di Gemma Criscuoli
È parola ampiamente abusata. La libertà è troppo spesso concetto snaturato nella sua essenza, alibi a buon mercato di egoismi e piccinerie, ma recupera pieno valore nel jazz, dove la parte e il tutto hanno uguale dignità e la musica diventa instancabilmente tutto ciò che vuole. Un approccio più che mai svincolato da pregiudizi ha quindi ispirato “Cheek to cheek”, il concerto che Giada Campione e Pasquale Auricchio hanno tenuto presso il Palazzo Genovese nell’ambito di Obiettivo Sud, la manifestazione nata dall’accordo tra Confassociazioni Campania, Inner Wheel Club di Cava dei Tirreni e Ucid – Sezione Cava- Salerno Costa d’Amalfi. Ad aprire la serata, “Anything goes”, ironico monito su come tutto fugga e cambi e sia, a maggior ragione, necessario fare di se stessi la propria ancora, per poi passare allo spumeggiante brano che dà il titolo alla performance. I due artisti hanno saputo creare un saggio equilibrio tra le loro differenti personalità. La Campione è interprete appassionata che ha dato prova della luminosità del timbro in brani in cui il coinvolgimento emotivo è particolarmente profondo, come “Feeling good”, inno a una percezione di sé immune da condizionamenti, la sognante “Somewhere over the rainbow”, in cui l’aspirazione alla felicità, che emerge nella nostalgia dell’altrove, è un bisogno insopprimibile e “At last”, dove il ritmo carezzevole comunica con spregiudicata determinazione la conquista dell’amore. Auricchio è ammaliante performer, che unisce doti istrioniche a una voce potente e duttile, pronta a fronteggiare tutte le sfide che i virtuosismi del repertorio scelto richiedono. E poiché la dimensione jazzistica si apre a tutte le suggestioni possibili, il cantante, indossando prima una gonna arcobaleno e poi una veste riccamente decorata, ha voluto creare un legame tra i brani interpretati (dominando la scena in “Orange colored sky”, in “But beautiful” e in “Bang bang”) e la sensibilità omosessuale, una delle infinite strade per comprendere il proprio posto nel mondo, invitando il pubblico a difendere i sentimenti e la propria personalità. Nel mettersi in gioco, ricordando brevemente un vissuto tutt’altro che semplice (il disprezzo e la violenza per la sola “colpa” di essere diverso), l’artista ha reso paradigmatica la propria vicenda, dato che diventare ciò che si è rappresenta la strada maestra di un’autorealizzazione e la si deve percorrere senza timore della cecità altrui. Scegliendo, a propria volta, abiti maschili nel corso della serata, la Campione è stata complice sincera nel comunicare al pubblico l’urgenza di non farsi imprigionare da facili categorie e in effetti questa sollecitudine ha guidato l’interpretazione di “Nature boy”, “La vie en rose”, “The lady is a trump”, dove il binomio passione/libertà fiorisce in modo languido o deciso, ma comunque con un’energia che non perde smalto a dispetto del passare degli anni. L’invito a trovare nella musica la forza necessaria a vivere ogni momento è stato celebrato in “Let’s face the music and dance”, mentre il lato dolceamaro della dedizione amorosa ha trovato spazio in “Bewitched bothered and bewildered”, brano particolarmente amato da Auricchio nella sua complessità. La conclusione non poteva che essere affidata alla travolgente “It don’t mean a thing” tra gli applausi del numeroso pubblico intervenuto.