Fondovalle Calore, gli appalti che portano iella - Le Cronache Attualità

C’è una indagine, adesso è certo, che punta dritto alle manovre di Alfieri per controllare gli appalti della Fondovalle Calore e della Aversana. Ma è la Fondovalle Calore quella, per i precedenti illustri, che promette sviluppi che possono diventare inquietanti. E’ una superstrada su cui, da decenni, si addensano le nubi oscure di manovre illecite di controllo degli appalti. La Fondovalle Calore ha dato l’avvio, nel 1992, a quella che fu definita trentadue anni fa, la Tangentopoli salernitana. L’indagine di Michelangelo Russo, allora Sostituto Procuratore a Salerno, svolta con l’aiuto dei giovani colleghi Luigi D’Alessio e Vito Di Nicola, fu l’inizio della fine per il sistema di potere che regnava a Salerno. L’equilibrio politico che si era da tempo accentrato in una leadership del Partito Socialista sul territorio, con alleanze bilanciate, a seconda delle opportunità, con il Partito Comunista o con la Democrazia Cristiana, venne sconvolto nell’estate del 1992 dall’arresto di tutta la Commissione Giudicatrice dell’appalto, indetto dalla Comunità Montana degli Alburni. C’erano, inutile dirlo, i commissari delegati da tutti i partiti dell’arco costituzionale. L’indagine era partita in sordina, sulla base di un esposto di Legambiente. L’attenzione di Michelangelo Russo fu attirata da un appunto dell’esposto che tirava in ballo l’approssimazione del progetto di costruzione, che non si curava dello scempio ambientale. Quello che sembrava un fascicoletto processuale da definire con una indagine di routine di polizia giudiziaria, si trasformò in una inchiesta rigorosa di accertamenti peritali approfonditi, che evidenziò le carenze incredibili del progetto ufficiale, nato in fretta e appaltato in fretta per carpire il finanziamento di trecento miliardi di lire di allora (circa trecento milioni e più di oggi) da usare come volano elettorale, e altro, più che per i benefici effettivi per il territorio. A svolta nelle indagini arrivò dalle perquisizioni nelle sedi delle ditte appaltatrici. C’erano i più bei nomi dell’industria italiana del ramo costruzioni. Ma c’era anche una piccola ditta il cui progettista, un anziano ingegnere, aveva l’abitudine di annotare in una agenda tutti gli incontri con gli esponenti delle grosse ditte consociate. E, naturalmente, il contenuto di quegli incontri. Un libricino che per i Pubblici Ministeri inquirenti si trasformò in una prova migliore di una intercettazione ambientale. Da quelle paginette veniva confermata l’intuizione originaria di Michelangelo Russo che il progetto della strada non era altro che un progetto farlocco fatto dalla Comunità degli Alburni per acchiappare il finanziamento. Ma anche altre perquisizioni portarono a risultati sorprendenti. Furono perquisiti i megastudi tecnici dei progettisti dell’opera. Furono trovate così le tracce di progetti di strade, porti, metropolitane per l’incredibile ammontare di circa duemila miliardi di lire di allora (qualcosa come due miliardi di euro di oggi). Erano tutti progetti di massima, ossia progetti non dettagliati, che però le Amministrazioni pubbliche avevano accettato come progetti esecutivi. Un falso clamoroso fatto a ripetizione, come in una catena di montaggio. Ma anche il vero cancro dei lavori pubblici in Italia, dominati dal cinismo delle consorterie politiche. Sull’imbroglio dei progetti si fondavano poi le lotte spartitorie, in cui la progettazione esecutiva veniva fatta, in realtà, dai vincitori delle gare. Ora, pare da quanto emerge dal processo Alfieri, che le progettazioni venivano eterodirette, per così dire. L’inchiesta di 20.000 pagine contiene una miriade di spunti investigativi. La perquisizione dell’altro ieri a Luca Cascone, figura centrale nell’apparato del governo regionale, annuncia nubi fosche all’orizzonte politico locale e regionale. E Alfieri in carcere, con la negazione degli arresti domiciliari, e il possibile trasferimento a Poggioreale, è ancora di più un segnale inquietante per il Sistema. Trentadue anni fa Tangentopoli, che ha cambiato la storia d’Italia, iniziò con l’arresto di un certo Mario Chiesa. Che dal carcere iniziò a parlare, e venne il Diluvio.

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