Affari al mercato ittico di Salerno. Il sostituto procuratore antimafia Vincenzo Montemurro ha notificato l’avviso di chiusura indagini a 19 persone coinvolte nell’affaire. Nello specifico Michele D’Alessandro, 37 anni di Castellammare, Aniello Stabile 56 anni di Pellezzano, Valeria Girace, 26 anni di Castellammare, Nunzio Girace, 35 anni di Castellammare, Ines Girace, 41 anni di Castellammare, Anna Golban, 26 anni di origine moldave, Giuseppe Ragone, 55 anni di Salerno, Antonio Verdoliva, 41 anni di Boscoreale, Nazario Confezione, 28 anni di Gragnano, Raffaele Girace, 37 anni di Castellammare, Nunzio Palumbo, 44 anni di Torre Annunziata, Michele Palumbo, 21 anni di Torre annunziata, Pasquale Eliodori, 30 anni di Torre Annunziata, Antonio Esposito 48 anni di Maiori, Francesco Cirillo, 42 anni di Torre Annuniziata, Raimondo Scauzillo, 42 anni di Ariano Irpino. Ora gli indagati, per i quali era stata avanzata la richiesta di arresto, hanno venti giorni per decidere, attraverso i loro legali, di essere ascoltati dal magistrato inquirente. L’inchiesta avviata dalla Dda, sostituto procuratore Vincenzo Montemurro, vede il coinvolgimento del boss di Castellammare di Stabia Michele D’Alessandro e del cognato Nunzio Girace che sarebbero ai vertici di un’organizzazione che controllerebbero tre operatori del centro ittico. A Salerno, tramontata la vecchia camorra, ora si punta sull’economia legale». È lo scenario delineato dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia, Vincenzo Montemurro nell’inchiesta legata agli affari del clan D’Alessandro nel porto di Salerno. Indagine che vede 19 persone iscritte nel registro degli indagati con l’accusa di riciclaggio e reimpiego di soldi sporchi nell’economia legale. Il sostituto procuratore dell’Antimafia aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per tutti, fatta eccezione per un maresciallo della Guardia Costiera, accusato di avere fatto delle “soffiate” sui controlli alle ditte, per cui è stata avanzata la richiesta di arresti domiciliari. Il gip del Tribunale di Salerno ha rigettato le richieste e la Dda ha presentato ricorso al Riesame. Su tutti spicca il nome di Michele D’Alessandro, 37 anni figlio di Luigi D’Alessandro senior e nipote del defunto fondatore della cosca stabiese. Insieme al cognato Nunzio Girace ‘o mericano sarebbe stato il vero capo delle ditte coinvolte nell’inchiesta. Secondo il teorema accusatorio D’Alessandro sarebbe il reale proprietario di un’attività che da mezzo secolo appartiene alla famiglia Stabile della Valle dell’Irno. Gli indagati sostengono che i rapporti erano regolamentati da regolari fatture e corrispondenti bonifici bancari e che non sussisteva nessuna intestazione fittizia in quanto D’Alessandro, non avente diritto al posto (per la vendita delle cozze), si era inserito attraverso lo Stabile. Una procedura non regolare ma che, secondo gli avvocati difensori, non sarebbe tale da configuare l’ipotesi dell’intestazione fittizia. “Tra le parti non c’è nessun vincolo societario”. Nello specifico il passaggio, secondo il sostituto procuratore, sarebbe avvenuto nel giugno del 2012. Questa non sarebbe l’unica ditta controllata dal clan. La famiglia D’Alessandro, in base alla ricostruzione del pubblico ministero antimagia, era riuscita a mettere la mani anche sulla New Oplonti di Torre Annunziata e su un’azienda dell’Irpinia. Il sottufficiale della Capitaneria coinvolto nell’inchiesta non sarebbe organico all’associazione ma avrebbe , in ogni caso, svolto un ruolo di rilievo. Dalle intercettazioni si evince che l’uomo avrebbe allertato i proprietari delle ditte finite nell’occhio del ciclone di eventuali controlli. Il pm ha presentato ricorso al Riesame in relazione alla richiesta d’arresto rigettata dal Gip del Tribunale di Salerno.
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