Gregorio De Falco, già Senatore Della Repubblica Italiana
Approvata la legge sull’autonomia differenziata, le regioni di centro sinistra hanno deliberato di sottoporre a referendum la legge Calderoli. I due quesiti, identicamente proposti dalle regioni Campania, Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Sardegna, sono tra loro contradditori. Infatti, le regioni hanno tutte quante presentato due quesiti, ma essi non sono tra loro coerenti negli effetti: il primo, come la raccolta promossa dai comitati spontanei, chiede l’abrogazione completa della legge Calderoli; il secondo, invece, attraverso l’abrogazione di alcune parole (dell’articolo 1 e dell’articolo 4), si limita a meglio evidenziare l’obbligo già esistente nella normativa in vigore di determinare i Livelli Essenziali delle Prestazioni, ma senza obbligare lo Stato a garantirli ed anzi, non cancella nemmeno la clausola di invarianza finanziaria. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, tuttavia, una abrogazione parziale può essere solo correttiva e non può radicalmente capovolgere l’impianto originario della legge per inammissibile eccesso di manipolazione. Quindi il “ritaglio” può avere solo effetto correttivo ed il quesito parziale, paradossalmente, finisce con il costituire un rafforzamento della legge che si pretende di abrogare. In più, la Corte, nello scrutinio di ammissibilità, potrebbe rilevare una contraddittorietà anche nella volontà stessa dei proponenti e bocciare il referendum totalmente abrogativo. Se le regioni di centro sinistra sono in buona fede lo dimostrino, chiedendo di porre in votazione solo il quesito completamente abrogativo e, a conferma per altra via, deliberino anche un ricorso diretto alla Corte Costituzionale – ai sensi dell’articolo 127 della Costituzione-, per violazione delle proprie prerogative. L’Autonomia Differenziata è una vera e propria deriva secessionista che svuota di contenuto materiale il Parlamento e l’intero novero dei diritti di cittadinanza di ciascuno: istruzione, salute, trasporti, lavoro, ambiente…, saranno (immotivatamente) differenziati per territorio, declassando ciascuno di noi da cittadino italiano a cittadino della regione di residenza. Ls stessa differenziazione (discriminatoria quando non correlata ad una specificità territoriale) è in contrasto con la universalità dei diritti fondamentali del cittadino ed anzi, sostituisce a questi la categoria del residente come criterio di imputazione dei diritti regionali variamente differenziati. Che il risultato sia abnorme lo si intuisce proseguendo idealmente nel processo di differenziazione: il territorio più ricco nella regione potrebbe accampare le medesime pretese di autonomia, così come all’interno di ogni città, il quartiere più ricco, il palazzo, e così via fino al pianerottolo. A questo punto ci si deve chiedere che fine abbia fatto il concetto di interesse generale. L’Autonomia Differenziata è anche un’illusione, poiché non tiene in conto i vincoli di finanza pubblica, di sostenibilità economica, il problema delle autonomie fiscali regionali. Basta porre mente alla drammatica esperienza del Servizio Sanitario Nazionale per rendersi conto che la mera fissazione di indicatori, quali i LEA – Livelli Essenziali di Assistenza (i LEP della sanità), non ha certo evitato che i cittadini delle aree meridionali abbiano una più limitata aspettativa di vita, rispetto ai cittadini del Nord Italia. La prevalenza dell’autonomia sul principio di solidarietà è la premessa per consolidare in legge ed esasperare le fratture già esistenti nel Paese. A tali conseguenze si affianca l’esautoramento del Parlamento e della forma costituzionale della democrazia rappresentativa, agevolata e già in essere – di fatto – dalla legge elettorale (liste bloccate), dalla riduzione del numero dei parlamentari e dallo sbilanciamento dei rapporti tra Governo e Parlamento (abuso della decretazione d’urgenza, dell’istituto della fiducia, dei provvedimenti omnibus). Così come l’Autonomia differenziata rafforza i poteri del Presidente del Consiglio, in perfetta sinergia eversiva a formazione progressiva, il ddl. costituzionale sul “premierato”, a propria volta, riduce il Presidente della Repubblica ad una funzione notarile e rappresentativa ed annichilisce ancor di più il Parlamento, ponendolo alle dipendenze dell’esecutivo. Si compie così il complessivo disegno eversivo. Non tutti al nord sono disposti a capire che l’egoismo territoriale frena l’intero Paese, pertanto il sud dovrà compattamente mobilitarsi poiché decisivo per raccogliere le firme ma anche per raggiungere il quorum. In ogni caso il referendum sarà comunque politicamente rilevante, anche se non si dovesse raggiungere il quorum, purché la mobilitazione del corpo elettorale sia risultata comunque molto alta. È quindi necessario che ciascuno si mobiliti a difesa del diritto di cittadinanza e della democrazia rappresentativa, innanzitutto attraverso la raccolta di firme in favore del referendum (totalmente) abrogativo della legge Calderoli proposto dai comitati e contribuisca poi anche alla raccolta delle firme (anche on line), volta ad abrogare la legge elettorale. Non è accettabile alcun compromesso, questa è la nostra ultima arringa e mai come adesso tutto dipende da ognuno di noi perché ognuno di noi è un intero.