di Luca Ferrini
E’ calato il sipario, venerdì sera all’Arena del Mare, sulla XXXIV edizione del Premio Charlot, con una serata dedicata a Papa Francesco e intitolata “La Santa Allegrezza”; una serata che ha visto alternarsi sul palco, in un’atmosfera magica e di grande festa, ospiti d’eccezione quali Simone Cristicchi, Paolo Vallesi, Amara, Vittoriana De Amicis, Claudia Campagnola. La serata conclusiva della kermesse, unica al mondo ad essere dedicata a Charlie Chaplin, sotto la brillante conduzione di Lorena Bianchetti, ha avuto il suo culmine con la straordinaria partecipazione di un mostro sacro della comicità italiana come Carlo Verdone (a lui il Premio Charlot Cinema) e con la consegna del Premio Charlot “Grandi Protagonisti dello Spettacolo” a Riccardo Cocciante. Dopo dieci anni di assenza dai palcoscenici nostrani, si è trattato del grande ritorno del cantautore italo-francese, alla sua prima tappa in assoluto per il sud Italia e accolto dalla standing ovation riservatagli dagli oltre duemila spettatori presenti nella struttura allestita nel sottopiazza Della Concordia. “Cervo a Primavera”, “Margherita”, “Un nuovo amico”, “Se stiamo insieme”, “Questione di Feeling” i suoi cavalli di battaglia che ha eseguito uno dopo l’altro in un susseguirsi di emozioni rese ancora più uniche dall’accompagnamento dell’Orchestra “Saverio Mercadante” diretta dal Maestro Leonardo De Amicis. Prima di esibirsi sul palco, Cocciante mostrando grande soddisfazione e orgoglio per il premio ricevuto si è raccontato ed ha raccontato il suo rapporto con la musica, l’amore per la moglie, il suo ritorno ai live e il rapporto con il pubblico… “Essere qui al Premio Charlot è un riconoscimento per quanto di buono ho fatto nei miei 50 anni di carriera, perché nella vita prima si dà e poi si raccoglie e questo forse è il momento di raccogliere”.
Se dovesse dedicare a Charlie Chaplin uno dei suoi successi quale sceglierebbe?
“Gli dedicherei ‘Un nuovo amico’ ma anche ‘Dolce celeste nostalgia’ perché Charlie Chaplin ci ha dato tantissimo e lo consideriamo un po’ tutti un amico che ha saputo alternare la sua grande comicità a momenti di nostalgia caratterizzandosi proprio per questa sua duplice faccia”.
Cosa ne pensa di queste terre, dove in fondo è stata partorita la musica napoletana?
“Penso sia innegabile che la musica melodica venga da Napoli perché tutta l’opera italiana in fondo si ispira al folklore napoletano che è bello perché è una mescolanza di tanti popoli e di tante culture. E mescolare delle tendenze significa creare, il che è una ricchezza perché la ricchezza è andare a cercare altrove per ispirarsi”.
Cosa rappresenta per lei il palcoscenico? E’ d’accordo con una definizione del palcoscenico come luogo-non luogo ?
“Per me è una nuvola, è un luogo difficile da accedere, è il passare da un mondo a un altro, è l’immaginazione, il sogno. Non è di sicuro il mondo in cui viviamo che è un luogo non facile in cui cerchiamo di esistere in un’altra maniera”. Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, nel suo caso 50 anni di amore ma anche un grande rapporto professionale. “Con Cathy abbiamo cominciato insieme, prima il lavoro e poi è nata una stima reciproca che è diventata man mano sempre più intensa e da quel tempo ci dividiamo i compiti. Io resto l’artista con le mie fragilità e lei è la persona solida che mi fa sentire protetto e mi trasmette serenità”.
Per i suoi live tour lei ha scelto delle location pregnanti di cultura, di storia, cercando il contatto umano con il pubblico.
“Sono tornato a questa forma, che è la forma artigianale di un artista che non deve diventare un industriale. E’ una scelta controcorrente rispetto alle tendenze attuali ma alla quale tengo. Non sono luoghi immensi nei quali, alla fine, ci si perde ma luoghi dove è possibile suonare con dei veri strumentisti e privilegiare il contatto con il pubblico. Se vogliamo, per me è un po’ come il ritorno del grande attore che ha fatto tutto nella sua carriera e, ad un certo punto, vuole tornare al teatro per riassaporare quei momenti unici dove si ridiventa uomo”.