Dante Alighieri, la musica, la parola, la vita - Le Cronache
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Dante Alighieri, la musica, la parola, la vita

Dante Alighieri, la musica, la parola, la vita

Successo per la Divina Commedia in jazz, andata in scena sul palcoscenico del Teatro delle Arti, ideata e realizzata da Sandro Deidda, con il coordinamento di Claudio Tortora. Grande performance di Emilia Zamuner e tra le allieve di Marina Del Grosso. In orchestra palma al vibrafono di Pier Paolo Bisogno e alla chitarra di Carlo Fimiani

Di Olga Chieffi

C’è la vita di Sandro Deidda in questa Divina Commedia in Jazz ri andata in scena sul palcoscenico del Teatro delle Arti. Un messaggio quello lanciato è stato quello di non sottostare a quella concatenazione di sistemi e imposizioni, blocchi marmorei, sotto cui aggobbire, ma far ricerca e interpretazione in prima persona, d’ispirazione e immediato riferimento. Un metodo, secondo il quale ciò che rimane nascosto non stabilisce il limite e lo scacco dell’interpretazione, ma ne costituisce il terreno fecondo, ove, qui, un nuovo modus può fiorire e svilupparsi. La realizzazione di questo spettacolo plurilinguista, è risultata una sintesi stringente attraverso una scrittura semplice e per “sottrazione”.  Un invito a ricominciare dalla pagina dantesca, in difesa della sua bellezza, e ancora, verificare, immaginare, scegliere, analizzare, ideare per conseguire nuove folgorazioni e meraviglie inaudite e nuovi spegnimenti angosciosi, in un avvicinarsi, tendere, aspirare continui a qualcosa che mancherà, che non si otterrà. La lingua di Dante è diventata, così in musica,  un campo sterminato dell’invenzione espressiva e la Commedia, dal punto di vista linguistico, ulteriore smentita ed un superamento delle teorie esposte nel De vulgari eloquentia, presentatasi come un’opera fuori da tutti gli schemi. Celebrando, nella sua unicità Dante, nel suo settecentenario dalla morte. La musica di Sandro Deidda, è divenuta integrazione dialettica fra ritmi visivi e ritmi musicali, fra sequenze filmiche e frasi melodiche, fra immagini, suoni e versi, capaci di conferire alle diverse arti, una nuova dimensione espressiva, in una sorta di raddoppiamento dell’effetto drammaturgico, in cui dramma sta per “azione”, da drao, agire, e, allo stesso tempo, spettacolare, sia che sottolinei la tensione interna, magari attraverso un contrasto semantico, sia che dia al singolo personaggio o alla situazione, una propria figurazione musicale e ritmica, in sintonia e in sincronia con i caratteri visivi, in un intento di empatia dialettica fra i diversi materiali artistici. Così, si entra nella selva oscura su ritmi speziati di latin, il brano che ci fa incontrare Virgilio, evoca, invece, il segno musicale dei nostri grandi compositori di musica da film, il cantautorato italiano per Caronte, sino all’ “aria di sortita” del docente Carlo Lomanto sulle note di Minnie the Moocher, evocando la swing craze del Cotton Club, nell’ atmosfera hot dell’Inferno e innalzare the Song of the Viper, ovvero “Take me away from the river” di Fletcher Henderson, per l’incontro con Lucifero. Sulle parole di Tolkien ci si appressa all’erta del Purgatorio. Una eccezionale Emilia Zamuner inizia l’ascesa sulle note di Lush Life, una pagina di un Billy Strayhorn appena diciottenne che gli aprì le porte dell’ orchestra di Duke Ellington, il cui solo è stato affidato al tenor-sax di Daniele Scannapieco. Che le interpretazioni della Zamuner sia sostenuta dal pensiero più che dall’istinto lo si è inteso sin dalla sua entrata, con una compostezza senza pari, in cui ha ricamato una fine ornamentazione, quasi creando un microcosmo caro all’interpretazione barocca, unitamente alla felicissima batteria di Peppe La Pusata, regalandoci una straordinaria qualità di esecuzione, esaltata dalla freschezza sempre mantenuta vivissima, dalle soluzioni espressive, dalla perfetta combinazione di lucida razionalità e di poetico abbandono, in un miracolo di interazione dei tre musicisti, in un simpatetico,  ferace interplay, flessibili linee melodiche. Poco prima nella torre della fame è stata la bella voce di Marina Del Grosso a interpretare i versi musicati del canto del Conte Ugolino. La spiaggia del Purgatorio con l’arrivo dell’angelo nocchiero sul vasello snelletto e leggiero ha il volto di Valeria Ciangottini nel finale de’ La Dolce vita, che sfocia nella performance attoriale di Sandro Deidda con Manfredi ed Ezra Pound, dando inizio ai sette peccati capitali per musica e immagini, con l’Amadeus di Milos Forman e il suo Antonio Salieri, Il grande Dittatore di Charlie Chaplin, su musiche in stile galante e ancora Gesù, per poi dar spazio alle icone medievali, l’ “epoca organica”, con la mano guidoniana che segna l’inizio della scrittura musicale moderna. Nel paradiso terrestre si canta e balla Cheek to Cheek, con Carlo Lomanto e ancora una volta perfetta Emilia Zamuner che è anche docente presso il nostro conservatorio, insieme a Fred Astaire e Ginger Rogers, prima di ascendere al Paradiso su progressioni del sax soprano di Sandro Deidda e la tromba in sordina di Antonio Scannapieco, per poi lanciare un grande bridge tra l’Inno alla gioia di Ludwig van Beethoven e When the Saints go Marching In, con Deidda che si lancia sulle tracce di Johnny Doods. Nel cielo del Sole ci si affida al flauto Regina Coeli, con tanto di Ave Maria di Charles Gounod, costruita sul primo preludio bachiano elevata da Rossella  Nell’Empireo non si poteva non giungere che sulle note reiterate della prima parte della suite di John Coltrane “A Love supreme”, Acknowledgement ovvero “accettazione”, “ammissione” ma anche “presa di coscienza”, di un viaggio iniziatico, introdotto dal “duel” di tradizione tra tenor-sax Deidda-Scannapieco, che ha passato il testimone al duo Zamuner, Lomanto, con la vocalist dalle sonorità mediterranee, care a tutti i Sud del mondo, compiuto, indi, da tutti, anche dal pubblico in sala, per aspera “sic itur ad astra” per dirla col Virgilio dell’Eneide. Presentazione di tutti i musicisti con Deidda, maestro di cerimonia, Antonio Scannapieco tromba, Daniele Scannapieco sax tenore, Raffaele Carotenuto, trombone, Raffaele Carboni, chitarra acustica, Carlo Fimiani, chitarra elettrica, Guglielmo Guglielmi pianoforte, Tommaso Scannapieco contrabbasso, Pierpaolo Bisogno, vibrafono e percussioni, Gerardo Palumbo percussioni, Giuseppe La Pusata, batteria e le voci preparate da Emilia e Carlo, con Gennaro Vitale, interprete di Donna Beatrice, Antonio Valentino e Simone Capriglione, direttamente dal musical “Scugnizzi” e Natalino Cioffi, alle quali si sono unite la talentuosa voce di Marina Del Grosso con Carmen Scognamiglio e Roberta Vellucci.