Caravaggio vs Händel, cos’è il Barocco? - Le Cronache Attualità
Attualità Salerno

Caravaggio vs Händel, cos’è il Barocco?

Caravaggio vs Händel,  cos’è il Barocco?

Francesco Aliberti

Caravaggio: artista senza tempo che sul tempo invita a riflettere in un’epoca che pretende invece di dominarlo. Giambattista Vico, contrapponendo un approccio ancora umanistico al razionalismo scientifico del tardo sec. XVII, riteneva che l’uomo può conoscere soltanto ciò che è in grado di produrre: dunque, non le cose della natura, che son create da Dio e le cui ragioni profonde, a dispetto delle pretese cartesiane, restano ignote, bensì le azioni umane e tutto ciò che da esse scaturisce: la storia, il diritto e la giurisprudenza assurgono a campi privilegiati del “fare” umano e dunque della conoscenza possibile. La verità si manifesta nel fatto e il fatto è testimonianza della verità: verum et factum convertuntur. Ma, forse, dell’immenso magma di fatti che è la storia umana non riusciamo che a ricostruire un discontinuo catalogo, il cui senso – se c’è – non si palesa. La storia non è una scienza e non ci sono leggi universali deducibili a partire da essa, come non è possibile rinvenire una teleologia o addirittura una teologia della storia. Queste prospettive ricadono nell’ambito della fede e lo studioso non può che sospendere il proprio giudizio a riguardo. Magistra vitae? La storia non insegna niente. Col senno di poi si cerca di mettere ordine nella fitta trama degli eventi storici individuando coordinate che consentano definizioni chiarificatrici, ma in questo modo si fa sempre torto alla fluidità della vita e all’inespugnabilità del tempo. Alessandro Barbero è chiaro su questo punto: noi sappiamo molte più cose del passato rispetto a chi vi era immerso, così come noi, del presente in cui siamo sommersi, conosciamo assai poco. Ogni uomo è una somma di incoerenze e non se ne accorge affatto. E se qualcuno glielo facesse notare, scrollerebbe le spalle adducendo questa o quella ragione per il proprio agire. Perciò la storia è a due dimensioni, una tela intrecciata in una ingarbugliatissima trama di innumerevoli fili. Ma non c’è profondità: la terza dimensione gliela diamo noi, con l’impatto emotivo che la storia ha su di noi, con quello che ci insegna su come funziona l’uomo (se ci insegna qualcosa) e con le risposte che dà alle preoccupazioni del presente. Dall’esigenza di orientarsi in un incomprensibile presente potrebbe dunque derivare la tendenza dello studioso a rinvenire nel magmatico corso degli eventi alcune linee guida che possano convincere della regolarità di certi flussi di eventi, con cause, sviluppi e conseguenze deducibili e incontrovertibili. E così, il Barocco si configura come un periodo dalle caratteristiche definite, diverse da quelle del Rinascimento che lo precede e del successivo periodo neoclassico. Eppure, nella complessa trama che definiamo “civiltà occidentale” le varianti del Barocco, dipendenti da contingenze geografiche e politiche, non si contano. Quando si definisce Caravaggio un pittore italiano dell’età barocca e si prende atto delle date di nascita e morte (1571-1610) confrontandole con quelle di un famoso musicista, anche lui barocco, vissuto a più di cento anni di distanza prevalentemente in Inghilterra, Georg Friedrich Händel (1685-1759), allora la confusione prende il sopravvento. Cosa rende affine l’arte di questi due geni, collocabili all’interno di un orizzonte cronologico così ampio, a tal punto da classificarli come “barocchi”? Impossibile individuare cesure nette tra periodi storici, ma si può provare a individuare qualche fattore che dia ragione dello sviluppo della musica tra Seicento e prima metà del Settecento: la progressiva connessione tra abitudini contrappuntistiche regionali, favorita da un processo di internazionalizzazione dell’attività musicale iniziato all’epoca del Concilio di Costanza; l’emergente primato della voce superiuspromosso dal linguaggio musicale della Riforma (il corale) e dalle ricerche sulla monodia greca in ambito umanistico (che determinano lo sviluppo del recitar cantando e dell’opera); l’omoritmia delle voci nel corale, che prelude alla percezione moderna dell’accordo; la crescente tensione antropocentrica del mondo moderno, che valorizza l’esperienza musicale oltre la preghiera e la conoscenza matematica degli antichi, per cui anche gli strumenti musicali e le forme strumentali irrompono con rinnovata dignità nella storia della musica. Si tratta di elementi che emergono già all’alba dell’età moderna e che nel Barocco trovano una prima, matura espressione. Il repertorio proposto insiste sul ruolo centrale della Riforma religiosa, anche in ambito cattolico: San Filippo Neri ha favorito lo sviluppo della lauda polifonica, in cui la semplicità di spirito della lauda francescana si coniuga alla freschezza espressiva delle villanelle, in uno stile di canto che richiama la musica popolare attraverso il ricorso a una spiccata polimetria, al dialetto e all’uso di strumenti a percussione. Si può incontrare Dio nella semplice e nuda verità degli uomini, come nella pittura di Caravaggio che affronta la cristianità nei corpi, serbando l’imperfezione degli ultimi e rendendoli protagonisti. Non c’è più confine tra fisicità ed esperienza spirituale: la contraddizione si fa anima dell’estetica e strumento di salvezza, come ci ha insegnato Gesù. Questo, forse, è il Barocco. Se la storia resta un groviglio, una piccola traccia di senso possiamo dargliela noi.