Giuseppe Gibboni: la festa della Musica più bella - Le Cronache
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Giuseppe Gibboni: la festa della Musica più bella

Stasera alle ore 19 il premio Paganini sarà ospite del teatro più bello del mondo il San Carlo per eseguire l’opera 35 in Re maggiore di Pëtr Il’ič Čajkovskij, interpretando uno Stradivari del 1699. Con lui l’orchestra del massimo partenopeo diretta da Dan Ettinger che regalerà al pubblico la V sinfonia del genio russo. 

Di Olga Chieffi

Sarà la Festa della Musica più bella quella che saluterà il debutto del premio Paganini Giuseppe Gibboni sul palcoscenico del teatro San Carlo. Con lui, per l’esecuzione del concerto “ineseguibile”, l’opera 35 in Re maggiore di Pëtr Il’ič Čajkovskij, l’orchestra del massimo partenopeo diretta da Dan Ettinger. “Suonare al Teatro San Carlo di Napoli – ha rivelato Giuseppe Gibboni – è per me un grande onore. È una grande emozione da Italiano, ma lo è ancor di più da Campano, poiché in queste terre sono cresciuto ed ho studiato. A seguito della vittoria del Concorso Paganini, la Campania mi ha accolto con grande affetto e sono grato per la gioia e la partecipazione dei miei conterranei, eccezione fatta per l’Istituzione nella quale ho studiato e mi sono Diplomato, che pare non si sia accorta dell’accaduto. Al contrario, ho un bellissimo ricordo del concerto al Teatro Verdi di Salerno e del calorosissimo pubblico che mi ha applaudito da fresco vincitore poche settimane dopo il concorso. Debuttare al massimo partenopeo è per me un grande privilegio e porterò sempre con me questa speciale emozione”. Giuseppe interpreterà un Antonio Stradivari del 1699 per il concerto di Cajkovskij che inaugurerà la serata, una partitura ricca di novità stilistiche, stroncata inizialmente dalla critica, che divenne popolarissimo in breve tempo. Si tratta di un’opera scritta a Clarens, vicino al Lago di Ginevra, nella primavera del 1878. I motivi del successo del Concerto di Čajkovskij sono ben evidenti: offre al solista ampia occasione di far valere le sue capacità di virtuoso, contenendo passi fra i più difficili e spettacolari del violinismo post-paganiniano: ma è in particolare l’inventiva melodica, non sempre imbrigliata, ma estrema, l’orchestrazione rutilante e magistrale, il lirismo intenso che lo pervade da capo a fine, uniti alla poesia autentica, della Canzonetta, gli garantiscono l’amore dei pubblici di tutto il mondo. Rispettoso, a grandi linee, della struttura tradizionale (come quasi sempre in Pëtr Il’ič Čajkovskij, che ebbe un suo culto, non troppo coerente con quella che era la sua più autentica vocazione espressiva, per Mozart e per l’equilibrio della classicità), il Concerto in re maggiore accoglie nel suo lessico i ricordi vivaci del folklore tzigano o boemo, il gusto di una cantabilità intensa e appassionata, lo slancio ritmico delle danze popolaresche. Il primo movimento, “Allegro moderato”, si avvale di una calibrata dialettica fra solista e compagine orchestrale, che sfrutta una invenzione melodica lirica e pregnante; la cadenza, come in Mendelssohn, è prima della ripresa e non al termine. La centrale “Canzonetta (Andante)” è un Lied di impronta popolare, basato sulla tenera cantabilità del solista. Il Finale (“Allegro vivacissimo”) è una pagina di trascinante vitalità, dove l’elemento zigano si converte in strepitoso virtuosismo; ma non mancano, nei vari episodi, pause liriche di raffinato lirismo, prima che la partitura venga suggellata da una brillante coda ad effetto. La seconda parte del programma sarà dedicata per intero all’interpretazione della Sinfonia n.5 in mi minore, op.64, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’autore è rimasto per tutta la vita un “bambino di vetro”, creatura fragile ed introversa, nevrotica ed ossessiva, in equilibrio precario tra trasgressione e repressione  e la sua musica ne è diretta espressione: il pathos sovrabbondante, la sensualità di molti suoi passaggi sinfonici, il lirismo che sfocia nel sentimentalismo più acceso ed eccessivo, tutto ciò mostra una sensibilità amplificata, dove ogni sensazione, dalla positiva a quella negativa, vengono enfatizzate, deflagrando in uno stile unico, inimitabile, personalissimo. Una sorta di tema conduttore lega tuti e quattro i movimenti della composizione: il tema, esposto inizialmente dal clarinetto nel registro basso al principio dell’Andante introduttivo, vuole esprimere, secondo Cajkovskij, “una completa rassegnazione di fronte al destino”. L’Allegro con anima che segue sviluppa con drammaticità elementi di motivi già presentati in modo apparentemente neutro: il malinconico primo tema, coi suoi ritmi puntati, ed il secondo tema, dall’andamento di danza. L’Andante cantabile, in re maggiore, è di forma tripartita, e si apre con una accorata melodia del corno; la sezione centrale, come spesso in Cajkovskij, è ricca di slancio, con una espressiva melodia affidata agli archi; prima della ripetizione della prima parte compare, enfatizzato, il tema del destino dell’inizio della sinfonia, che poi ritorna anche in conclusione. Il terzo movimento, Allegro moderato, è un valzer d’una tristezza pacata tipicamente cajkovskiana. L’introduzione al Finale si apre con lo stesso tema del destino, che compare però, questa volta, in tonalità maggiore, assumendo un carattere di tranquilla rassegnazione. L’Allegro vivace presenta un primo tema in accordi, molto enfatico, ed un secondo tema di carattere marziale. Terminato lo sviluppò, una lunga coda in mi maggiore, nella quale il motivo d’apertura del primo movimento ritorna di nuovo, conduce la sinfonia ad una grandiosa conclusione.