di Marco Visconti
Nel paese di Orta Loreto, luogo simbolico ove inizia l’ex area contestata tra i comuni di Pagani e Sant’Egidio del Monte Albino, ci sono stati recentemente i sangiliani che hanno rivendicato la loro identità perché non vogliono far parte del Comune di Pagani, così come previsto dalla sentenza del Consiglio di Stato. A tal proposito, lo scrittore Gerardo Sinatore, fa una sua osservazione in merito all’azione intrapresa dal comune di Sant’Egidio del Monte Albino. Sinatore è un attento osservatore della Valle del Sarno, ha prestato attenzione agli aspetti culturali, storici e antropologici del territorio. Lo scrittore ha anche scritto un testo «Nomen omen. Discorsi non solo storici» attraverso il quale c’è stata anche la collaborazione del Comune di Pagani, oltre a quella di noti professionisti.
Commenta Sinatore, «una sentenza del Consiglio di Stato (sezione V) appellandosi alle legittime evidenze catastali (fogli 3 e 4), ha definitivamente assegnato un’area della località Orta Loreto al Comune di Pagani dopo alcuni decenni di aspro contenzioso con il Comune di Sant’Egidio del Monte Albino, ritracciando i confini tra i due Comuni. Ovviamente, sono dalla parte del diritto e di chi lo fa valere, quindi del mio, del Comune di Pagani e del sindaco Raffaele Maria de Prisco, pur plaudendo l’appassionata controversia dell’amministrazione comunale di Sant’Egidio del Monte Albino. Per aiutare a comprendere la natura di questo tipologia di contenzioso, cioè la definizione dei confini di territori, mi piace risalire, emblematicamente, all’origine del territorio di Orta Loreto spinto dall’apologia campanilistica del signor sindaco di Sant’Egidio, il sindacalista di origini gragnanese Antonio La Mura, al quale va dato merito: “C’è un tema enorme, del quale non si può non tenere conto, che ha a che fare con la storia, le radici, l’identità e la cultura di un popolo”. Ebbene, il topos “Orta Loreto”, significa “Luogo di lauri“, ossia “Bosco di allori” e l’origine etimologica di “Orta”, che è semitica, dimostra l’avvenuta infiltrazione di questa popolazione nomade che oltre tremila anni fa, attraverso numerose ondate e respingimenti in Campania, occupava i nostri territori esercitando un forte potere economico e culturale eradicando parte delle nostre radici culturali autoctone e vincolandoci ad un comune destino di lungo sfruttamento subito.
Nelle lingue semitiche “Orta” significa “Centro”, luogo delimitato, e per i greci, che furono altrettanto influenzati dalla cultura semitica ellenizzazione “Aorta”, significherebbe “Tratto”, percorso, zona. L’identificativo “Lauretano”, che invece è successivo, deriva evidentemente dal latino “Lauretum” da “Laurus”, lauro. Nella prima civiltà romana con “Orta” veniva identificata la dea della gioventù detta anche “Stimula”. Alcuni logografi hanno identificato il mito di questa Dea con Ersilia Sabina, moglie di Romolo, fondatore di Roma. Anche la dea Diana venne chiamata per sincretismo religioso “Ortiona” e “Ortesia”. Con il nome di “Orta” esistono tuttora in Italia non pochi topos, per lo più nelle terre ad influenza etrusca, tra cui: Orta di Atella, Orte, Orta San Giulio, Orta Nova, Lago d’Orta, eccetera. La nostra “Orta” comprendeva una zona rurale abbastanza vasta che lambiva i territori delle attuali comunità di Angri, di San Marzano, di Sant’Egidio e di Pagani; in questi territori, la parte di superficie che delimitava parte dei confini di questi territori, veniva connotata rispettivamente con i nomi di “Orta Longa”, “Orta di San Marzano” e “Orta Loreto”. Nel 1819 avvennero non poche espropriazioni forzate in diversi comuni e nel 1891 “Orta Loreto” risulta essere una zona ramificata da strade “consortili” interpoderali, cioè che conducevano ai diversi poderi poco lontani dai rispettivi centri abitati, le quali venero riassestate completamente nel 1896 dalla frazione di Sant’Egidio del Monte Albino allora amministrata dal Comune di Angri sino al 1946. Nel 1928 parti di “Orta Longa” e “Fosso de’ Bagni” venivano assegnati quest’ultimo, con la Chiesa di Santa Maria dei Bagni e annessi edifici al Comune di Scafati con una legge regia che istituiva la costituzione del Comune di Pompei. Per la stessa legge, il Comune di Gragnano veniva costretto a cedere porzione dei suoi territori a Castellammare e al costituente Comune di Pompei. Sarebbe edificante che il signor sindaco Antonio La Mura, di origini gragnanese, facesse sentire anche in questo caso il suo grido di dolore del quale ne condivido lo spirito. Nel decreto del 15 settembre 1965 del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, le zone identificate come “Orta Longa” e “Orta Loreto” risultavano ancora di competenza del Comune di Angri.
In conclusione, appare chiaro che questo mio piccolo intervento non intende dirimere alcuna controversia giuridica né culturale, né tanto meno offrire soluzioni che non potrei avere in nessun caso e sono anche consapevole che le dispute sui confini dei territori sono antiche e mai del tutto definitivamente concluse sia per l’assenza di titoli di proprietà pre-catastali che per non poche “falsificazioni” avvenute durante le trascrizioni. Però questa sanguigna contesa ha avuto il potere, come racconta la sensibilità espressa dall’onorevole Nunzio Carpentieri, che stimo molto, di riparlare finalmente di anima identitaria e di radici culturali e credo che sia venuto per tutti il tempo di resettare il globalismo con la sua cancel culture, i suoi roghi di libri (Canada) le mistificazione operate sui prodotti culturali (Walt Disney) cambiando sesso e colore della pelle ai protagonisti, l’abbattimento di monumenti e lo sfregio di palazzi storici per poter ritornare all’orgoglio identitario e perché no, alla sana competizione dei campanili ricominciando dalle squadre sportive nelle quali si contano sulle punte delle dita gli atleti originari delle città che danno il nome alle squadre in cui giocano.
Sarebbe anche prezioso che ognuno si interessasse di più alla storia della terra che lo ha visto nascere e dove sono vissute intere discendenze di parenti rivisitando la storia locale e riscoprire i legami che da millenni tengono insieme le culture identitarie delle nostre comunità della Valle del Sarno, simili tra di loro ma mai identiche ma che insieme costituiscono un giacimento culturale di grande interesse, ricchezza e bellezza».