Carne “sintetica”. Figuraccia di Lollo, Giorgia e centrodx - Le Cronache
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Carne “sintetica”. Figuraccia di Lollo, Giorgia e centrodx

Carne “sintetica”. Figuraccia di Lollo, Giorgia e centrodx

di Aldo Primicerio
Partiamo dalla fine. La legge del governo Meloni sul no alla carne coltivata sta per essere considerata difforme dalle direttive europee e quindi illegale ed inapplicabile, e per di più Italia sanzionabile per infrazione. Il ministro Lollobrigida aveva già fiutato aria non buona su questa legge da lui fortemente voluta, fino a ritirarla dal portale TRIS (una procedura Ue istituita per prevenire l’insorgenza di ostacoli nel mercato intero prima che essi si concretizzino) per una, definiamola così, bonaria revisione. Ma un ritiro che forse non basterà.
Noi l’avevamo detto e scritto in tempo non sospetto. Detto in tv in Quotidiano Medicina a novembre 2023, e scritto su Cronache più volte già da marzo scorso. E – nel nostro piccolo, piccolissimo – avevamo messo in guardia Francesco Lollobrigida sul grasso e grosso equivoco tra carne sintetica e carne coltivata. Una svista, diciamolo, anche lessicale e grammaticale. Che ha finito con il trarre in inganno anche gli italiani. Il 74% del Paese, secondo una stima della Gazzetta dello Sport non si capisce quando e fatta da chi, si era infatti dichiarato contrario alla carne “artificiale”. Ed è cresciuto così il clamoroso frainteso tra la carne coltivata e sviluppata sì in laboratorio ma, attenzione, da staminali tratte da autentica carne di bovino, e la carne artificiale (in sostanza quella vegetale, che le assomiglia un po’) ma che non ha nulla a che vedere con quella coltivata.
Premier, ministro e governo ignari delle sentenze della Corte di Giustizia Ue e delle direttive della Commissione
Cosa è successo a Bruxelles? Che la Commissione Europea ha chiuso la procedura TRIS – prevista quando vengono approvate norme che ostacolano la libera circolazione delle merci in ambito comunitario – e lo ha fatto anticipatamente per via di un errore procedurale.
E l’ha chiusa però mentre il testo era stato già adottato ed approvato dalla Camera di uno Stato membro. Insomma, il solito errore di inesperienza internazionale di questo governo che, anche nella persona della sua premier, non riesce ancora a convincersi che l’Italia è membro, peraltro fondatore, dell’Unione Europea. Insomma, si fa sempre più forte il nostro sospetto che l’Europa attuale non sia in linea con quella che circola nella testa della nostra presidente, e che forse è la stessa che orbita nella testa di Orban. In sostanza il nostro governo, e la forte maggioranza che lo sostiene in Camera e Senato, hanno probabilmente aggirato, forse ignorandola, una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE che, rifacendosi alla procedura indicata nella direttiva 98/34/CE, stabilisce che – per le norme che ostacolano la libera circolazione delle merci in Ue – gli Stati membri sono obbligati a notificare “i progetti delle regolamentazioni tecniche relative ai prodotti” alla Commissione e agli altri Stati membri “prima che queste siano adottate nelle legislazioni nazionali”. In caso contrario, la legge può essere dichiarata inapplicabile dai tribunali nazionali. Ed in questo pasticcio l’Italia non è sola. C’è una recente presa di posizione anche di Austria e Francia (e forse anche di altri Stati). In una nota congiunta, hanno chiesto alla Commissione Ue di presentare una valutazione sull’impatto della carne coltivata prima di qualsiasi autorizzazione normativa, oltre a una consultazione pubblica, una modifica del processo di approvazione e il divieto dell’uso del termine ‘carne’.
Lo stesso premier francese Attal, parlando della carne “sintetica”, ha detto: “Non corrisponde al nostro ideale”. E’ quindi chiaro che tutte queste rispettabili ed autorevolissime persone dovrebbero sedersi tutt’insieme in una stanza (o in un’aula scolastica), ed ascoltare nei banchi una persona (uno scienziato) che spieghi loro cos’è la carne coltivata ed in cosa si differenzia da quella sintetica. Ma non è solo questo.
La pressione delle lobbies. E l’ignoranza sul ruolo della scienza e sulla ricerca di un’alternativa, da scegliere liberamente, per difendere il pianeta
E’ chiaro che dietro a questo grasso e grosso equivoco si agitino le pressioni enormi delle lobbies aziendali agricole e zootecniche e di tutto il sistema infrastrutturale dei trasporti, della distribuzione e del marketing. Un’agitazione inutile, direi sciocca. Qui non si discute se una carne debba sostituire un’altra, ma della libertà di farne un nobile oggetto di ricerca scientifica. e di costruire un’alternativa. Perché tutti dovremmo sapere (e molti non lo sappiamo e non ne siamo interessati) che in Italia gli allevamenti intensivi, a causa delle emissioni di ammoniaca degli animali e dei loro liquami, sono la seconda causa di inquinamento da polveri fini, le PM2,5: pericolose perché, essendo minuscole, penetrano più profondamente nel nostro organismo e causano ogni anno decine di migliaia di morti premature in Italia. Il sistema degli allevamenti intensivi consuma grandi quantità di risorse, sempre più scarse.
Oltre il 60% dei cereali in commercio nell’Unione Europea non è destinato a diventare pane o pasta, ma mangime per gli allevamenti intensivi, così come (e molti noi lo ignoriamo) oltre un terzo di tutta l’acqua usata dal settore agricolo è utilizzata per questo tipo di allevamenti e per la produzione di mangimi. Con i prezzi del cibo alle stelle, serve quindi una nuova efficienza alimentare: produrre e consumare meno carne, anche per avere più grano a disposizione per le persone.
Ogni due secondi, nel mondo, un’area di foresta grande come un campo da calcio viene rasa al suolo soprattutto per far spazio agli allevamenti di bovini o coltivare soia destinata alla mangimistica. E così, con un albero abbattuto e un incendio dopo l’altro, specie uniche e equilibri naturali rimasti inalterati per migliaia di anni rischiano di sparire per sempre. L’Italia è uno dei principali importatori di carne e soia dal Sudamerica e dalla Foresta Amazzonica. Cosa occorre subito?
Andiamo per ordine: Una moratoria immediata sui progetti di nuova costruzione o ampliamento di allevamenti intensivi – Non destinare più fondi pubblici ad allevamenti intensivi – Adottare politiche che promuovano diete principalmente a base vegetale e misure efficaci per la tutela della risorsa idrica – Evitare le importazioni di materie prime come la soia utilizzata come mangime – Sui prodotti di origine animale sia chiaro il metodo di allevamento e andare verso sistemi di allevamento più rispettosi del benessere animale
Al Paese ed a noi ora il rischio di pagare la fretta di Lollobrigida e la probabile sanzione dell’Ue
Quali saranno gli effetti della fretta del “cognato d’Italia”? Della sua ‘impresa eroica’ di aver fatto dell’Italia l’unico Paese al mondo a vietare qualcosa che non esiste ancora, a sopprimere la libera ricerca della scienza, fino a trascurare le regole dell’Ue ed a non rispettare il principio di precauzione europeo? Il governo era forse consapevole della inapplicabilità della legge?
Ma ha voluto giocare a nascondino, ritirando poi la manina per paura di una bocciatura? Chissà. Ma intanto l’Italia non avrebbe mai potuto vietare l’importazione dall’estero di un prodotto assurdamente vietato ai suoi scienziati. Una figuraccia, giusta paga dell’arroganza.
E dell’ignoranza. Altro che pragmatismo…Peccato. Poteva essere un’occasione. Per loro, ma anche per noi cittadini.