“Don Pasquale era l’archetipo dell’homo faber fortunae suae, ha costruito opere che il tempo ha distrutto ma che rimarranno nella storia”. Così Mauro Finiguerra, storico amministratore delegato del Foggia dei miracoli, ricorda Casillo nel giorno della sua scomparsa. Di tragitto comune ne hanno percorso l’avvocato ed il patron di Zemanlandia: “Ha segnato un’epoca, un uomo che si è fatto da se ed ha costruito con le sue forze realtà di cui ha parlato tutta l’Italia e non mi riferisco solo al mondo dello sport ma anche a quello imprenditoriale. Il calcio era un’orbita completamente diversa da quella attuale, il connubio tra passione e capacità di investimento. Per poterlo fare come si deve ci volevano i soldi, quelli veri. Adesso la politica è pallone ed il pallone è politica”. Oltre all’epopea rossonera con Signori, Rambaudi e Baiano; Casillo è stato anche massimo dirigente della Salernitana prima della cessione a Nello Aliberti: “Ricordo ancora quando in un giorno chiudemmo l’acquisizione del Cavalluccio con don Peppino Soglia. Ci vedemmo a Castel San Giorgio, bastò una stretta di mano e andammo a festeggiare a Napoli. Quando la volontà era reciproca tra uomini d’altri tempi fare affari era un piacere. L’investimento di Salerno fu un discorso ad ampio raggio, volto anche al settore editoriale con il quotidiano “Il Roma”. Erano tempi in cui esisteva il rispetto dei ruoli”. L’esperienza di Finiguerra a Salerno fu ancor più breve di quella di Casillo ma necessaria per vivere attimi indimenticabili e far riemergere simpatici aneddoti: “Mi piace ricordare il rapporto paterno e mai conflittuale come quello odierno tra il presidente ed i calciatori. Eravamo in ritiro prima del derby con la Cavese, l’opinione pubblica contestava al terzino Codispoti “i piedi storti”: don Pasquale lo sfidò mettendogli 100.000 lire in una scarpa e gli disse “se fai goal, li tieni”. Ecco, questo era Pasquale Casillo. Un presidente come lui nell’epoca attuale? Oggi comandano i procuratori, il calcio è finito in un vortice pericoloso”.
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