Gratteri è la reincarnazione di Falcone e Borsellino - Le Cronache
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Gratteri è la reincarnazione di Falcone e Borsellino

Gratteri è la reincarnazione di Falcone e Borsellino

di Michelangelo Russo
Bertolt Brecht diceva “Guai a quel Paese che ha bisogno di eroi”. Un Paese che affidi all’abnegazione di guerrieri solitari votati al sacrificio estremo, la salvezza e la libertà di un intero popolo, è un Paese perdente comunque, e vile. Perché mentre gli eroi muoiono in guerra, gli altri stanno a guardare alla finestra. Falcone e Borsellino sono stati eroi supremi, ma le ombre delle trattative Stato – Mafia sono rimaste. Ed è rimasto un senso di colpa nel popolo italiano per le morti di quei giusti. Quel senso di colpa diffuso, quel malessere di tanti che non riesce ad essere ancora l’indignazione di tutti, ha voluto ed ottenuto la delega a un nuovo eroe della lotta al Male.
Questo sta alla base, sotto sotto, dell’elezione di Gratteri a Procuratore di Napoli. Un’elezione scontata, perché tangibile è stato il tifo popolare per un nome inossidabile. La sconfitta è stata Rosa Volpe, salernitana, magistrato eccellentissimo fin dai primi tempi della carriera, ma sicuramente priva, non certo per sua colpa, della cifra mediatica che costruisce il personaggio nell’immaginario collettivo. Va ricordato che già qualche decennio fa un altro calabrese, Agostino Cordova, Procuratore di Palmi, sconfisse le schiere dei potenti candidati napoletani dai nomi famosi diventando Procuratore di Napoli. Lo accompagnava la fama di eroe per la lotta acerrima che aveva fatto in terra calabrese non tanto alla ndrangheta (che non è poco) ma addirittura alla Massoneria. Nell’Italia allo sbando sotto le raffiche di Tangentopoli, il CSM diede con quella nomina un segnale di speranza alla Nazione per l’unico punto fermo che rimaneva, in quel luglio del 1993, mentre tutto crollava: la Magistratura. Cordova non ebbe vita facile a Napoli: la complessità di una Procura mastodontica non era il piccolo ufficio di Palmi calabro. I suoi metodi autoritari determinarono la ribellione di 60 sostituti, e per Cordova ci fu la sconfitta. Questo dell’autoritarismo degli eroi consacrati può essere il tallone di Achille, a Napoli, per ogni Procuratore che arrivi con l’armatura del condottiero. Con Rosa Volpe questo pericolo non ci sarebbe stato. Minuta, ma di acciaio, gentile quanto determinata, Rosa Volpe sarebbe stata il Procuratore invisibile e occhiuto.
Col prestigio della giurista di altissimo livello e di stile impeccabile nelle relazioni pubbliche. La ricordo sempre alla sua scrivania, nei primi anni di carriera, china al lavoro fino ad ore impossibili. E acuta partigiana delle idee progressiste delle garanzie costituzionali e del diritto evolutivo, in parallelo allo sviluppo civile della società. Al piglio del guerriero irsuto di barba incolta per la veglia notturna della lotta alla Mafia, come appare Gratteri, si è contrapposta la sobria figura femminile di un Procuratore reggente con gli occhialini cerchiati d’oro, come quelli che aveva Gherardo Colombo al tempo di Mani Pulite. L’immagine e la grinta sono state determinanti nello scontro frontale, in Consiglio Superiore, che c’è stato fra Destra e Sinistra, piaccia o non piaccia. Non è stato il vaglio delle capacità professionali rispettive: lì i due contendenti erano alla pari.
Fa sorridere, allora, la becera e ipocrita farsa della Magistratura politicizzata, ritornello scontato dei sempliciotti. La politica c’entra sempre, dappertutto, perché comunque una democrazia è fatta di scelte, e di maggioranze e minoranze che determinano quelle fondamentali. Ma perché la Destra si è orientata su Gratteri? Non certo per le idee politiche, che Gratteri non ha mai manifestato in un senso o in un altro. Ma perché è nel DNA della Destra, quella autentica, l’idea dell’uomo forte quale condottiero ideale della lotta al delitto e ai cattivi. L’articolazione del Male, nell’immaginario emotivo e morale della Destra, si incentra, e finisce per lo più, nella devianza sociale. Che è forte, certo, ma è riconoscibile e neutralizzabile con azioni decise di polizia e di epurazione, menando randellate senza riserve e senza riguardi per nessuno.
Va benissimo. A Napoli c’è un bisogno disperato di randellate all’infamia delle cosche che schiavizzano i territori, soprattutto dell’hinterland. Ben venga Gratteri, che ha operato in Calabria come il mitico Prefetto Mori al tempo di Mussolini, prima che lui stesso lo facesse fuori per eccessiva efficienza contro la Mafia. Tocca a Gratteri, adesso, smentire a Napoli l’aura del cavaliere solitario che, suo malgrado, l’immaginario collettivo gli ha costruito. Non la smentiranno i successi che, immancabilmente, gli toccheranno nel prossimo futuro contro i livelli più alti delle Camorre napoletane. Di questo siamo certi, e prevedo sorprese straordinarie. Quello che sarà il compito suo più difficile, e che ricucirà la frattura che si è creata in Consiglio Superiore tra le diverse sensibilità di Destra e di Sinistra, sarà la capacità del nuovo Procuratore di organizzare quelle equipes di colleghi e di forze di polizia capaci di leggere gli indizi che stanno nella mole dei documenti amministrativi di ogni tipo. Là dove si intrecciano gli affari della malavita con le convenienze delittuose della politica e dei potentati economici della Regione Campania. Sono i processi più difficili: occorre competenza e intuizione. Capacità di leggere e di redigere i capi di imputazione, snervanti e forti, però, della conoscenza del diritto civile, commerciale e amministrativo, oltre che penale, ovviamente. Gratteri dovrà costruire una Procura forte come quella di Milano, che sia di esempio alle altre Procure del Meridione. E’ prevedibile che ci riuscirà. Non a caso, la sua elezione non ha suscitato commenti entusiastici nelle paludi politiche di terra napoletana.