Di Marina Pellegrino
Il magistero italiano, questa sera alle ore 19, incontrerà il pubblico russo nella sala piccola della Filarmonica di San Pietroburgo. A rappresentare la nostra scuola sarà Costantino Catena che si assiderà al gran coda, presentando le sue interpretazioni delle Davidsbundlertanze di Robert Schumann e due suoi cavalli di battaglia, , quali Venezia e Napoli, che ha inciso per la Camerata di Tokyo e le Reminiscenze della Norma di Franz Liszt. E’, questa serata russa, certamente il sigillo ad una carriera internazionale del pianista e filosofo alburnino, al quale manca ancora, incredibilmente, l’emozione, di esibirsi nel massimo cittadino, dinanzi al proprio pubblico. Il programma principierà con le Davidsbundlertanze op.6 messe su carta da Robert Schumann nel 1837, fra i numerosi cicli di miniature, quello che ha forse il carattere più apertamente polemico e provocatorio, e che non a caso prende spunto dalla stessa attività di critico e di scrittore del compositore. Messo alla porta del 1831 dalla “Allgemeine Musikalische Zeitung” per un articolo inneggiante a Chopin, Schumann aveva fondato nel 1834 la “Neue Zeitschrift fur Musik” per contrastare l’influenza di coloro che, con cattivo gusto e malafede, operavano e giudicavano in campo musicale, esaltando le banalità quotidiane e gettando fango sulla vera arte; in una parola: i “filistei”, contro i quali il compositore riunisce la “Lega dei compagni di David”. Personaggi di questa Lega compaiono sulla rivista sotto pseudonimi, e lo stesso Schumann scinde la propria personalità sotto le differenti firme del focoso e appassionato Florestano e del mite, sognante Eusebio. Le Davidsbündlertänze sono appunto le danze dei compagni di David; “danze dei morti, delle Grazie, dei folletti”, un itinerario intimissimo e privato, animato da quella dicotomia fra le due parti contrastanti della sua personalità che si presta anche a una lettura psicoanalitica. Poiché per Schumann “in ogni tempo si mescolano Gioia e Dolore” ecco che l’intera composizione è emotivamente scissa fra queste due sensazioni. A garantire la concezione unitaria dello spartito c’è innanzitutto il movimento di danza che lo percorre internamente da capo a fondo – privilegiato è il Valzer, ma si trovano anche due Landler (n.2 e 14) e una Polka (n. 12) – poi l’esuberanza della scrittura pianistica, imprevedibile nel fraseggio, ricca di soluzioni impreviste. La seconda parte del rècital è interamente dedicata al Franz Liszt con l’ appendice alla Deuxième année de pèlerinage, Venezia e Napoli, che si articola in tre movimenti: il primo, Gondoliera, che si basa sulla canzone “La biondina in gondoletta” di Giovan Battista Peruchin, il secondo Canzone, ispirata dall’Aria “Nessun maggior dolore”, dall’ Otello di Rossini e l’ultimo un’infuocata Tarantella ai piedi del Vesuvio. Finale con le celeberrime Reminiscences de Norma S.394 che ci riportano invece agli anni d’oro delle grandi tournée, per la precisione al 1841, e innestano un’abilità digitale funambolica sopra i temi folgoranti quali “Ite sul colle” e poi il coro “Dell’aura tua profetica” , “Deh non volerli vittime”, “Qual cor tradisti” e “Padre, tu piangi”, che si combinano al coro “Guerra, guerra” e finiscono per innalzarsi a loro volta a toni eroici: poco belliniani ma pianisticamente efficaci.