FUTURISMO E POLITICA - Le Cronache Attualità
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FUTURISMO E POLITICA

FUTURISMO E POLITICA

Alberto Cuomo

 

Ancora oggi il Futurismo sembra destare turbamenti tanto da far boicottare dalla cosiddetta intellighenzia di sinistra ogni evento lo riguardi. Dopo l’esposizione al Guggenheim di New York “Italian Futurism, 1909–1944: Reconstructing the Universe”, organizzata da Vivien Greene, nell’estate del 2014, con oltre 300 lavori, in ordine cronologico, tra pitture, sculture, design, ceramiche, film, fotografie, manifesti pubblicitari, sarebbe anacronistico e provinciale negare il valore culturale dell’avanguardia italiana ormai riconosciuto nel mondo. In un primo tempo si è quindi tentato di prendersela con una fantomatica scelta politica, secondo il programma televisivo Report, che avrebbe estromesso dalla curatela della mostra lo storico dell’arte Alberto Dambruoso, esperto di Boccioni, sollevando un polverone sulle expertises di alcune opere. Successivamente lo stesso Dambruoso, docente di Storia dell’arte all’Accademia di Frosinone ha pubblicizzato un suo ricorso alla magistratura contro il curatore della mostra Gabriele Simongini, professore della stessa disciplina presso l’Accademia di Roma, per alcune affermazioni presunte diffamatorie nei suoi confronti. Se si guarda alla politica, proprio Dambruoso, però, ha scritto di aver parlato della propria curatela della mostra con il direttore generale dei musei presso il Ministero della Cultura, Massimo Osanna che, messo in tale posto dall’ex ministro Dario Franceschini, ha fatto nominare alla direzione del parco archeologico di Pompei, il più grande del globo, uno dei suoi pupilli, Gabriel Zuchtriegel, dottore di ricerca in archeologia a Bonn, in un corso che non figura neppure tra i primi 100 nel modo, con titoli inferiori a molti archeologi italiani addottorati, ad esempio, alla Sapienza, classificata tra i 5 atenei migliori del pianeta nelle discipline archeologiche. Aperta la mostra, il 3 Dicembre scorso, con il titolo “Il tempo del Futurismo”, sono piovute critiche da diverse riviste italiane riguardanti l’arte. Così ad esempio su “Artribune”, Giancarlo Carpi, un altro docente di Storia dell’arte, studioso di Boccioni, e sodale di Dambruoso in una ipotesi di Comitato scientifico della mostra, ha rilevato false datazioni ad alcuni dipinti o l’assenza di opere annunciate. Un’accusa pesante, la prima, perché retrodatare un’opera implica una maggiorazione del suo valore, sebbene l’accusa si sia rivelata falsa, nel senso che solo un paio di lavori esposti sono di incerta datazione ad opera dello stesso autore. In “Finestre sull’Arte” il direttore Federico Giannini, dopo aver riportato l’opinione della direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea (GNAMc), l’architetto Renata Cristina Mazzantini, che ritiene l’evento epocale “forse la più importante mostra degli ultimi dieci anni in Italia”, ne ha fatto strame mettendo in luce il carattere troppo popolare – che però sarebbe piaciuto a Marinetti – dell’esposizione, in definitiva per lui non esauriente, meno interessante di altre mostre e priva di spiegazioni sui riferimenti internazionali. Si è tentato così di “sistemare” anche la nuova direttrice, rea forse di essere stata scelta dal ministro Sangiuliano in seguito ad una rigorosa selezione, e di avere ottimi titoli, introducendo una polemica sul nuovo logo da lei voluto e sui motivi della sostituzione di Adriana Collu. In realtà il nuovo logo è stato opportunamente richiesto dalla Mazzantini dal momento nessuno registrava che il museo esponesse anche l’arte contemporanea e, la neodirettrice, dopo aver consultato otto graphic-designers ha optato, osservando il codice degli appalti, per Lorenzo Marini e per la sua proposta di aggiungere al vecchio logo Gnam una C in continua trasformazione, sì da suscitare di nuovo la critica di Artribune, un giornale che fa da eco a diverse gallerie. Sebbene la mostra sul Futurismo sia stata curata da Simongini l’idea che la sottende sembra appartenere alla nuova direttrice che intende aprire la galleria anche ad altre esperienze, quali il design e l’architettura. In tal senso la mostra si denomina “Tempo del Futurismo” dal momento le opere, invece che esposte solo cronologicamente in una successione celibe, vengono confrontate con l’evoluzione della scienza, della tecnica e degli strumenti comunicazionali coevi. Se si pensa che le mostre precedenti sul Futurismo, quella di Palazzo Grassi del 1986 e quella di Milano del 2009, hanno esposto esclusivamente opere, l’idea di affiancare ad esse automobili, aerei, lampade, utili a mettere in luce lo “spirito del tempo”, ovvero, quello del futuro, che segnava gli artisti, il parallelo tra l’arte e le altre manifestazioni del periodo storico è sicuramente rivolto ad una maggiore comprensione dei fenomeni estetici tanto più che la stessa mostra curata da Crispolti al Palazzo delle Esposizioni nel 2001 era in questo senso manchevole. Il Futurismo del resto, dopo la guerra, era guardato con sospetto e accostato al Fascismo proprio dalla sinistra, contraria in verità ad ogni sperimentazione d’Avanguardia, tanto da esaltare il realismo postcubista di Guttuso, Birolli, Morlotti i quali proponevano modi nuovi ma con attenzione alla propaganda di classe che doveva essere riconosciuta dai fruitori. Il tabù del Futurismo, il cui spirito iconoclastico era ritenuto analogo a quello della violenza proprio al fascismo, viene meno in Italia solo dopo il 1960 con gli studi di Maria Drudi Gambillo e Teresa Fiori-“Archivi del Futurismo, Roma 1958/62”- Raffaele Carrieri – “Il Futurismo”, Milano 1961- Maurizio Calvesi – “Studi sul Futurismo”, in “Le due avanguardie”, Milano 1966 –  ed Enrico Crispolti, – “Il secondo Futurismo” Torino 1961-. Basti pensare che Argan dopo la guerra, aveva rifiutato le opere di Boccioni che la sorella dell’artista voleva regalare alla Galleria e che Marinetti, terminato il conflitto, era scappato lasciando timoroso i suoi scritti alla famiglia Terragni. Sinora quindi nessuno, neppure Crispolti che era legato al Pci, aveva tentato di smantellare l’ostracismo della cultura di sinistra verso la nostra Avanguardia, riuscendo a renderla popolare, come è giusto che sia dal momento aveva già immaginato il nostro mondo. Bene hanno fatto quindi Mazzantini e Simongini a riportare di nuovo a noi le opere dei futuristi in una mostra che, per il successo di pubblico, è stata prorogata sino al 25 Aprile.

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