di Olga Chieffi
Poche le ore di apertura per andare a far visita ai defunti, notizie errate in internet e addirittura un giorno alla settimana di completa chiusura
Poco lavoro per la ditta affidataria dei servizi cimiteriali del comune di Oliveto Citra, paese della piana del Sele, Lasat SRL Società unipersonale Lavoro e Servizi al Territorio. Cinque ore di servizio sino al mercoledì, quando il cimitero resta completamente chiuso per l’intera giornata, il rientro il giovedì, in cui si rientra anche dalle 14 alle 17, ancora solo la mattina del venerdì e sabato e domenica mattina e pomeriggio. Tutto normale se in internet fossero segnalati questi orari, ma vi si legge che il cimitero di Oliveto Citra, è aperto dalle 9 alle 18, tutti i giorni e giusto ieri ci siamo trovati dinanzi ad un cancello inderogabilmente chiuso, dopo aver consultato gli orari di apertura e chiusura del cimitero e affrontato un viaggio su strade in pessime condizioni, non appena usciti dall’autostrada. Il significato psicologico del recarsi al cimitero ha un fortissimo ruolo nell’elaborazione del lutto, essendo un luogo fisicamente ben definito, con una connotazione sociale molto chiara e condivisa. Permette di rimanere in contatto coi defunti e ricordarli avendo allo stesso tempo il sostegno degli altri. Andare al cimitero significa recarsi in un posto che ha un suo ordine specifico, compiere alcune attività determinate, percorrere la strada per arrivarci, sostare, pregare, parlare, cambiare l’acqua, pulire, sostituire i fiori, ovvero un impegno concreto che permette di dare una sorta di ordine anche al proprio dolore e di incanalarlo in modo positivo e fattivo. Andare al cimitero è un viaggio nel nostro particolare sentire, un viaggio dentro se stessi che ci fa toccare con mano che la Campania vive di quei luoghi rischiosi della comunicazione con il sotterraneo, la scena dove ciò che è sepolto può all’improvviso rivivere, minaccioso o benefico, l’arcaico e il presente, l’immaginario e il reale, in uno psicodramma che, nei secoli, è riuscito a penetrare la cultura e il suolo, con il suo culto dei santi e dei defunti, il suo Cristo eternamente sanguinante e agonizzante, la sua ossessione dello sguardo malefico e delle fatture, la sua vertigine degli oracoli, dei sogni e della Sorte. Il nostro Meridione è “la terre des morts”, e noi che abbiamo un rapporto privilegiato con l’aldilà, non possiamo ritrovarci dinanzi al cancello chiuso di un luogo di scambio, dietro cui parla da sempre e più intensamente l’inconscio nella sua nudità più crudele, esibita, rassicurante e confortata.