di Erika Noschese
“Matteo Salvini ora dovrebbe fuoriuscire dalla politica”. Non usa mezzi termini l’onorevole Giuseppe Gargani, ex sottosegretario alla Giustizia e deputato della Democrazia Cristiana dal 1972 al 1984 e poi europarlamentare di Forza Italia dal 1999 al 2014 che plaude al Mattarella bis. “Già due giorni fa ho detto che l’unica soluzione sarebbe stato Mattarella o Draghi, ho previsto non come profeta o anticipatore ma perché era l’unico ragionamento da fare, è una situazione che mantiene tutto come è ma almeno garantisce stabilità al governo – ha dichiarato l’ex europarlamentare salernitano – Sicuramente, fino alla scadenza della legislatura manterrà stabilità, non vi erano altri nomi spendibili. Credo di aver individuato un ragionamento abbastanza adeguato alla situazione attuale e alla realtà del parlamento che, ovviamente, ha avuto un momento di riscatto ma la politica è completamente fuoriuscita”. Gargani, senza mezzi termini, parla di “sconfitta della politica” e non risparmia accuse alla Lega. È una adeguata rappresentanza del Paese che si impone oltre i nostri confini europei, in un momento di così grande tensione internazionale ed è un bene avere un quadro stabile ed è un fatto positivo”. L’obiettivo era permettere al presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi di restare a capo del governo e, ha chiarito Gargani, “l’unica soluzione per far ciò era votare nuovamente Mattarella altrimenti il governo sarebbe saltato”. Poi l’attacco a Matteo Salvini: “a dirigere le operazioni è stato un bullo come Salvini, dovrebbe fuoriuscire dalla politica e tornare a casa – ha aggiunto – E’ chiaro che i leghisti non hanno votato, i grillini di Di Battista hanno votato Di Matteo e poi c’è qualche nostalgico di Berlusconi e Draghi ma nulla di serio”. La vera sorpresa dunque è proprio Nino Di Matteo, ex magistrato antimafia e simbolo della lotta a Cosanostra, sotto scorta dal 1993, votato dal Movimento 5 Stelle e Alternativa c’è. “Di Matteo ha preso 80 voti, una cosa incredibile”. La riconferma di Mattarella sembrava essere necessaria alla stabilità del Paese: la decisione è arrivata nella mattinata di ieri. Ad un certo punto, infatti, sono saltati tutti gli schemi: Forza Italia ha annunciato l’intenzione di trattare in maniera autonoma con i partiti, ovvero con il fronte moderato; i centristi alla fine restano ai margini della trattativa e i gruppi parlamentari di Pd, Leu e Movimento 5 stelle hanno portato avanti un’operazione pro Mattarella per spianare il terreno per un bis. Il flop di Casellati ha aperto il dialogo tra Conte, Salvini e Letta, ma mentre i leader della maggioranza trattano su Cartabia o Belloni al Colle, soprattutto per la seconda, monta il malessere nei gruppi parlamentari in maniera trasversale. Salvini e Conte hanno cercato di rivendicare la candidatura al femminile, si sono presentati davanti alle telecamere per annunciare la novità. Non hanno fatto il nome, ma tutti hanno pensato alla guida del Dis, Belloni. Facendo partire il fuoco di fila di chi è contrario che chi è al comando dei Servizi possa andare al Colle. Il segretario dem Letta ha chiesto serietà, frenando sul patto giallo-verde e ribadendo l’appello alla responsabilità. Anche Di Maio ha abbandonato il suo ‘low profile’ sul Quirinale, rimarcando di aver trovato “indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Belloni senza un accordo condiviso”. Una posizione differente da quella di Grillo che aveva fatto un endorsment su Belloni. Sta di fatto che contro l’ipotesi Belloni sono insorti gli azzurri, Renzi, i moderati del centrodestra, Leu e una parte del Partito democratico e del Movimento 5 stelle. Il presidente pentastellato e il leader del partito di via Bellerio hanno rilanciato la battaglia sui social per portare una donna al Quirinale, una vera e propria fuga in avanti per il partito dem.