Questa sera alle ore 18,30, il palcoscenico del teatro Verdi ospita un rècital del pianista calabro dedicato al genio austriaco
Di OLGA CHIEFFI
Continua l’avvicinamento alla prima del Nabucco del primo novembre, con gli interessanti concerti della stagione concertistica, offerta dal teatro Verdi di Salerno, che vede le scuole e i giovani attivi protagonisti tra il pubblico. Questa sera, alle 18,30, riflettori accesi sul trentasettenne pianista calabro Giuseppe Albanese, che ritorna sul palcoscenico del massimo cittadino con un programma monografico dedicato a Franz Liszt. La prima parte della serata sarà interamente dedicata agli Annèes de Pèlegrinage, a cominciare da “Au bord d’une source”, tratto dalla Premìere Année Suisse, pagina acquatica che si basa su meravigliosi effetti illusionistici, con la mano destra che propone scorrevoli arpeggi screziati da urti di seconda e la sinistra che salta sopra e sotto la destra, per poi evolversi verso soluzioni iridescenti. Seguirà della terza Année de Pèlerinage, Les Jeux d’eau à la Villa d’Este, passato alla storia come anticipazione dei Jeux d’eau di Ravel. Purtroppo nella ricezione di questo capolavoro si è instaurato un equivoco di fondo: ci si compiace della onomatopeia che traduce in musica lo scorrere delle fontane e si dimentica di dare all’acqua il senso chiaramente indicato dallo stesso Liszt nella citazione del Vangelo di Giovanni “sed aqua quam ego dabo, fiet in eo fons aquae salientis in vitam aeternam”. I giochi d’acqua dunque non sono un’occasione di piacevole contemplazione quanto un simbolo della purificazione cristiana attraverso il battesimo. Con la Légende n. 2, la leggenda di San Francesco di Paola che cammina sulle acque, ritorna, poi, il virtuosismo lisztiano e l’ispirazione letteraria – e religiosa. Lo spunto proviene dalla Vita di S. Francesco da Paola di Giuseppe Miscimarra. Le acque sono quelle dello stretto di Messina, acque agitate, che dopo il tema-corale dell’inizio vengono rese descrittivamente tramite tremoli, arpeggi e gli immancabili passi di ottave – ma in ne giunge il Santo a calmare la tempesta. Sigillo alla prima parte del programma verrà apposto da “ Après une lecture du Dante”, che consente di conoscere il Liszt manipolatore della forma. “Fantasia quasi Sonata” riporta la partitura, ciò a indicare che la forma tradizionale della sonata viene alterata e resa più libera. Liszt ribalta i termini dando maggiore peso al carattere estemporaneo di fantasia. Al di là delle sfaccettature del comporre di Liszt, non è difficile individuare un tratto comune della sua produzione nell’indefessa ricerca e sperimentazione di soluzioni ardite. La seconda parte della serata verrà inaugurata dalla “Rhapsodie espagnole” S.254, da cui prorompe un virtuosismo assoluto su spagnolismi idealizzati, per proseguire con la “Danse des Sylphes” da “La Dannazione di Faust” di Berlioz che propone un tema molto caro a Berlioz, quello della leggerezza fantasmagorica e di una ricerca timbrica che Liszt volge ai suoi fini sulla tastiera del pianoforte. Capolavoro di resa timbrica, infine, è il più tardivo Isoldens Liebestod, composto nel 1867 e tutto teso a catturare sul pianoforte il colore dell’orchestra wagneriana; oggetto della trascrizione è la conclusione del Tristan und Isolde, con la morte per amore della protagonista: dove il respiro si prolunga all’infinito, sempre sull’orlo dell’abisso e con una tecnica di dilatazione armonica che, fra l’altro, forse per primo lo stesso Liszt aveva indicato a Wagner. Finale affidato al Bellini della Norma con il quadro d’apertura e quello conclusivo, corali ambedue: “Ite sul colle” e poi il coro “Dell’aura tua profetica” costituiscono la prima parte, in un’apoteosi di accordi e arpeggi, mentre i temi del finale (“Deh non volerli vittime”, “Qual cor tradisti” e “Padre, tu piangi”) si combinano al coro “Guerra, guerra” e finiscono per innalzarsi a loro volta a toni eroici: poco belliniani ma pianisticamente efficaci.
Olga Chieffi