro in un gioco di specchi e di parole tirato fino all’assurdo. Qui Eduardo si pone sulle tracce di Luigi Pirandello, a rilevare come la quiete dei savi comporti l’esistenza dei folli, anche se si fingono tali per sfuggire alla fame. Sarà, poi, la Messa extra-liturgica de’ “La cantata dei Pastori” che affonda le sue radici nell’immaginario barocco, misterioso forziere-groviglio di miti, di splendori, di fantasmi ricorrenti ciclicamente in un presente metastorico, in cui convivono le rassicuranti parole del passato e quelle contaminate dalle ansie di un presente precario e angoscioso, a caratterizzare il Natale del Teatro Novanta, il 15 dicembre. Il 9 febbraio andrà in scena “Due atti senza vedere” affidato alla regia di Gianluca Merolli, uno spettacolo già premiato a Roma nello Spazio Diamante. Due gli atti unici di Raffaele Viviani ed Eduardo De Filippo. S’inizierà con “La Musica dei ciechi”, di Viviani, datato 1928, in cui l’ autore mette a fuoco la disperazione di una doppia condizione umana: quella della povertà e quella della disabilità, sviluppando una situazione drammatica che è tanto rapida e intensa quanto amara e cruda, ritratto d’insieme e individuale di un gruppo di personaggi la cui incapacità di comunicare l’uno con l’altro fiduciosamente, al di fuori di interessi o conflitti che esplodono per via di equivoci, sottolinea la supina accettazione, divenuta abitudine esistenziale, del proprio egoismo. La musica dei ciechi farà il doppio con “Occhiali neri” di Eduardo De Filippo, una vera chicca del 1945, raramente rappresentata, in cui il protagonista interpretato dallo stesso regista, tornato cieco dalla guerra, decide di sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico dal cui esito potrà dipendere non solo il futuro, ma anche la felicità di Assunta, la sua fidanzata. Fare teatro e, fare teatro con la musica è una seduzione che trova accoglienza nel cuore dello spettatore, il quale vede il gesto, le parole e la danza diventare manifestazione di sentimenti che sembrano nascere proprio in quel momento, davanti ai suoi occhi, come un miracolo. La musica diventa nuovo paesaggio per la nostra perlustrazione emotiva; essa apre a nuove prospettive, a una rinnovata percezione dei sentimenti, ed ecco giungere, il 9 aprile Caffè Sconcerto, Gran Varietà al Trianon, ove l’intera famiglia del teatro delle Arti si riunirà in palcoscenico, tra le mille luci colorate che lo illumineranno, a cominciare dal Professional Ballet di Pina Testa, sino agli scenografi della Bottega San Lazzaro di Chiara Natella e Raffaele Sguazzo per liberare, tra macchiette, canzoni e battute che sono nel sentire di noi tutti, per sempre la luce, la luce abbagliante dell’ombra.