di Olga Chieffi
Sprezzo, indignazione, ribrezzo, son tutte parole con la z sono brutte, suonano male ci dicono Federico Sanguineti e Moni Ovadia, autori di una performance rivoluzionaria, al Festival Salerno Letteratura, rassegna libraria e libresca sulla quale si è abbattuta, giustamente, la mannaia di Roberto Saviano, dopo il dictat di Vincenzo De Luca, veramente poco edificante lanciato rozzamente, nella sua abituale epiphàneia del venerdì. Roberto Vs Roberto, Saviano contro De Luca jr. ospite in un Festival che scorrendo il cartellone, fa un grande mish-mash per dirla con un termine caro al nostro Daniel Oren, di letterati alti, ironici, umili, quali Federico e Moni, che sono venuti a portare in un Paradiso dantesco anti-borghese, femminista, dalla lingua “aperta” e musicale, in cui si è tutti pari, la cricca di turno, perfettamente spartita tra organizzazione e pubblico, che ha ugualmente, acriticamente, applaudito quanti hanno invocato l’invito, pur di apparire in brochure, unitamente a falsi miti di una pseudo intelligentia salernitana radical-chic, che ha sguinzagliato ragazzini per l’intero centro storico, affidando loro accoglienza e segreteria, per cominciare a raggranellare qualche inutile credituccio formativo (senza ricevere alcuna formazione e guida), in vista dell’esame di maturità, i quali hanno lasciato autori in stazione, non sono riusciti a sopperire alle defaillance di un sito malfunzionante riguardo le prenotazioni e tralasciato i controlli più elementari anti-covid, quali temperatura e disinfezione, anche in luoghi chiusi. Se qualche festival campano avesse mai invitato il filosofo canadese Alain Denult, tutto ciò e anche tanto altro, dagli anni ’80 ad oggi, avrebbe una spiegazione chiara e fredda. Denault, nel suo volume “La Mediocrazia”, edito da Neri Pozza, nel 2017, annuncia la presa del potere dei mediocri e l’instaurazione globale del loro regime, la mediocrazia, in ogni ambito della vita umana. Essere mediocri, spiega Deneault, non vuol dire essere incompetenti. Anzi, è vero il contrario. Il sistema incoraggia l’ascesa di individui mediamente competenti a discapito dei super competenti e degli incompetenti. Questi ultimi per ovvi motivi (sono inefficienti), i primi perché rischiano di mettere in discussione il sistema e le sue convenzioni. Lo spirito critico deve essere limitato e ristretto all’interno di specifici confini, perché, se così non fosse, potrebbe rappresentare un pericolo. Il mediocre, insomma, spiega il filosofo canadese, deve “giocare il gioco”. Stare al gioco, vuol dire accettare i comportamenti informali, piccoli compromessi che servono a raggiungere obiettivi di breve termine, significa sottomettersi a regole sottaciute, spesso chiudendo gli occhi e il naso. È in questo modo che si saldano le relazioni informali, che si fornisce la prova di essere “affidabili”, collocandosi sempre su quella linea mediana, che non genera rischi destabilizzanti. “Piegarsi in maniera ossequiosa a delle regole stabilite al solo fine di un posizionamento sullo scacchiere sociale” è l’obiettivo del mediocre che ci ha portato all’attuale situazione politica ed economica. Uscirne? Personalmente sono pessimista ma, per evitare un futuro di cui faremmo volentieri a meno, Deneault indica una strada che parte dai piccoli passi quotidiani: resistere alle piccole tentazioni e dire no, riconquistando le perdute nozioni forti della storia democratica, come Popolo, la Cosa Comune e il Bene Pubblico. Resistere per uscire dalla mediocrità non è certo semplice. Forse, varrebbe la pena tentare, cominciando dalla scuola, dallo sport, dalle arti, da Dante e Beatrice, simboli della libertà umana.