Nessuno sconto: ergastolo per Giuseppe D’Agostino, il boss di via Capone già condannato nel 2011 al carcere a vita per l’omicidio di Antonio Nese, il nipote di Lucio Grimaldi alias il vampiro e fratello di Giuseppe Nese, freddato la sera del 5 marzo del 1996 davanti al circolo “Bumper pool” di via Galloppo a Torrione da quattro colpi di pistola. Questa, almeno la richiesta avanzata ieri dal Procuratore generale dottoressa Giannelli davanti ai giudici della Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Salerno al termine della sua requisitoria. Il magistrato ha ripercorso tutte le tappe che hanno portato al delitto inserito, a parere del Pg, a pieno titolo nella guerra di camorra apertasi a Salerno quando imperava il clan D’Agostino e attribuendo precise responsabilità all’imputato, indicato dalla Procura come uno dei componenti del commando di fuoco. La tesi accusatoria sostenuta dalla Procura si fonda in primo luogo sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, nel lungo processo davanti ai giudici della Corte d’Assise, hanno confermato la presenza di D’Agostino, la cui pistola si inceppò, nel gruppo che decretò l’eliminazione di Nese. L’udienza è stata quindi rinviata al prossimo 29 luglio quando si concluderanno le arringhe dei legali dell’imputato, gli avvocati Pierluigi Spadafora e Luigi Gargiulo. Quindi il 31 luglio arriverà il verdetto. Secondo l’impianto accusatorio formulato dall’Antimafia furono Amedeo Panella, Ciro Ferrara (entrambi già condannati per il delitto) e Giuseppe D’Agostino (in concorso con gli ormai defunti Luca Rosamilia e Luigi Memoli), ad ideare e mettere a segno l’omicidio di Antonio Nese a sua volta feroce autore del triplice omicidio di Croce in cui vennero fatti fuori i cognati del boss Amedeo Panella. E fu proprio quest’ultimo ad esplodergli contro cinque colpi di pistola mentre l’arma impugnata da D’Agostino, si “inceppò”. Nese, prima di cadere sotto il piombo degli avversari, fece una telefonata dall’apparecchio pubblico interno al circolo: poi, intorno alle 21.30, mentre usciva e si accingeva ad entrare nella propria autovettura (una Mercedes), venne raggiunto dal fuoco delle pallottole. I killer fuggirono poi a bordo di una Lancia Thema, rubata a Napoli qualche giorno prima e fatta pervenire a Salerno da alcuni amici di Panella stesso, verso Giovi, in località Altimari, dove ad attendere il commando c’erano Rosamilia, Memoli e Ferrara addetti al recupero ed alle tradizionali operazioni di distruzione della macchina utilizzata per l’omicidio. Nel 2011, all’esito del processo di primo grado in Corte d’Assise, D’Agostino, è stato condannato alla pena dell’ergastolo. Ieri la richiesta del Pg all’esito del processo di secondo grado caratterizzato dalla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale. I legali dell’imputato, attraverso la deposizione di nuovi testi sono riusciti a dimostrare che D’agostino e Panella strinsero l’allenza criminale solo dopo l’omicidio di Nese, un particolare, questo, che a parere della difesa dimostrerebbe l’estraneità del boss di via Capone dall’omicidio del marzo 2006. A fine mese il verdetto dei giudici
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