Risulta latitante il 63enne siriano Taher Al Kayali. L’uomo, nei confronti dei quali è stata disposta un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, risulta irreperibile sul territorio nazionale. Pertanto è stata dichiarata la latitanza e sono stati attivati i canali di cooperazione. Il 63enne è indagato per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Per la Procura di Salerno sarebbe il mittente del maxi-carico di droga sequestrato nel giugno del 2020 nel porto di Salerno. In quella circostanza i finanzieri rinvennero oltre 17 tonnellate tra captagon ed hashish. Decisiva l’analisi dei telefoni cellulari e la cooperazione con l’autorità giudiziaria tedesca. La droga era nascosta in containers commerciali provenienti dalla Siria, in transito presso lo scalo commerciale salernitano ma destinati ad Arabia Saudita e Libia. Le successive indagini dei nuclei di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli e Salerno, consentirono d’ipotizzare la responsabilità di Alberto Eros Amato, classe 1976 di origini siciliane ma residente in Svizzera e di Giuliantonio Apicella, spedizioniere salernitano classe 1972. Entrambi ad agosto 2021 furono raggiunti da misura cautelare in quanto considerati responsabili dell’intermediazione logistica dei carichi di droga provenienti dalla Siria. Amato, per questa vicenda, è stato condannato a 10 anni di reclusione (pena confermata dalla Corte di Appello), mentre Apicella è ancora a processo. Parallelamente, l’attenzione degli investigatori è stata rivolta all’individuazione del mittente del carico. Un ruolo che, secondo la Procura di Salerno, avrebbe ricoperto il siriano Al Kayali. Una conclusione a cui si è inizialmente arrivati analizzando i cellulari dai quali sono stati estrapolati dei messaggi scambiati con Amato. A lui sarebbero state fornite istruzioni sulle procedure da seguire, con specifico riferimento alla pratica del “tramacco”, consistente nel trasferire la merce di copertura dai contenitori originari in altri “nazionalizzati”, in modo tale da far perdere le tracce della provenienza del carico, giustificando il tutto con documentazione commerciale di accompagnamento emessa da aziende compiacenti. Il modus operandi ipotizzato, infatti, consisteva nell’eliminazione di ogni indizio da cui risalire all’origine siriana della spedizione, proprio al fine di evitare le ispezioni doganali a cui sarebbero stati sottoposti negli scali intermedi i container contenenti lo stupefacente, in quanto provenienti dal porto di Latakia in Siria, Paese inserito in “black list” del sistema doganale. Ulteriori elementi, inoltre, sono stati raccolti grazie ad una collaborazione info investigativa tra la Procura di Salerno e le autorità tedesche. Anche presso la Procura di Essen, infatti, è in corso un procedimento giudiziario per traffico internazionale di stupefacenti ed anfetamine provenienti dalla Siria. “Nell’ambito di tale attività di cooperazione e dalle informazioni condivise – si legge nella nota diffusa dalla Procura di Salerno – è stata ipotizzata l’esistenza di una rete criminale ben consolidata dedita al traffico internazionale di captagon vicina alle autorità siriane, con agganci strategici all’interno del porto di Latakia, dove insisterebbe una potente cellula delinquenziale coordinata da una serie di soggetti (operatori doganali, spedizionieri doganali, organi di controllo) che, a vario titolo, presterebbero la loro opera per curare sistematicamente l’invio di ingentissime partite di stupefacente”. I pubblici ministeri italiani, inoltre, ad aprile 2022 hanno ascoltato ad Essen uno dei principali indagati nel procedimento tedesco che, oltre a fornire elementi significativi a carico di Al Kayali, ha reso informazioni sul vertiginoso business messo in piedi dalle organizzazioni criminali filosiriane, sulla complicità di soggetti addetti ai controlli doganali e sulla riconducibilità ad ambienti siriani di alcuni esponenti di spicco che gestiscono a Latakia tali affari illeciti.
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