Di Olga Chieffi
Erich Neumann, ebreo berlinese emigrato in Israele dopo un soggiorno svizzero in cui si fece analizzare da Jung, scrivendo al termine della seconda guerra mondiale, osservava che il mondo si era appena liberato del nazismo, ma già i liberatori si minacciavano l’un l’altro, e minacciavano la stessa vita sulla terra, con armi nucleari. Un rischio senza precedenti. Neumann proponeva una nuova etica. La morale giudaico-cristiana aveva assicurato regole comprensibili e relativamente funzionali per amministrare i comportamenti e somministrare le punizioni: la società occidentale era riuscita a darsi norme comuni insistendo sull’obbligo a scapito della comprensione. La vera “coscienza”, e le convinzioni morali dell’individuo che su di essa si basano, possono provenire solo da una comprensione personale profonda. Ma questa eventualità era stata accettata solo come eccezione. Le regole generali avevano avuto la precedenza. In altre parole, avere la coscienza a posto significava stare alle regole, non “essere consapevole”. Su questo problema si innesta l’agile libretto di Cecchino Cacciatore, erede dei saperi di una schiatta di giurisprudenti, filosofi e letterati, in libreria con “La giustizia è anche domani”, per le edizioni D’Amato, da pochissimo licenziato. “Bisogna spiegare e fare entrare la natura – i dissidi, i litigi, le incomprensioni e, perché no, le colpe dei padri – nellalegge, renderla umana, capace di parlarci di noi nel momento del giudizio. “Solo così mio figlio potrà salvarsi e lanorma che gli verrà applicata sarà quella della misura d’uomo”. Istintivamente tutti sappiamo che attribuire una colpa non è mai semplice. Invece, il problema della colpa era stato semplificato: si preferiva farla ricadere solo su di una delle parti in causa. Le attribuzioni di responsabilità spesso erano state estese dall’individuo a una collettività, con il risultato che, a volte, anche le punizioni erano collettive, una possibilità che ripugna a qualunque concezione moderna del diritto. In questa semplificazione etica per blocchi, i fattori psicologici non vengono affrontati. Come risultato, essi operano inconsciamente, senza che nessuno li osservi. La colpa dell’altro viene regolarmente sopravvalutata, perché la propria è negata e proiettata sulla controparte. Cecchino Cacciatore con scrittura limpida e altamente comunicativa, affronta questo dilemma chiedendosi, in primo luogo perché avrebbe dovuto accollarsi il processo del figlio del suo Maestro e di diverse generazioni di avvocati, un vecchio avvocato picchiato dal figlio, che lui (Cecchino) dovrà difendere come richiestogli dal padre per non farlo andare in galera: “un fiero e valoroso avvocato, maestro di intere generazioni, ma anche grottescamente causa della disturbata personalità del proprio figlio. Fu un attimo, ma bastò per farmi capire quanto accidentato fosse il percorso che mi si presentava davanti, se avessi accettato il mandato, per giungere a dare una risposta a quegli interrogativi. Il vecchio avvocato, dopo avermi raccontato, mi salutò e non ci incontrammo più fino al giorno dell’inizio del processo”. Il superamento della vecchia etica è il nuovo grande compito che si assegna e ci impone Cecchino Cacciatore. Un compito immenso, perché enorme e pesante è la posta in gioco. I criteri tradizionali, infatti, comportano il rischio che le reciproche attribuzioni di colpa trabocchino in paranoia collettiva. La nuova etica dovrà, quindi, avere il coraggio di adottare una prospettiva psicologica. La valutazione morale deve iniziare con l’analisi della propria ombra, conducendo ad una comprensione non solo dell’altro, ma anche del polo opposto interiore alla personalità. Una simile etica promuoverà la crescita della coscienza là dove per prima essa si manifesta, cioè nell’individuo. La giustizia che insegue Cecchino Cacciatore, con il suo vecchio Maestro, dovrà far parte di una più generale ricerca del bene. Nelle sue forme più antiche, infatti, il bene assoluto era composto inseparabilmente da giustizia e bellezza. Le leggi cambiano con i tempi e i luoghi, ma restano impersonali e generali. La giustizia, invece, corrisponde ad un bisogno universale, ma si manifesta in forme personali. L’idea di giustizia, quindi, rimarrà sempre diversa e superiore rispetto a quella di legge. A differenza della legge, essa includerà anche elementi psicologici inconsci e potrà essere consapevolmente “anche domani”.