Giovanni Fasano: A mio padre - Le Cronache
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Giovanni Fasano: A mio padre

Giovanni Fasano: A mio padre

Mi sarebbe piaciuto pubblicare questo pensiero sul Corriere della Sera, su Repubblica, forse lo avrebbero messo nelle lettere al direttore, forse più facilmente lo avrebbero cestinato. Invece potevo scriverlo solo e soltanto su questo giornale, dove mi mandasti tanto tempo fa. Eri contento quando per la prima volta mi presentai a Cronache del Mezzogiorno (si chiamava così all’epoca), quella volta volevo lasciare la mia città, Salerno, quella che hai sempre amato e dalla quale non sei voluto mai stare lontano, nemmeno per farti curare da quell’orrendo male che ti ha portato via da me. Tu non volevi ti lasciassi da ragazzino, tanto da trovarmi qualsiasi cosa da fare pur di tenermi vicino. Eh Salerno. La tua Salerno. Ricordo quando ero bambino e uscivamo la domenica di casa alle due del pomeriggio per andare al Vestuti stracolmo di gente a vedere i Granata. Dove c’erano i tuoi amici…. quelli di sempre. Alcuni ci sono ancora, li ho visti ieri piangere per la tua morte. A proposito, ti ricordi quel giorno a Pescara quando perdemmo col Cosenza. Che giornata. Fu una partita memorabile, anche se perdemmo e fummo retrocessi in serie C ma a distanza di più di 30anni la ricordo con piacere, forse soltanto perché ero con li con te. Quante ne abbiamo fatte insieme. Ti ricordi quando in Inghilterra alla finale di Coppa dei Campioni (per te si chiama sempre così) ci sequestrarono i bagagli perché non parlavi inglese bene? Menomale che dentro le borse c’erano soltanto i vestiti e qualche salame che mamma aveva messo dentro da portare alla zia che viveva li. Per non parlare di quella volta che ti chiamarono all’improvviso da Roma per firmare la candidatura al Parlamento. Per la fretta solo la sera ti accorgesti di avere ancora indosso i pantaloni del pigiama. Ieri al Duomo alla tua messa volevo dire ciò che pensavo davanti a tutti quelli che erano venuti a salutarti per l’ultima volta ma lo sai, non so parlare davanti a troppe persone. Per questo voglio dirti adesso che mi mancherai da morire. Chi chiamerò tutte le mattine per sapere a Salerno il tempo com’è? E oggi come ti senti? Mamma che fa e la Salernitana come la vedi, il cane che sta facendo? Tutto questo non ci sarà più. Tutto è stato spazzato via in poco tempo. Troppo poco per dirti quanto ti voglio bene e quanto bene ti ho voluto. Sono riuscito a chiederti però se sono stato una persona buona. Se ho fatto del bene, se fino ad oggi ho vissuto in maniera corretta oppure ho soltanto sprecato il mio tempo. Certo, tornassi indietro forse tanti dispiaceri te li avrei risparmiati. Forse avrei studiato di più, sarei stato più tempo a casa, non sarei andato via da Salerno. Forse non sarei scappato di casa più di una volta solo per vedere la Salernitana. Comunque ci resta sempre Vincenzino, il tuo adorato nipotino, quello che avevi sempre voluto. Purtroppo il cancro ti ha strappato via troppo presto per vederlo crescere almeno un po’. Ad ogni modo, alla mia domanda se sto facendo bene mi hai dato una risposta. Quella mi basta, o comunque me la faccio bastare. Caro papa’ spero di vederti presto, anche se ad ogni modo resterai sempre dentro di me, i ricordi dei momenti passati insieme sono macigni nella mia anima, nel bene e nel male. Ma poi non ti ho detto della politica. La tua ragione di vita. Beh, posso solo dirti, come te nessuno mai. Ciao!