di Arturo Calabrese
Si potrebbe scrivere la parola fine alla storia della Fondazione Giambattista Vico, almeno nel Cilento. Ad annunciare la possibilità è lo stesso già presidente ed oggi presidente onorario Vincenzo Pepe. Quest’ultimo è intervenuto in un dibattuto pubblico sui social con al centro la notizia della cessazione di una attività commerciale in quel di Vatolla, una macelleria che aveva la sua sede proprio di fronte al portone di Palazzo Vargas ove è ancora attiva la realtà culturale.
Tra messaggi di affetto e vicinanza, tra qualche critica all’operato amministrativo di questo o di quel politico, spunta il commento di Pepe. “Mi dispiace tanto – dice – quando chiudono le attività è sempre una sconfitta per la tutta la comunità. Anche la Fondazione Giambattista Vico sta pensando di chiudere il portone del museo vichiano e trasferire altrove le attività. Sento sulla mia pelle tanta delusione e amarezza”. Parole, quelle del presidente onorario, che non lasciano spazio ad alcun dubbio ma che suonano invece come un vero e proprio paradosso.
La Fondazione Giambattista Vico, infatti, negli anni ha avuto come proprio obiettivo quello di fermare lo spopolamento, di creare posti di lavoro, di gettare le basi per un futuro più sicuro per i giovani. Obiettivi che sembrano non essere stati raggiunti sia perché lo spopolamento è ancora una delle più grandi piaghe del Cilento e del meridione ma anche perché è la stessa Fondazione che potrebbe a breve chiudere baracca e spostarsi altrove.
Se dovesse accadere sarà una ritirata vera e propria che certifica il clamoroso fallimento di quello che poteva essere un ambizioso progetto purtroppo naufragato nel mare cilentano. A prescindere dai problemi e dal processo che la realtà dovrà affrontare da qui a breve, nella persona dello stesso Pepe e di suo figlio che oggi guida la Fondazione in qualità di presidente, si potrebbero dunque spegnere i riflettori su una storia lunga di un istituto culturale che poteva davvero essere un riferimento per l’intero territorio cilentano e non solo. Qualche passo falso, o fallimento, lo si ha avuto già negli anni.
È il caso di ben due mesi che, inaugurati in grande stile, dopo alterne fortune stono stati desolatamente chiusi. Il primo è quello che dovrebbe avere sede proprio a Palazzo De Vargas, nei piani inferiori. Lì una volta era ospitato il Museo Etno-antropologico ma da qualche anno non se ne hanno più notizie. Stessa sorte è toccata al Museo Acropolis, in un primo momento è stato ospitato nel centro storico di Agropoli per poi essere trasferito presso la Fornace.
Da lì, dopo qualche anno, il comune di Agropoli ha preteso la consegna “ad horas” delle chiavi e tutto ciò che vi era conservato è stato mestamente trasferito. Quei quadri, tra cui alcuni dipinti di Paolo De Matteis, dovrebbero essere oggi nel palazzo vatollese. Il condizionale è ovviamente d’obbligo.
Quest’ultimo allestimento faceva parte di un altro museo, dedicato al Grand Tour, invece ospitato nel convento di Sant’Antonio nel centro storico di Capaccio Paestum. Insomma, negli anni qualche avvisaglia di difficoltà c’è stata ed ora, da quanto scritto dal presidente onorario, a processo per truffa aggravata allo Stato, pare che si sia arrivati davvero al capolinea.






