Domani sera, alle ore 21, i riflettori del Duomo di Salerno si accenderanno sul violinista russo che incrocerà la bacchetta del nostro direttore per il concerto Concerto per violino in Sol maggiore, K216
Di Olga Chieffi
Ritorna a Salerno il violinista Vadim Repin, dopo quello splendido concerto cameristico, che lo vide protagonista insieme al pianista Itamar Golan al Teatro Verdi, tredici anni fa. Il violinista russo sarà questa volta ospite dell’Orchestra Filarmonica “G.Verdi”, e del suo direttore Daniel Oren, per l’omaggio mozartiano, nel 250° anniversario del suo viaggio in Italia e del suo passaggio a Napoli, capitale europea della musica. Domani, alle ore 21, nel quadriportico della cattedrale, serata monografica, che verrà inaugurata dal Concerto per violino in Sol maggiore, K216. Negli anni attorno al 1775, prima del viaggio a Mannheim e Parigi, Mozart è tutto preso dalla voglia di scrivere permil teatro musicale; non avendone l’occasione, nella Salisburgo senza teatri dell’Arcivescovo Colloredo, si adegua alle richieste della sua carica di “Konzertmeister” producendo molta musica da camera e da chiesa; appartengono a questo periodo, intorno ai 19 anni di età, i cinque Concerti per violino e orchestra, il terzo dei quali, quello che ascolteremo da Vadim Repin, reca sul manoscritto come data di completamento il 12 settembre 1775.Nei vari viaggi in Italia, ebbe modo di ascoltare o di leggere opere dei maestri del violinismo italiano, Corelli, Vivaldi, Geminiani, Locatelli, Tartini e Boccherini; Mozart non dà l’impressione di voler far meglio di loro, gli basta la gioia di padroneggiare la materia, dialogando magari con umoristiche allusioni con quei modelli che nella prima metà del Settecento avevano insegnato il “violino italiano” a tutta Europa; salvo naturalmente superarli con improvvisi colpi d’ala, quando il gusto galante dominante in queste opere si ritrae di fronte a una immaginazione e a uno stile superiori. Nell’Allegro d’apertura orchestra e solista si alternano secondo la struttura “a ritornello”: alle ardite entrate del violino l’orchestra risponde con un tono sornione, da opera teatrale (circola un tema che riprende l’aria di Aminta “Aer tranquillo e dì sereni” dal Re pastore); nella sezione centrale c’è un episodio in minore, nulla di tragico o drammatico, ma certo un tocco di severità, quella severità che non manca mai in Mozart. Il ruolo del solista, a differenza di quanto avverrà col pianoforte, qualche anno dopo, è di integrazione e di dialogo, non di antagonismo; qui un’ampia cadenza del violino solo conclude il movimento, e una più breve cadenza solistica si troverà anche alle fine del secondo movimento. L’Adagio centrale, senza oboi, vede gli archi attutiti dalla sordina e il solista affrontare lo slancio di un’aria sul pizzicato dei bassi; un suggerimento del flauto viene subito ripreso dal violino e integrato nella calma del suo canto. Il Concerto si conclude con un Rondeau (Allegro), aperto dall’orchestra su un arguto panorama che attira a sé il solo, leggero e snodato in rapide sequenze; nelle giravolte della forma rondeau, con i temi che si presentano per allontanarsi e poi ricomparire, attrae sopra tutti un episodio in minore, pieno di mistero per l’accompagnamento in pizzicato, alla serenata. Il programma sarà chiuso dalla Sinfonia n°40 K550 in Sol Minore, scritta nel 1788. E’ questa una pagina inafferrabile, una delle più celebri e studiate dalla critica. Impostata nella tonalità di Sol minore (tonalità dell’affanno, della disperazione, della passione, la K550 supera i confini dell’indistinta rivolta emotiva contro il sentimentalismo galante. Se nella giovanile sinfonia K183 (ritenuta il microcosmo annunciatore della K550, il messaggio cupo e inquieto era affermato con univoca determinazione, nel caso della n°40, la potenza immaginativa viene arginata da un’ineccepibile perfezione compositiva, che sottrae la creazione a ogni intemperanza espressiva. Senza turbare la forma, senza forzare le strutture, senza ricorrere a incisive novità di scrittura, questa sinfonia affronta l’intero panorama dello spirito, la lotta, la coscienza, la rassegnazione. Il primo tempo in forma sonata è caratterizzato dalla melodia ampia e cantabile del primo tema presto elaborato in un gioco di contrasti drammatici pieni d’inquietitudine e di tensione. Seguono un Andante su ritmo di siciliana (definito una “pura fantasticheria wagneriana”), un Minuetto rude e severo, ma illuminato dalla serenità del Trio in Sol maggiore e un Finale, denso anch’esso di contrasti, di deformazioni, di ardite modulazioni.