Fa rabbrividire come ancora oggi nel 2022 si possano anche solo concepire frasi che si sentono durante processi sommari o sui social o nei commenti di notizie di stupri o molestie
Di Ferdinando Casillo
Con l’avvicinarsi della giornata dell’8 marzo, viene spontaneo domandarsi se dopo decenni di movimento femminista, lavoro di emancipazione e cambiamenti sociali qualcosa sia effettivamente cambiato oppure no. La risposta è ovviamente sì, ma indaghiamo un po’ più a fondo la questione. Consideriamo, ad esempio, la moltitudine di stereotipi duri a morire sulla castità e sul pudore femminile, che spesso incatenano le donne a un mondo di voci, pregiudizi e accuse che a un uomo non verrebbero mai rivolti. Anche il semplice modo di vestire è soggetto ai cosiddetti “doppi standard”. Una donna che veste determinati capi d’abbigliamento, infatti, è giudicata diversamente rispetto ad un uomo e, in molti casi, viene schifosamente definita una poco di buono e “responsabile” di eventuali commenti e/o molestie fisiche e verbali subite in strada. È su questi concetti che si fonda la cosiddetta “cultura dello stupro”, che vede molti uomini sentirsi in qualche modo autorizzati a ledere l’integrità femminile delle donne, poiché, a loro avviso, “se la sono cercata” o “sapevano a cosa andavano incontro”. Fa rabbrividire come ancora oggi nel 2022 siano queste le principali frasi che si sentono durante i processi sommari o sui social, nei commenti di notizie di stupri o molestie, da parte di persone che non sanno fare altro che puntare il dito contro la vittima, colpevole di essere libera o più semplicemente di vestire con un abito che le piacesse o camminare in strada da sola.Di certo il settore socio-econonomico della scalata professionale è probabilmente quello dove sono stati fatti più progressi, ma anche in questo caso la condizione di parità è ancora lontana. Il tasso di occupazione femminile, infatti, è comunque inferiore rispetto a quello maschile, per non parlare della differenza di stipendio percepita e delle condizioni di lavoro instabili in cui sono spesso costrette a versare. Qualsiasi donna, infatti, è spesso scartata durante un colloquio di lavoro, a prescindere dalle sue qualificazioni professionali, in quanto potrebbe creare “difficoltà gestionali alla società” se dovesse metter su famiglia, vaglio al quale un uomo non verrà mai sottoposto e che ne delinea il “privilegio” sociale. Guardando al lato positivo, i progressivi cambiamenti ottenuti su questi fronti fanno sperare in un avvicinamento delle condizioni tra i due sessi e, si spera, a un mondo che possa valutare una persona solamente per ciò che vale e non per qualsiasi altro futile motivo legato alle apparenze.