di Olga Chieffi
“Dodici corde e una tastiera”, è questo il titolo del secondo appuntamento della rassegna musicale Luci d’Artista, promossa dall’Associazione Culturale Arechi di Sergio Caggiano, il quale per questi undici appuntamenti, ha scelto una splendida location, quale è Santa Maria de’ Lama, nel cuore dell’antica Salerno. La ribalta domani sera, alle ore 20,15, sarà per il quartetto Felix, che si presenterà al pubblico salernitano con Marina Pellegrino al pianoforte, Vincenzo Meriani al violino, Francesco Venga alla viola e Matteo Parisi al cello, una formazione made in Salerno, ma concretizzatasi tra le aule dell’Accademia Musicale di Santa Cecilia, sotto laguida del M° Carlo Fabiano. I giovani professionisti dedicheranno alla platea di Santa Maria de’ Lama, due gemme della letteratura cameristica il Quartetto n°2 in Mi bemolle maggiore K493 di Wolfgang Amadeus Mozart e il Quartetto in Sol minore op.25 di Johannes Brahms. La partitura mozartiana, datata 1786, dà forma definitiva e autentico spessore artistico, ad un genere che ancora non aveva trovato la sua piena definizione, offrendo una gamma di soluzioni affatto eccezionale, tale da costituire un modello imprescindibile per tutti gli autori successivi. L’opera trovò buona accoglienza tra i professionisti, lasciando invece sbigottito il pubblico abituato ad applaudire la musica di Kozeluch o di Pleyel, che giudicava piena di umorismo e di trovate originali. Il quartetto di Mozart, al contrario, scritto con “grande impegno tecnico”, riusciva a soddisfare solo un ristretto gruppo di intenditori e per di più, vista la complessita della scrittura, richiedeva agli esecutori massima precisione e ottima preparazione. I tre movimenti che lo compongono trasmettono una sensazione nel contempo di intimita e di gaiezza, immettendo in un’atmosfera sognante. Il primo (Allegro) inizia con un tema cantabile ma subito si lascia dominare da un brusco e impulsivo secondo motivo che diverra il vero protagonista del movimento, rendendo interessante e fitto il dialogo tra gli strumenti. Il Larghetto colpisce per la sua indescrivibile profondita espressiva e il Finale infonde buonumore e brio solo qua e la offuscati da qualche venatura meditativa. La seconda parte della serata sarà interamente dedicata al Quartetto in Sol minore op. 25 che Brahms completò solo nel 1861, avendolo concepito nel 1857. L’opera è di ampie proporzioni e abbastanza elaborato strumentalmente, con il pianoforte in posizione dominante, pur nel pieno rispetto del gioco contrappuntistico con gli archi. Il primo tempo si impone all’ascolto sia per la varietà dei temi, che per la ricchezza del discorso musicale, avvolto in un clima di dolce e affettuosa malinconia tipicamente brahmsiana. Ad una introduzione basata sul primo tema segue una esposizione sui tre temi principali; nello sviluppo successivo il compositore si serve solo del primo tema, cui fa seguito una riesposizione con tutti e tre i temi, e l’Allegro si conclude con una coda di classica linearità. L’ Intermezzo (Allegro ma non troppo) è una pagina di delicato lirismo, tutta soffusa di un sentimento di poesia autunnale. L’Andante con moto si apre con una melodia calda e distesa del violino, proiettata con intensità di vibrazioni e trascinante con sé gli altri strumenti in un clima di romantica stimmung. L’ultimo tempo è un indiavolato Rondò di carattere zingaresco, che si ricollega allo spirito di quelle danze ungheresi così magistralmente trascritte da Brahms, che da giovane aveva compiuto numerose tournées concertistiche con il famoso violinista di Budapest, Ede Reményi.