di Andrea Pellegrino Con Stefano Caldoro non corre buon sangue ormai da tempo. Così come con la dirigenza del Pdl campano che l’avevano portato a fondare il gruppo di “Forza Campania” in Consiglio regionale, poi disciolto per svariati motivi. «Fa comodo identificarci come cosentiniani – spiega il senatore Vincenzo D’Anna (del gruppo Gal) – soprattutto per ridurre le nostre buone ragioni che sono tante e supportate da fatti». Quanto ad un accordo con De Luca, in vista delle prossime Regionali, D’Anna svela: «Se sarà il candidato governatore del Pd non ci sarà nulla da fare. In caso contrario vedremo». Senatore partiamo proprio da Vincenzo De Luca. Si vocifera un accordo… «Credo che sia prematuro parlare di accordi. L’intero quadro politico non è chiaro. Noi ribadiamo che siamo nel centrodestra. Naturalmente vogliamo concorrere con le primarie alla designazione del candidato presidente della Giunta regionale. Quindi auspichiamo che ciò possa avvenire in un quadro di lealtà politica. Vincenzo De Luca sta lavorando sul suo versante e non escludo che possa essere il candidato del Pd. Questo naturalmente non può dare adito ad una collaborazione con lui, in quanto rappresenterebbe un partito a noi antagonista. In caso contrario ci sarebbero altre valutazioni». Insomma, nel caso in cui De Luca si presentasse senza simboli di partito? «Se De Luca intente proporre tematiche senza l’intervento dei partiti, ci si potrebbe intendere. Dunque: se c’è una scelta di campo, quindi una candidatura con il Pd, noi siamo e restiamo nel centrodestra, se ci saranno altri tipi di scelte ne possiamo discutere». Quanto a Caldoro, invece, pare che non sia più il vostro presidente? «Noi siamo per un sistema democratico di designazione. Il centrodestra è fatto da più forze politiche. E’, appunto, una coalizione e tutte le forze devono concorrere per indicare la figura migliore che possa rappresentare il centrodestra. Al momento penso, tra l’altro, che così come stiamo partiamo svantaggiati rispetto al centrosinistra. Questo la dice lunga sull’opportunità di riconferma (di Caldoro, ndr)». Si vocifera, ancora, di una fuga da Forza Italia verso il Pd di Matteo Renzi, è vero? «Non è una fuga. E’ una vera e propria svendita. Noi, dalla nostra, non siamo disposti a stare dietro una tempistica di approvazione di norme che vorrebbe portare all’urne a giugno prossimo il paese. Vogliamo evitare un sistema (elettorale) che non trova risconto in nessun paese del mondo. Il Pd sa che oggi il paese è appannaggio della sinistra, ed oltre il Senato potrebbero aggiudicarsi anche la Camera, portando noi in una posizione di marginalità. Penso che questo non lo dobbiamo ai milioni di elettori che ci hanno votato ed anche a coloro che si sono astenuti, non recandosi alle urne, alle ultime elezioni». Ma esiste il gruppo dei cosentiniani? «In verità non è mai esistito come gruppo organizzato. C’era Forza Campania, sorta con l’intenzione di creare una valida alternativa al sistema oligarchico che esiste in Regione. Alla nascita di Forza Campania ha presenziato anche Nicola Cosentino ma oggi il suo scioglimento sgombra il campo da qualsiasi collegamento che veda Nicola artefice di attività politica. Non fosse altro che sarebbe controproducente per lo stesso Cosentino su cui si mantiene un teorema fatto di illazioni, mentre non emergono elementi di collusione. Gli eventuali favori al clan dei Casalesi sono meri e puri ipotetici teoremi serviti ai pubblici ministeri per far scontare due volte la galera preventiva a Nicola Cosentino. Penso, dunque, che l’iniziativa politica riconducibile a Cosentino andrebbe solo a dare sostegno a queste fantasiosi ipotesi che sono le uniche armi rimaste in mano agli inquirenti. Chi vuole bene a Nicola non si presterà mai a questo gioco né lo metterà in queste condizioni. Mentre reputo che questi continui accostamenti siano alimentati da fuoco amico, con lo scopo di ridurre le nostre buone ragioni ad una battaglia di retroguardia, non avendo modi per contrastare il nostro dissenso alla nomina del coordinatore regionale della Campania Domenico De Siano e alla gestione di Caldoro poco decisa e soprattutto ristretta ad un numero limitato di persone».
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