di Alfonso Malangone*
L’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, è un Ente Pubblico sottoposto alla vigilanza del “Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica” con funzioni di supporto e con piena autonomia amministrativa, operativa e finanziaria. Si occupa di tutela delle acque, di difesa dell’ambiente, di controllo del suolo, del sottosuolo, della biodiversità marina, della natura e della fauna (fonte: DM 21/05/2010 n. 123). La sua concreta attività spazia dalla ricerca alla consulenza tecnico-scientifica, dal monitoraggio alla sperimentazione, dall’informazione alla formazione, anche post-universitaria, in materia ambientale. E’ un Istituto serio, non uno ‘pizza e fichi’. Epperò, quando sono stati recentemente ricordati i dati relativi alla nostra Città, denunciati nel Rapporto su “Consumo di suolo – Anno 2023”, c’è stato chi li ha ritenuti sovrastimati e, quindi, non attendibili, probabilmente a causa di una errata informazione.
Così, in via preliminare, conviene chiarire che la quantità di ‘suolo consumato’ non corrisponde alle zone investite da nuove costruzioni edilizie, ma indica l’incremento della copertura artificiale, su quella naturale, per qualsivoglia attività umana. E, quindi, entrano nella misurazione, oltre alle superfici residenziali, produttive e commerciali, anche le strade asfaltate e sterrate, le aree estrattive, le discariche, i cantieri, i cortili, i piazzali, le serre coperte, gli aeroporti, le aree sportive impermeabilizzate, le ferrovie, i campi fotovoltaici, e altro ancora. Con questa chiave di lettura, le tabelle e i grafici di Ispra acquisiscono piena affidabilità e possono davvero guidare gli operatori nella selezione delle migliori scelte di gestione del territorio per evitare danni al paesaggio, alla produzione di materie prime per l’alimentazione, all’allevamento, alla regolazione del clima e dell’acqua piovana, al controllo dei fenomeni di erosione e ad altro ancora. Non è superfluo ricordare che, proprio grazie al forte dibattito sul contrasto ai cambiamenti climatici, è stato recentemente approvato il piano per la “Transizione Ecologica” con il quale sono stati fissati cinque obiettivi primari da realizzare entro il 2030. Tra essi, ovviamente, c’è pure il consumo del suolo che deve arrivare a “zero” come valore netto della differenza tra le nuove opere e il ripristino di terreno già occupato. Cioè: ‘tanto di nuovo fatto, tanto di vecchio recuperato’. Sono stati pure predisposti fondi specifici per € 150milioni, dal 2024 al 2027, destinati a finanziare i progetti delle Regioni per ri-naturalizzare e contenere gli effetti negativi prodotti dagli eccessi delle coperture (fonte: Governo). Premesso tutto questo, non può essere sottaciuto che, nella ricordata pubblicazione Ispra relativa ai dati di fine 2022, i risultati che ci riguardano non sono propriamente positivi. In Campania, su base Provinciale, siamo al secondo posto, con 39.128 ha, dopo Napoli-Città Metropolitana, con 40.751 ha. A livello di Città, siamo al terzo posto, dopo Napoli e Giugliano, con 2.050 ha, pari al 34,4% del suolo urbano. Con questa quota, occupiamo il 12° posto in ambito nazionale per Comuni oltre i 100.000 abitanti! I conti, sono presto fatti. La superficie della Città è di 59,85Km2 , cioè 5.985ettari, visto che ogni ha corrisponde a 0,01 km2. Poi, tenuto conto che un ettaro è anche pari a 10.000mq, si può dire che il territorio è di complessivi 59.850.000 mq. Di questi, dice Ispra, 2.050 ha, cioè 20.500.000 mq, sono coperti e 39.350.000 mq liberi e disponibili (59.800.000-20,500.000). Sembrerebbero ancora tanti, ma di fatto non è così, perché tra essi sono compresi luoghi inutilizzabili, come corpi fluviali, argini, terreni scoscesi, svincoli e rotatorie, ponti e viadotti (fonte: Ispra). Così, per capire davvero, sarebbe indispensabile disporre di un elemento oggettivo, in grado di offrire una immediata percezione della situazione. Anche a questo, ci ha pensato Ispra, con la elaborazione delle piantine dei territori. Se i numeri possono confondere le idee, la grafica non lo fa. E, nel nostro caso, basta un solo confronto per deprimersi.
FOTO 1 Ispra: Salerno – 126.675 abitanti (10/2023) FOTO 2 Ispra: Perugia – 162.071 abitanti (10/2023).
Le due foto mettono in evidenza, con un colore rosso intenso, le quote di suolo consumato. Per Salerno, è fin troppo evidente che nella zona storica, nella moderna ed in quella di espansione il terreno impermeabilizzato non presenta soluzioni di continuità. E’ tutto cementato, asfaltato, coperto, devitalizzato. Per favorire una lettura davvero consapevole, è necessario sottolineare che l’area con colorazioni sfumate in chiaro comprende, a Nord, il colle Bonadies, e prosegue a Est con il Taborre, dove c’è la cava del Cernicchiara, con il colle Bellaria, che si incunea verso la costa, e con le colline da Matierno a Giovi. Quindi, di aree pianeggianti, ne restano ben poche.
A seguito dell’aggressione edilizia ai Picarielli, dove notizie di questi giorni riferiscono di una cooperativa che sta creando enormi difficoltà a un centinaio di famiglie, salvo errore (ma di questo nessuno parla), le uniche zone libere sono quelle che si incuneano tra la Statale 18, lo Stadio Arechi e la zona industriale. E’ proprio l’area destinata al nuovo Ospedale, ben 220.000 mq., cioè 22 ha, al campo Volpe, nonostante il rischio idrogeologico ‘elevato’ denunciato proprio da Ispra (fonte: Idrogeo), e, a quanto sembra, a una grande piscina per i film coi pescecani, anche se, per le condizioni del mare, sarebbe più utile farne una per i cittadini e per le squadre di pallanuoto.
Resterà qualche spicchio, ma per una sana passeggiata converrà intraprendere i percorsi naturalistici alle spalle di Giovi, se resteranno tali. In sostanza, con la copertura di queste ultime aree sarà completata, quasi per intero, la impermeabilizzazione del suolo naturale Comunale. E, allora, permettete una domanda: “la Città è esentata dal rispetto dell’obiettivo di consumo zero”? Cioè: “per le nuove coperture, non dobbiamo ri-naturalizzare altrettante aree”? Una risposta, anche da Associazioni Ambientaliste, sarebbe davvero gradita.
Se, come è ormai assodato, i cambiamenti climatici e le sciagure ambientali sono l’effetto di dissennate manomissioni degli equilibri naturali, allora non sembra sia possibile lanciare la prima pietra contro gli inquinatori, i devastatori, quelli che incendiano e quelli che rilasciano polveri sottili. Queste, sono quisquilie. Noi stiamo facendo di più. Stiamo togliendo la terra da sotto ai piedi dei nostri figli. Chissà, se mai ci perdoneranno.
*Ali per la Città