Centore. La battaglia inizia adesso - Le Cronache Ultimora
Nocera Inferiore Ultimora

Centore. La battaglia inizia adesso

Centore. La battaglia inizia adesso

Michelangelo Russo

Garbato, gentile come sempre, il Procuratore di Nocera Inferiore ha salutato i colleghi, il Foro e tutto il personale con quel timbro di ufficialità che gli è stato sempre consueto, da quando lo conosco. Ma ha detto, all’inizio del saluto, con l’addio alla vigilia di una sconfitta, parole amare che solo la pacatezza del suo stile stempera nella gravità delle affermazioni. Centore ha detto che va via in un momento difficile, mentre cresce la disaffezione dei cittadini verso la Magistratura, incolpevole delle disfunzioni e dei disservizi, ma facile capro espiatorio della politica per dirottare su piste false le colpe ascrivibili per gran parte proprio alla politica stessa. Lo stile da gentiluomo che Antonio Centore ha conservato fino all’ultimo giorno è stato lo stesso della sua generazione. Arrivarono a Salerno nel 1981, come uditori alle prime armi, in gruppo, lui, Leonida Primicerio, Massimo Palumbo, Luigi D’Alessio, Ornella Crespi, Piero De Crescenzo. Nomi che negli anni sono diventati di tutto rispetto. Ma erano già diversi, più istituzionali ma aperti alle novità, da quel gruppo che stava terremotando la magistratura salernitana a partire dal 1979. Il gruppo di Claudio Tringali, Michelangelo Russo, Luciano Santoro, Felice Scermino, Arturo Cortese, Luigi Santaniello, Aldo Bochicchio, e poi Giovanni Pentagallo, Antonio Frasso e Mariano De Luca. Nella storia della Procura di Salerno dal 1979 al 1994, che a puntate questo giornale sta pubblicando, si sta cercando di ricordare le dinamiche della profonda trasformazione del corpo della Magistratura nel giro di pochi anni, a quel tempo. Con effetti perduranti fino ai giorni nostri. Con echi che l’attuale assetto governativo vuole tacitare per sempre con il suo progetto di Riforma della Giustizia. Perché, come tutte le tirannie ben sanno, la parola libertà deve essere cancellata da tutti i libri, finchè sia scomparso lo stesso suono di quella parola. Se ne deve perdere totalmente la memoria. Ma resta la memoria affidata, col passare delle generazioni, ai vecchi soldati. Che non vanno mai in pensione del tutto, finchè vivranno. “I vecchi soldati non muoiono mai, semplicemente svaniscono lentamente” disse il generale Mac Arthur, il vincitore del Giappone, quando il Presidente Truman lo depose. Vale lo stesso per i Magistrati quando vanno in pensione. Sono la memoria vivente a cui attingere la forza lunga della storia. Che deve essere ricordata alle nuove generazioni di giudici. E’ grave che, in presenza di una pur autorevole Scuola della Magistratura che sta a Firenze, ma che non coltiva succursali nei distretti di Corte d’Appello, manchi nel programma un qualsiasi incontro di studio sulle vicende storiche della Magistratura negli ultimi decenni. Nel programma di formazione dei nuovi giudici, che adesso arrivano ad infornate continue per obbedire ai dettati europei di efficientamento del corpo giudiziario con il PNRR, il periodo di uditorato è stato ridotto addirittura soltanto ad un anno, anziché un anno e mezzo come prima. E’ come arrivare al vaccino anti-Covid senza spiegare da come si è partiti osservando la mutazione genetica del virus. Non c’è spazio, per questi nuovi giudici, per apprendere notizie sull’evoluzione della figura del magistrato nel corso del tempo recente. E’ una lacuna che noi, giudici in pensione ancora viventi, dovremmo tentare di colmare in qualche modo. Perché si avvicina una guerra totale con il potere politico. Non c’è posto per la rassegnazione alla apparente inevitabile sconfitta della Democrazia Costituzionale, così come la conosciamo. Occorre combattere, come vecchi soldati. Si preannuncia l’inevitabile referendum confermativo. Si può vincere, spiegando agli italiani l’inganno di una riforma fatta di menzogne. Nella mitologia nibelungica gli spiriti dei vecchi guerrieri combattono accanto ai viventi. La loro arma è il suono. La nostra arma sarà la voce. Come in una ballata eroica. Come in Hurricane di Bob Dylan, che fu fondamentale per la scarcerazione del pugile Rubin Caster, incarcerato ingiustamente dall’infame giustizia razzista del New Jersey. Alla Magistratura serve un Bob Dylan, adesso, più che un convegno o un congresso. La voce della storia; il suono della storia; il coraggio e la lirica della passione. L’inno di Mameli e il Nabucco di Verdi hanno fatto l’Italia, come Bella Ciao ha fatto la Resistenza.