Il giovane musicista assassinato Giovanni Cutolo è stato omaggiato dell’esecuzione di una sua trascrizione di un corale di Bach e dal Samnium Clarinet Choir di Gaetano Falzarano nel III appuntamento de’ l’Arte per la Giustizia. In mostra le fotografie dei ragazzi del Liceo Sabatini-Menna
Di Olga Chieffi
“Tutto è un sogno, un sogno scoperto” scrive Franz Kafka nei suoi “Sogni”, giovani visioni, quelle che hanno dato il titolo alla mostra e al concerto del III appuntamento de’ “L’arte per la Giustizia” una rassegna firmata da Imma Battista, promossa ed organizzata dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci”, presso gli spazi del Museo Diocesano di Salerno. Una serata in ricordo di Giovanni Cutolo, i cui bei sogni di ragazzo, la visione del futuro, la sua sospesa lucidità galleggiava, nella notte del 31 agosto, su di un oceano opaco attraverso cui, lui solo e, oggi, noi con lui, ha visto “paurosamente limpidi”, e ci affidiamo ancora alla scrittura di Kafka, i mostri della profondità, i loro movimenti, i loro delitti, quelle strette impure. Sogni infrantisi sul fondo nero di una strada anche quelli del percussionista Antonio Senatore, due morti, che non saranno mai assenze, le quali ci porteranno nell’ “alto sogno”, al di là del sogno stesso, nel segno puro dei due ragazzi. Fotografare è sognare e ricordare, grazie alla tecnica e ad uno strumento moderno che permette di entrare anche nella buia tana dell’indicibile. Realtà e memoria collimano perché l’evento reale si orna dell’immagine stessa: cioè viene ammesso tramite l’intuizione del filtro mediatore dell’occhio, che vede nell’immagine uno spazio popolato di ricordi e di rappresentazioni. La visione ha assunto, così, la forma compositiva del ciclo dell’oltrepassare e straripare dalla stampa o dalla raccolta di Polaroid o nella serie di diapositive, nella loro successione, rendendosi “racconto”. Non illustrazione o interpretazione, non descrizione. La riproduzione artistica non è altro che un’altra faccia dell’esistente, una dimensione della vita, una sequenza fatta di magia e tensione. I ragazzi del Sabatini-Menna, del corso di fotografia, hanno ricercato l’alterità del tangibile la sua facciata altra, lo hanno fatto arrestando l’esatto momento in cui il soggetto sferra un segnale particolare, catturandone il senso. Una sintassi, la loro, che guidati da Nicola Guarini e coordinati da Ester Andreola, sotto l’egida di Renata Florimonte, dirigente dell’istituto, hanno inteso cogliere, nelle cose e attraverso le cose, fermando quello sguardo magico che esse sembrano lanciare, nell’atto di darsi all’occhio dell’artista: è il volere afferrare quell’esatto momento nel quale l’oggetto lancia una sorta di sguardo dionisiaco, con cui crea e costituisce lo spazio dei significati, consentendo la cattura del senso, nella propria realtà, visione di un’anima mundi, dove natura e corpo trapassano l’uno nell’altro. Al vernissage è seguito, un intendo incontro sul tema dei minori, con Patrizia Imperato, P.R. del tribunale per i Minorenni di Salerno, Elisabetta Barone, dirigente scolastico del Liceo Alfano I e Gaetano Russo direttore artistico della Nuova Orchestra Scarlatti. Protagonisti del concerto sono state le ance dei clarinetti del Samnium Clarinet Choir con Antonio Santaniello al piccolo mib, Iolanda Lucci, Aniello Sansone, Antonio Di Costanzo, Francesco Liguori, clarinetti primi, Vincenza Fiorillo, Maria Apuzzo, Sabrina Mercurio, Francesco Calvano, clarinetti secondi, M° Giammarco Casani, Graziano Villani, Benito Pio Albano, Leandro Fanelli, clarinetti terzi, Lidia Bencivenga, Alberto De Vivo, Paolo Sabatino, Michele Pisciotta, clarinetti quarti, Alessio Mecarolo al corno di bassetto, Gaetano Apicella e Manuel Magurno al clarinetto basso. Ospiti di assoluto valore e futuro il tredicenne oboista Salvatore Ruggiero e i clarinettisti Damiano D’Angelo e Leandro Fanelli, per la direzione di Gaetano Falzarano. Serata inaugurata dall’esecuzione di una trascrizione dello stesso GiovanBattista Cutolo, ammiratore di Johann Sebastian Bach di un suo corale “Nun komm, der Heiden Heiland”, per quartetto di fiati, affidato all’oboe di Pietro Avallone, al clarinetto di Francesco Liguori, al corno di Lorenzo Napoli e al fagotto di Fabio Marone, una pagina la cui melodia con l’ aggiunta di ornamenti e intere frasi melodiche (si potrebbe parlare, con termine tecnico, di tropature), hanno donato alla composizione un carattere fortemente espressivo. Quindi, il tredicenne oboista Salvatore Ruggiero, ha proposto dal Concerto in la minore Rv.461 di Antonio Vivaldi i primi due movimenti, l’energico Allegro non molto, con il suo flusso costante di terzine di semicrome e il breve e sognante Larghetto, tutto trilli e sincopi. Un Vivaldi brillante, ma allo stesso tempo intriso di piacevolezza e regolarità di fondo su cui sono riuscite a stagliarsi tante diverse immagini e occasioni di sorpresa, come certe linee melodiche pronunciate sillaba per sillaba, con accoramento e languore , come nel sempre troppo poco conosciuto teatro vivaldiano. Quindi è toccato a Damiano D’Angelo andare al di là della pagina scritta del Concertino op.26, in Do min/MiBemolle maggiore composto da Carl Maria von Weber. I legni, gli “strumentini”, inseguono da sempre il bel suono, è lì la caratteristica della nostra scuola, che deriva diretta dal melodramma, insieme ai virtuosismi tecnici del belcanto all’italiana. In Weber ha colpito la nettezza, talora tagliente dell’articolazione che non ha mai lasciato spazio a morbidi aloni o a ripensamenti tardoromantici, grazie anche alla lettura del Maestro Gaetano Falzarano, il cui risultato espressivo, soprattutto per ciò che ha riguardato il fraseggio e l’impasto del coro di clarinetti, che ha sostenuto tutti i solisti, è stato di una forza inusitata, anche dovuta all’onda emozionale che ha attraversato un po’ tutti. Accattivanti gli arrangiamenti di Walter Farina, del quale è stato proposto FantaVerdi, prima di cedere la ribalta a Leandro Fanelli per Ständchen, Serenata, di Franz Schubert, la quarta composizione della raccolta Schwanengesang, eseguita con grazia, sentimento e gestualità teatrale. Ancora il I dei trenta capricci che Ernesto Cavallini, il Paganini del clarinetto, opera didattica e da concerto, ripensata da Walter Farina e interpretata dalla formazione con rara consapevolezza, e dal suo primo clarinetto. Finale con una Fantasia dalle opere di Giacomo Puccini, da Bohème a Turandot, bissata dopo lo scroscio di applausi del folto pubblico presente nella corte del museo.