Federico Cirillo, Lorenzo Villani e la scuola russa - Le Cronache
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Federico Cirillo, Lorenzo Villani e la scuola russa

Federico Cirillo, Lorenzo Villani e la scuola russa

I due pianisti ospiti nella Chiesa di San Giorgio, del progetto Rachmaninov e dintorni, dell’Associazione “Alessandro Scarlatti” di Napoli, in sinergia con il Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, hanno valorizzato questo repertorio caratterizzandolo secondo il proprio sentire 

Di Olga Chieffi

“Io sono io solo nella musica. La musica basta per una vita intera, ma una sola vita non basta per la musica”. Sergej Rachmaninov. Secondo appuntamento salernitano per l’Associazione “Alessandro Scarlatti” di Napoli, presieduta da Oreste De Divitiis, promotrice del progetto Rachmaninov e dintorni, realizzato nella chiesa di San Giorgio, in sinergia con il Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno. Solo una settimana fa, l’ultima partecipazione ufficiale, alla serata inaugurale, del compianto Fulvio Maffia; sabato sera la performance di due giovani talenti del pianismo salernitano, Federico Cirillo e Lorenzo Villani. Introdotti da Costantino Catena, curatore del progetto, la serata è stata inaugurata da Federico Cirillo, pupillo del maestro Massimo Demetrio Trotta, il quale ha iniziato con i tre nocturnes di Sergej Rachmaninov, del quale celebriamo il doppio anniversario. Lacrime russe, lirismo e slancio romantico, sensibilità, palpito ed emozione, unitamente a lampi di pura poesia e suggestioni tenere e malinconiche, speziate di passi di alta drammaticità, diversi i caratteri, i sentimenti che ci comunica l’opera scritta, parimenti restituita dal pianista, che ha, quindi, continuato con due Mazurke di Alexandr Skrjabin. Se Rachmaninov avrebbe finito per imprigionarsi in uno stile, cessando quasi di scrivere e lasciando trasparire nel suo esilio dorato e glorioso un’incontenibile malinconia, Skrjabin, al contrario, ha continuato ad avanzare verso regioni nuove e, senza mai rinnegare i suoi primi amori, creando con i suoi pezzi un universo musicale unico nel suo genere, commisto di filosofia e misticismo, un mondo conchiuso e solitario. Cirillo ha rivelato una buona padronanza della scrittura del genio russo, caratterizzata  da mutevolezza di carattere. Finale scoppiettante con il Sergej Prokof’ev di “Montecchi e Capuleti” dai 10 Pezzi dal balletto Romeo e Giulietta op. 75; esempio eloquente di tale felicità creativa di Prokofiev che  vuol descrivere l’atmosfera tesa e combattiva esistente tra le due famiglie rivali, in contrasto con la elegante danza dei cavalieri nella scena del ballo. Lorenzo Cirillo è riuscito a mantenersi ottimamente “neutrale”, non lasciandosi trasportare dalla veemenza e dalla tragicità della fantasia-ouverture (sarebbe come cercare di ricreare Toscanini e le sue leggendarie letture di questo capolavoro sulla tastiera del pianoforte), così come non cercando di esasperare la linea pur grottesca di Prokof’ev quando si presenta, ma mantenendo sempre una condotta votata a un magistero disciplinato, scontornato, all’insegna di una focalizzazione timbrica non sempre risultata sempre efficace, purtroppo eccelso denominatore comune con il quale decodificare le molteplici valenze che permeano questa celeberrima pagina. Finale con le “Suggestion diabolique” costruite sopra una cellula ritmica, avvolta negli effetti d’orrido del pianismo percussivo: dissonanze ribattute, trilli, minacciosi bassi puntati, che hanno un po’ tenuto a bada lo stesso solista. Il secondo set ha rivelato una felice scoperta, Lorenzo Villani, allievo di Salvatore Giannella, il quale ha iniziato la sua performance con il Preludio, le campane di Mosca, in cui abbiamo notato la capacità di creare tensione tra eventi quali l’inizio con le tre note suonate al basso e all’acuto, seguite da due distinti motivi melodici, che devono ottenere come risultato di far fissare su di loro l’attenzione dell’uditorio e  il Polichinelle , sicuramente il più convenzionale dai Morceaux de Fantaisie op.3 di Rachmaninov, affrontati con pianismo luminoso e consapevole, con cui Lorenzo si è buttato con macrodominio sulle molteplici sfumature intermedie, segno caratteristico del suo maestro. Finale con la Sonata n°3 di Alexandr Skjabin in fa diesis minore op.23, per la quale l’autore pensò ad un programma ispirato agli stati d’animo, fino  a schizzare una visione mistica, che risolve pessimisticamente. Lorenzo Villani ha interpretato la pagina con grande apertura e disponibilità verso il diagramma delle istanze molteplici e cangianti volute dall’autore, con luminosa tecnica e distillando una per una le liquide perle di Skrjabin. Avvolgente per i due ragazzi l’applauso di una Chiesa di San Giorgio stracolma, talismano di piccole ebbrezze per solisti e maestri.