De Luca, parte l'assalto alla segreteria Pd - Le Cronache
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De Luca, parte l’assalto alla segreteria Pd

De Luca, parte l’assalto alla segreteria Pd

di Antonio Manzo

In 106 pagine del suo libro “La democrazia al bivio. Fra guerra, giustizia e politica burocratica” Vincenzo De Luca non cita una sola volta il termine “sinistra”. Men che mai la sigla Pd, appena accennato due volte e solo per necessità conoscitiva e senza alcuna valutazione. Per lui è storia finita in vista di un grande soggetto politico riformista che faccia uscire l’ex pd, e più in generale il sistema democratico da una “balcanizzazione che appare ormai insostenibile e figlia solo di logiche di ceto politico”. Le parole pronunciate da De Luca sulla storia finita pronunciate da “uomo di popolo e di partito” (secondo l’acuta definizione di Giuliano Ferrara) non sono una tregua ma solo l’anticamera del “discorso di verità” che De Luca stesso ha più volte invitato a fare agli ex capotreni del viaggio, ben 10 segretari pd in dieci anni di militanza. E volete che De Luca stia in silenzio dopo il cappotto elettorale che ha fatto vincere a dismisura la già prevedibile avanzata del centro destra? E non, invece, si renda partecipe in prima persona, dell’analisi sulla debacle ed offrendo una alternativa radicale e pensata nel campo progressista. Ancora non deve ufficializzare la candidatura alle primarie ma ha già allertato il suo entourage di prepararsi ad un giro d’Italia per puntare alla segreteria nazionale del Pd. E non solo come il più rappresentativo esponente del Pd nel mezzogiorno ma come soggetto nazionale con una ricetta chiara antidecadenza. Di un progetto politico – una forza riformista – che amplificherebbe in occasione del congresso pd. Messaggi e contenuti da inviare ad un popolo con l’orecchio teso ad ascoltare “parole di verità” di chi non le manda a dire ma che, invece, è capace di pronunciare, anche con il sarcasmo intelligente di chi non costruisce solo ragionamenti con gli slogan della mediaticità politica. Lui sa di essere un leader d’opinione nazionalmente riconosciuto che può vantare solidità di militanza partitica, esperienza amministrativa ampia già condensata nel libro di fine Millennio “L’altra Italia” tratto dall’esperienza di sindaco. Arriva alla vigilia del congresso del partito e delle primarie del partito per la segreteria nazionale con la sintetica ma non banale necessità di “orientarsi verso pochi contenuti che facciano emergere chiare discriminanti, che disincaglino la lotta politica dalle secche immagini di omologazioni di tutti e di tutto”. Le parole di De Luca sembrano pronunciate per la crisi politica di oggi. Eppure sono state pronunciate il 12 giugno 1982 in occasione del convegno su “I limiti violenti del sistema” organizzato dalla sezione veneta dell istituto Gramsci e dalla federazione comunista di Salerno, a quel tempo guidata proprio da Vincenzo De Luca. E c’è anche una spiegazione al fatto nuovo del suo libro che in 106 pagine non utilizza una sola volta il sostantivo “sinistra” né tanto meno perde tempo e ragione a spiegare la crisi del Partito democratico, di questi tempi solo con un motore in manutenzione che sta per spegnersi. Ne utilizza le rassicuranti definizioni “ricostruzione” o “riorganizzazione” pur chiedendo “umiltà e rigore” nella valutazione della disfatta elettorale del Partito Democratico. Ma l’elusione, voluta, dei tre sostantivi è l’indice non solo della ragione dei motivi di crisi sostanziale dei tre sostantivi – crisi, ricostruzione e riorganizzazione – che indicano il primo come conseguenza concreta di una sconfitta storica, il secondo e il terzo solo come escamotage riorganizzativi di un partito mai nato, nonostante le interessate prospettive positive della lontana vigilia che hanno provocato solo un “campo largo” di suicìdi della rivoluzione mancata e di sognatori impenitenti della fusione fredda (ex pci e ex dc). De Luca spiega anche la critica dell’ideologia, “giacché ogni parola, ogni slogan, anche nostro, è carico un po’ del senso della sua storia, e spesso, della sua sconfitta”. Con l’utilizzo di queste “parole di verità”, De Luca punta al congresso della crisi pd. E irromperà nel dibattito per la segreteria con “tesi congressuali” tutt’altro che con fogli incartapecoriti del vecchio centralismo democratico ma con su questioni politiche decisive al tempo della “stanchezza democratica” e della pratica di una libertà slegata dalla responsabilità. C’è l’unificazione di un progetto riformista (lontano dalla consunte liturgia del pd) e dalla “stanchezza della democrazia” con una politica miope e incapace di avere sguardo lungo oltre che livelli di efficienza e di capacità decisionale. Pochi punti ma decisivi per costruire una forza progressista dove tutti non possono essere d’accordo su tutto. Il primo a scendere in campo per le primarie pd è Dario Nardella sindaco di Firenze con un programma pubblicato da Il Foglio per annunciare che “un altro Pd è possibile” nelle stesse ore in cui l’ex deputata pd Rosy Bindi invita ad archiviare il progetto Pd per dare vita ad un partito riformista. Altra “Cosa” rispetto al cinismo di Letta adagiato sull’agenda Draghi, secondo la Bindi, (e per lei sarebbe una ragione della sconfitta) senza alcun accenno autocritico rispetto al presunto accanimento su un corpo di “anime morte” da sciogliere e non da dare vita, secondo lei, ad una farsa congressuale. Dopo l’ ampia riflessione sulla stanchezza della democrazia che mina il concetto di rappresentanza politica, De Luca enuclea i punti centrale della crisi democratica per andare a convincere la base del Pd di avere idee chiare e dirimenti su questioni fondamentali. Eccoli i punti centrali: la guerra in Ucraina che lo riporta agli anni della Guerra Fredda, contrastandola non solo militarmente ma anche con la ripresa della battaglia storico ideale sul tema di “un nuovo umanesimo” . Qui c’è l’idea di valorizzare “l’iniziativa straordinaria di Papa Francesco” con il tema “fratelli tutti” come strada di valori di civiltà condivisi; contrastare il populismo non solo giudiziario; puntare ad una autonomia differenziata; prosciugare la palude della burocrazia; creare un nuovo Stato sociale puntando su un “liberalismo inclusivo”. Sbagliano quanti sottovalutano la capacità analitica e di proposta di De Luca, in vista del congresso nazionale del Pd. Abbagliati da una ricostruzione politica molto approssimativa del personaggio coprendolo di vergogna, di sospetto, mettendolo in clamoroso imbarazzo con analisi politologiche che mettono in risalto solo il familismo politico e una presunta “impresentabilità” secondo la logica della Bindi e del partito dei manettari con la penna. De Luca allungherebbe la lista dei papabili dopo Letta “poco scoppiettante” come il governatore della Campania etichettò a piazza del Popolo a Roma l’ex segretario. Ci sarebbero in campo Bonaccini e Nardella, passando per Orfini e De Micheli fino a Schelein, Orlando secondo le prime indiscrezioni in vista di primarie previste per febbraio. Finora De Luca non ha fatto dichiarazioni ufficiali dopo le prescrizioni tutte deluchiane offerta su Fb:: “Basta depressione, chi si è stancato stia a casa. Reagire subito con umiltà e rigore”. No, quindi, a volti di dirigenti pd esausti, esangui, e pallidi a commentare la sconfitta e incapaci di replicare con una proposta nazionale che venga compresa dalla gente comune e senza essere ostaggi del “diciannovismo”. Un nuovo termine nel linguaggio deluchiano, contenuto nel suo libro, teso a spiegare una sindrome di un mondo, quello dl 1919, della violenza politica seduttiva ed eccessiva che capitalizzò il successo elettorale sulle vicende belliche dell’epoca (lo storico Giovanni De Luna ha spiegato compiutamente il senso tragico del 1919). La proposta di De Luca per superare la fase infausta delle “anime morte del Pd” parte dalla crisi determinata da un’ emergenza antropologica della crisi dell’umano (“la crisi più grave della nostra epoca è la crisi dell’autorità”) ricorda De Luca citando oltre che papa Francesco il filosofo francese Jean Guitton, primo uditore laico del Concilio Vaticano II nominato da Paolo VI al grande evento conciliare della Chiesa contemporanea.

Fin qui il quadro generale della crisi pd stretta fra necessità di un nuovo soggetto riformista senza alcuna tentazione di ragionare su una nuova possibilità che sarebbe offerta al decadimento pd. D’altronde, De Luca spinge per un soggetto riformista che sia forza di governo e non solo di testimonianza, un obiettivo che prevede un passaggio anche traumatico per costruire un soggetto politico dove tutti non siano d’accordo su tutto, con atteggiamenti da zibaldone partitico ininfluente nella stagione di opposizione che verrà.