di Alfonso Malangone*
Il progetto del nuovo ‘parco’ è disponibile sul sito web della Irgenre. L’area dell’ex Consorzio Agrario, alle uscite dell’Autostrada e della Tangenziale di Pontecagnano, ospiterà un ‘Maximall’ di 43.000mq, di cui 16.000 coperti, con circa 600 parcheggi e tutte le tipiche utilità (fonte: web). Dovrebbe essere completato entro quest’anno. Intanto, hanno abbattuto i pini marittimi, come dalle foto di ISEA, lodevole Associazione di Volontariato a tutela del verde. La nuova struttura si aggiungerà alle altre già presenti nei pressi della Città, cioè: il Cilento Outlet di Eboli, il Maximall di Pontecagnano, le Cotoniere di Fratte, a tutte quelle di Nocera-Pagani-Scafati-Pompei e, soprattutto, al ‘megagalattico’ complesso che sarà aperto a fine Aprile nella ex zona industriale di Torre Annunziata. Una ‘cosa’ smisurata di 200.000mq, cioè 20 ettari, con 130 negozi e 30 ristoranti, destinata anche ad attrarre i crocieristi grazie ai rinnovati porti di Castellammare e Torre. Se n’è parlato nel precedente commento, inutile ripetere. Per tutto questo, mentre il crescente numero delle saracinesche abbassate dimostra a sufficienza le dimensioni della crisi del commercio urbano, è davvero difficile aver fiducia in una sua possibile ripresa. E, meno male che non c’è più la Fabbrica, in zona industriale. Forse, nell’ex Consorzio si poteva pensare di fare qualcosa di diverso, anche per offrire ai giovani occupazioni più qualificanti. Non è una critica, è solo una constatazione. Ma, alcune scelte davvero non si comprendono.
Il commercio è la linfa che ha alimentato questa Città nei secoli. E, ancora oggi, è una componente essenziale della sua struttura economica e di quella sociale. Così, è comprensibile che, nei giorni scorsi, alcuni operatori abbiano deciso di far sentire la propria voce avanzando specifiche proposte per salvare il frutto dei loro sacrifici. Stupisce, tuttavia, la tipologia delle richieste che, con dovuto rispetto, sembrano del tutto inadeguate a contrastare una crisi attribuita agli outlet e alle vendite elettroniche, ma certamente aggravata dalle soffocanti difficoltà nelle quali si dibatte la Città. Di fatto, le possibili soluzioni non possono prescindere da una preliminare attribuzione al commercio di un ruolo attivo e complementare, rispetto a ogni altra attività, nell’ambito di un progetto complessivo volto ad affrontare le sfide imposte dai tempi. Nessun comparto economico può pensare di salvarsi da solo. Sarebbe più facile far passare un cammello per la cruna di un ago. E, quindi, la sua ripresa deve essere un ‘mezzo’ per il risveglio della Città, non il ‘fine’ da raggiungere con scelte specifiche, potenzialmente anche inefficaci, come l’installazione di giostrine e gonfiabili per bimbi, la riduzione del costo dei parcheggi, la modifica della circolazione. Con mutata visione, il commercio deve esprimere ed esaltare le diversità ambientali, culturali e sociali presenti nei quartieri, perché possano essere di stimolo nei confronti dei consumatori a beneficio della crescita economica dell’intera Comunità. Questo, comunque, non significa auspicare indirizzi pubblici in grado di comprimere le liberalizzazioni di cui gode il comparto, ma solo che deve cambiare la sua funzione nel rispetto di un principio assoluto: la Città non può diventare un contenitore omogeneo di uniformi attività da ritenere valide sempre e dappertutto. Per questo, la prima cosa da fare sarebbe quella di segmentare l’area urbana, perché è evidente che i problemi degli esercizi del quartiere storico sono ben diversi da quelli della zona orientale. Per situazioni complesse, di regola, sono necessarie soluzioni complesse.
Sulla base di queste premesse, non può essere sottaciuta una perplessità sulla decisione di realizzare in Città un unico Distretto del Commercio la cui denominazione, ‘Salernum’, appare peraltro priva di ogni fantasia. Bisogna ricordare che la legge istitutiva (fonte: L.R. 7/2020) ha previsto una dimensione minima di almeno 15.000 abitanti in coerenza con le finalità attribuite al commercio quale “fattore di integrazione con altri settori produttivi…per accrescere l’attrattività complessiva, rigenerare il tessuto urbano e sostenere la competitività delle sue polarità”. E, allora, sembra difficile conciliare ed affrontare insieme le condizioni di Mercatello, di via Madonna di Fatima, di Fratte, o di via Mercanti. Altrove, in verità, sono stati istituiti più Distretti, ovvero sono state limitate le aree urbane di intervento, anche per evitare il rischio concreto di veder prevalere le ragioni dei quartieri più forti o rappresentativi su quelle dei più deboli. Forse si potevano immaginare più interventi, ciascuno in funzione di specifiche identità e vocazione. Giova fare alcuni esempi: la piazzetta di Fratte potrebbe divenire zona pedonale con attività di valorizzazione delle sue origini etrusche e di quartiere operaio, mentre la pedonalizzazione di via Madonna di Fatima potrebbe consentire di creare uno stretto legame tra articoli commercializzati e l’attività marinara e della balneazione. Per l’area storica, nella quale prevale, purtroppo, il vecchio, non l’antico, non c’è bisogno di molta fantasia per organizzare un percorso commerciale ‘identitario’ storico-culturale fatto di botteghe-scuola dell’arte e della tradizione. Le condizioni vigenti del comparto impongono urgenti interventi di indirizzo di natura urbanistica, per adeguare i luoghi, e di marketing, per sviluppare economie di scala, nonché l’introduzione di nuove modalità di gestione, quali il ‘co-working’ e il ‘riparto dei costi e delle spese’, per favorire un ‘uso diffuso’ della Città, per difendere il tessuto urbano, per ri-utilizzare i contenitori vuoti e per realizzare e gestire ‘in ambito cittadino’ scenografie in grado di offrire utilità del tutto simili a quelle dei Centri Commerciali. Il recupero del commercio costituisce un obiettivo prioritario, se veramente si vuole dare un futuro alla Città in chiave turistica, ma anche un dovere nei confronti di figli e nipoti ai quali deve essere assicurato il diritto di disporre qui, in Città, di tutte quelle utilità e qualità per le quali molti di loro intraprendono la via della speranza e del dolore. Salvare il commercio, è un atto di amore.
*Ali per la Città