Francesco Cuoco
Il 27 agosto del 1982, all’età di 94 anni, si spegneva serenamente Lucia Apicella, più comunemente conosciuta a Cava de’ Tirreni come Mamma Lucia, coraggiosa ed umanissima donna dalla esuberante personalità, l’artefice di una storia che per la maestosità dell’impresa ha assunto i caratteri di autentica leggenda e che ha svolto, in anni di feroce ed asperrima contrapposizione, la funzione di ambasciatrice di pace e pacificatrice delle coscienze, lasciando ai posteri una lezione di umanità attraverso la sua opera misericordiosa che non può e non deve essere dimenticata. Lucia Pisapia, maritata Apicella, era nata a Cava, precisamente nella frazione di S. Arcangelo, nel 1887. Dopo la fine della seconda guerra mondiale si prodigò a recuperare, con le sua immensa forza d’animo, in uno slancio di meravigliosa, grandissima umanità, a proprio rischio e pericolo tra gli ordigni ancora inesplosi, i resti dei soldati tedeschi che giacevano insepolti nei campi e sui monti dove avevano intrattenuto in una disperata e coraggiosa resistenza l’avanzata alleata che stava materializzandosi con lo sbarco avvenuto nei pressi di Salerno, al fine di rallentarla e consentire all’esercito germanico il ripiegamento verso il centro e poi il nord del paese. Appare opportuno ricordare al riguardo che mentre gli alleati avevano provveduto a raccogliere i loro morti per dargli adeguata sepoltura, giacevano invece abbandonati quelli tedeschi, e che fino a dopo un anno e mezzo dalla fine delle operazioni belliche a Cava nessuno aveva preso iniziative per quei poveri resti. Proprio con disposizione d’animo frutto della sua profonda fede religiosa, Mamma Lucia agì ed è questo il significato che deve conferirsi alla sua opera misericordiosa di recupero delle salme dei militari germanici caduti in terra straniera, e cioè che non possono e non debbono esistere discriminazioni tra i caduti, che dopo la morte non c’è il rogo. La sua opera misericordiosa non si limitò alla raccolta ed al recupero dei pietosi resti (alla fine saranno circa 800 i recuperi da lei effettuati), ma continuò, dopo aver provveduto alla identificazione attraverso le piastrine di riconoscimento ed alla composizione delle ossa in appositi cassettini, a mezzo dell’invio dei medesimi presso le famiglie dei caduti in Germania, tanto da essere ricevuta trionfalmente a Monaco di Baviera nella manifestazione organizzata dal settimanale Quick nel 1951, di cui diedero ampia eco testate italiane prestigiose come Epoca, che scrisse che Radio Stoccarda in quell’occasione aveva trasmesso un pubblico elogio di Cava: “un popolo che ha saputo dare al mondo una Mamma Lucia merita tutta la nostra gratitudine, tutto l’amore di cui siamo capaci”. Lucia Apicella ebbe l’onore di essere ricevuta da ben due Pontefici, prima da Pio XII nel 1950 e poi da Giovanni XXIII nel 1962 e venne premiata anche dall’Associazione nazionale Tutela degli Italiani all’Estero che il 13 dicembre del 1951 le conferì a Roma in Campidoglio la medaglia d’oro per il suo operato, oltre ad avere ricevuto un particolare, specialissimo riconoscimento dal tenore Beniamino Gigli che al teatro San Carlo in Napoli cantò per lei, alla sua presenza, la canzone “Mamma”. La storia della meravigliosa popolana cavese è stata oggetto anche di numerose pubblicazioni, tra le quali la prima del 1953, dal titolo “I morti parlano” di Quirino Santoro, ed a lei è stato anche dedicato un componimento poetico in versi dal latinista Mario Pinto, dal titolo Lucia Mater, pubblicato in occasione del conferimento del premi Motta “Notte di Natale” 1950. Ma della vicenda pubblica e privata della grande donna cavese si è occupato in quella che appare l’opera più completa tra quelle dedicatele il compianto dr. Raffaele Senatore nel suo splendido libro dal titolo “Mamma Lucia- L’Epopea di una madre- Mutter den Gefallenen” (ricco di testimonianze e di materiale fotografico, nel quale ho potuto riconoscere, non senza commozione, nell’autorevole ruolo di vicesindaco del Comune di Cava de’Tirreni negli anni cinquanta la nobile figura della prof. Maria Casaburi, sorella della mia nonna paterna Matilde, accanto a Mamma Lucia mentre viene ricevuta con tutti gli onori a Palazzo di Città) in cui, nell’esaltare la meritoria iniziativa di cristiana, umana, caritatevole pietà che pose fine ad una discriminazione post mortem nei confronti dei soldati di una delle parti dell’immane conflitto perché “so tutti figli i’ mamm”, non sottaceva una nemmeno tanto velata critica verso la Chiesa cavese per non avere compiuto i giusti passi nelle opportune sedi perché fosse riconosciuta la sua santità, che Lucia Apicella meritava per la statura morale e l’eroismo della sua azione, che l’avevano portata a dare degna sepoltura anche a quei militi, le cui membra insepolte erano state oggetto pure del saccheggio degli animali, nei confronti dei quali la sua umanità superiore le imponeva il doveroso agire, senza distinguo. Per questo l’iniziativa intrapresa dall’ex sindaco Marco Galdi, culminata nell’approvazione di una delibera di giunta nel 2015 e nella successiva costituzione, con atto del 3 giugno del 2019; del “Comitato Figli di Mamma Lucia” comprendente noti cittadini e professionisti cavesi (Felice Scermino, Lucia Avigliano, Gennaro Galdo, Alfonso Prisco, Beatrice Sparano, Franco Bruno Vitolo, Gaetano Guida e due nipoti di Mamma Lucia, Annamaria e Lucia Apicella), della costruzione di un museo cittadino dedicato a Mamma Lucia, è venuta a colmare un vuoto ed una colpevole dimenticanza nei confronti della santa donna cavese, che sarà ricordata nel corso della serata del 29 agosto prossimo, nel corso di una cerimonia pubblica che si terrà presso il cinema Alambra. Il Comitato Figli di Mamma Lucia”, che non ha lesinato il suo impegno nella ricerca della documentazione e del materiale necessario nonché del contributo chiesto a fedeli, autorità ed associazioni per la concreta realizzazione del Museo, si è speso anche nel raccogliere il sentire diffuso della popolazione cavese per l’istanza rivolta al vescovo Mons. Soricelli di intraprendere tutte le opportune iniziative atte ad avviare la causa di beatificazione per la leggendaria donna cavese. Un riconoscimento che, alla luce dello straordinario, eccezionale esempio di impegno e di sacrificio, nonostante tutte le difficoltà materiali e pratiche e le contrarietà e gli ostacoli anche di carattere politico incontrati e oltrepassati in nome di un superiore ideale etico e religioso, e di pacificazione delle coscienze in periodi di brutale contrapposizione, appare doveroso e non più procastinabile. (Si ringraziano per la collaborazione la prof. Lucia Avigliano e l’ing. Gaetano Guida)