Trentacinque anni. Tanto è trascorso da quando, quella domenica sera del 1980, il magistrato Nicola Giacumbi fu freddato a colpi di pistola in pieno centro a Salerno, dopo essere uscito dalla sala cinematografica in compagnia della moglie. Ieri è stato celebrato il 35esimo anniversario della morte del giudice originario di Santa Maria Capua Vetere, all’epoca procuratore della Repubblica a Salerno, per opera del gruppo “Fabrizio Pelli” delle Brigate Rosse. Una giornata, quella di ieri, che è stata occasione per affrontare il delicato tema del terrorismo: la morte di Nicola Giacumbi e quella di tanti come lui, sono state il punto di partenza per un’ampia riflessione presso il liceo scientifico Da Procida di Salerno, nel corso dell’incontro organizzato grazie al progetto universitario “La memoria non va in vacanza” dal dottor Vincenzo Greco, responsabile della radio universitaria unis@und. Un dibattito a cui ha preso parte anche Giuseppe Giacumbi, figlio di Nicola, che all’epoca dell’attentato aveva solo cinque anni e, quella domenica sera, si trovava a casa dei nonni. Il progetto dell’Università degli Studi di Salerno, in collaborazione con le scuole di Salerno e provincia ha l’obiettivo di mantenere e far ricordare le persone che hanno deciso di combattere la criminalità. «Sono qui – ha detto Giuseppe Giacumbi – non per portare il mio ricordo personale, quanto per farmi portavoce di un messaggio, quello che mio padre e gli altri come lui, hanno inteso dare. Non importa quale sia la professione che si fa, chi si è nella propria vita. L’importante è la parte dalla quale si sceglie di stare. Si tratta di un messaggio molto importante e, spesso e volentieri, anche involontario perché credo che nessuno, né mio padre né quanti come lui sono morti per mano del terrorismo, volessero morire facendo il proprio lavoro». Un incontro molto intenso, dunque, quello di ieri mattina. “E’ stato delicato e nello stesso tempo forte – commenta a margine del convegno la professoressa Anna Franco, referente del liceo scientifico Da Procida di Salerno -, dove l’impegno della serietà e dell’onestà non deve riguardare soltanto i giudici ma tutti i livelli della popolazione, anche le persone più semplici. Tante volte noi pensiamo che siano i giudici a dover compiere questi gesti per sgominare magari bande criminali oppure per bloccare il terrorismo. Invece, queste sono scelte che devono avvenire anche attraverso la scuola, che ha il compito di agire, informando gli alunni. La cosa più importante è che l’istituzione “scuola” non deve essere fanatica, non deve strumentalizzare gli eventi. I ragazzi devono imparare a leggere e a capire la realtà con la loro mente”. Una vicenda, quella del giudice Giacumbi, finita con il passare degli anni sempre più nel dimenticatoio. Solamente ieri gli alunni del liceo scientifico G. Da Procida hanno avuto la possibilità di poter incontrare il figlio del giudice Giacumbi, proprio perché era un evento rivolto ai ragazzi del liceo, con l’intento di renderli consapevoli della storia che ha colpito tragicamente la città di Salerno. Tutte le persone al convegno sono rimaste incantati per la semplicità dell’ingegnere Giuseppe Giacumbi, e per la sua delicatezza che allo stesso tempo ha trasmesso tanta forza. Pablo Arturo Di Lorenzo
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