Di Olga Chieffi
Siamo adusi, da queste colonne, scrivere sulla musica del Nuovo anno, un 2025 in cui festeggeremo diversi anniversari, da Johann Strauss jr. ad Erik Satie, da Luciano Berio, a Maurice Ravel, da Šostakovič a Salieri, ma l’occhio verrà aperto sull’ultimo Assassinio nella cattedrale, per citare Eliot, che ha chiuso l’anno celebrativo pucciniano, e sul teatro Verdi di Salerno, che si trova ancora ad applicare la regola dello “scambio”, che oggi attanaglia i cartelloni e i teatri di ogni livello, a discapito della qualità e in particolare del merito, di quanti abbiano l’ardire di salire sul podio. La situazione della musica oggi è che la stessa sia stata persa di vista. Nell’arte non si può giocare al ribasso, poiché non è necessaria, e se si sceglie di avvicinarla, bisogna farlo con tutti i crismi, altrimenti, non ci si arrischia a produrre spettacoli ed esecuzioni becere, come lo è stato “Viva Puccini”. Orchestra Nuova Scarlatti di Napoli, portata in Rai dalla Beatrice Venezi, con il suo patron Gaetano Russo al leggìo di I clarinetto e una formazione che accoglie diverse prime dei teatri siciliani e sardi, strumentisti che ritroviamo un po’ in diversi ensemble, insieme a numerosi giovani che tentano di intraprendere la carriera di orchestrale, un’accolita di cantanti, per attraversare parte della magna opera pucciniana. Il tramonto e il passato in questa trasmissione divulgativa, attaccata per il suo voler porre insieme ospiti pop e rock e Giacomo Puccini. La gravità del danno al nostro compositore non è affatto in questo crossover totale. Abbiamo celebrato un altro grandissimo della musica, nel 2024, Duke Ellington, che amava ripetere che di generi ce ne sono solo due: la musica buona e l’altra. E’ da tempo inaugurata l’era della “Musica totale”, per dirla con Giorgio Gaslini, di un tempo e di musicisti che devono aprirsi a tutto tondo alla conoscenza e, possibilmente, anche alla prassi, di tutti i sistemi armonici e contrappuntistici, di tutte le forme musicali, anche quelle cristallizzate in generi, di tutte le esperienze sonore delle etnie dei popoli; quindi, di musicisti e di un pubblico che possiedano la storia della musica, accanto alla storia delle musiche. Purtroppo, la tanta sbandierata meritocrazia, continua inarrestabile ad essere tradita se leggiamo nei sottotitoli di un programma Rai, registrato e quindi montato, “La povera mia cena fu interrotta” il duetto dello stupro, della Tosca, Scarpia, Alberto Gazale, tenore, errorastro riportato da tutte le testate in rete, quindi, frutto anche di errata e ignorante comunicazione. Ma queste sono solo foolish things, visto che in questo programma c’è stato un po’ di tutto, dal musical Cats a Malika Ayane che ha proposto un po’ dei suoi Grovigli, e ancora Frida Bollani con un “Oh mio babbino caro” strumentale, Star Wars e la sei corde di Maurizio Solieri, con un po’ di Vasco Rossi, mentre si alternavano le varie arie da “E lucevan le stelle” affidato ad un stavolta si tenore, Murat Karahan, inascoltabile, come lo è stato, purtroppo, anche lo Scarpia di Alberto Gazale, e tutto il cast cantanti tra luci ed ombre. Quindi, la Venezi, ha staccato tempi velocissimi per la Tregenda delle Villi e per il Capriccio Sinfonico, non lasciando spazio ai colori, alle emozioni, all’abbandono, dell’Intermezzo di Suora Angelica o di Manon, note scivolate come acqua su pietra, senza parlare degli interpreti acerbi per voce e tecnica il soprano Ilaria Monteverdi e Michele Cerullo, mentre per la Giannattasio si è fatta forte della sua esperienza. Un plauso, invece, per la scelta di accostare a Tosca lo stupro di Franca Rame o l’intervento di Paolo Bolpagni, sulle collezioni artistiche del genio lucchese e le letture di Gianmarco Tognazzi. Infine, il caro Stinchelli della Barcaccia, al quale chiediamo coerenza, con le sue famose perle nere e perle bianche, e qui le perle musicali sono state veramente nerissime, le ascolteremo, le analizzerà in diretta? Di sicuro starà già con “Gira la cote, gira, gira!…Ungi, arrota, che la lama guizzi, sprizzi fuoco e sangue!” tanto per restare in tema? Non lo crediamo e ci sentiamo di dire che, nonostante fosse questa una trasmissione di “Mamma Rai”, mai la Fondazione Simonetta Puccini, per rispetto del compositore e della sua ultima erede diretta, la nipote, la severissima Simonetta, avrebbe dovuto avallare questo scempio musicale. A Salerno, mentre andava in onda Viva Puccini, si celebrava il Capodanno con un’ Orchestra Filarmonica Salernitana impegnata su ben tre fronti, reduce da una splendida Traviata oreniana nello strumentale, il Capodanno a Ravello con cantanti per la direzione di Leonardo Sini, concerto salernitano diretto da Alfonso Todisco, guardando già all’omaggio a Frank Sinatra, nonché alla difficile IX sinfonia di Ludwig van Beethoven, le lingue si sono ingarbugliate e non poco. La direzione del teatro Verdi, non paga del concerto delle Voci Bianche, sostenute da un ensemble debuttante, insieme al suo inespertissimo direttore, ha affidato il doppio concerto del primo dell’anno ad un altro direttore esordiente, Alfonso Todisco, sul podio del nostro massimo, una ribalta che incute timore ed esalta al tempo stesso, calcato da Daniel Oren, Lorin Maazel, lo “Czar” Valery Gergiev e tanti altri che sono riusciti ad onorare il nostro teatro di tradizione. Programma ascoltato e presentato infinite volte, che l’orchestra conosce, e che solo così è riuscita a portare a termine, in una specie di “autogestione”, guidata dalle prime parti a cominciare, naturalmente, dal Konzertmeister Mirela Lico, dai legni particolarmente ispirati in questo periodo, con Antonio Rufo primo oboe, Luigi Pettrone I clarinetto e Antonio Senatore I flauto, con al suo fianco Mario Montani e l’ottavino Vincenzo Scannapieco, il fagotto di Antonello Capone, suoni d’eccellenza nell’ouverture dell’ Orphée aux Enfers di Offenbach. Se tutte le polke e i valzer in programma sono risultati un po’ lenti, senza spingere su variazioni di ritmo e colori, anche ad un po’ d’abbandono, il tamburino Roberto Pagnotta ha spinto un po’ il piede sull’acceleratore nell’attacco della sinfonia avanti l’opera della Gazza Ladra, mentre la prima danza ungherese di Johannes Brahms ha perso di quella tensione che già dalla prima frase deve tendere all’esplosione del finale che tutti attendono. Perfettamente in stile i ballerini coreografati, per il Valzer dei fiori e altre danze, da Corona Paone e Luigi Ferrone, i giovani Riccardo Cuppone, Karolin Bellavista, Samuele Mansueto, Vincenzo Napolitano, Daria Coletti e Laura Uliano, i quali sono riusciti a portare un po’ di quella leggerezza, l’essenza pura della danza, che certo è mancata nell’ esecuzione delle pagine straussiane. Se la sezione ottoni è stata un po’ superficiale, percussioni in grande spolvero ne’ La Boda de Luis Alonso un Intermedio di Gerònimo Giménez con Pino Marotta alle castanuelas, quindi a schizzare la tempesta Polka Schnell Unter Donner und Blitz, insieme al piattista Rosario Barbarulo e al timpanista Vincenzo D’Acunto. Novità dell’anno la Polka veloce Auf der Jagd, ispirata alle melodie dell’operetta di Strauss Cagliostro in Wien, di non facile esecuzione, che è andata a sostituire il pizzicato Polka, unitamente all’esclusione delle danze de’ La Gioconda. Plauso per tutti gli orchestrali e festa finale sotto una pioggia di brillantini, coriandoli, e palloni che hanno naturalmente acceso la festa, conclusa con la Radetzky March e il bis del can can di Offenbach.
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