di Peppe Rinaldi
Tutti i salmi finiscono in gloria? Questo lo si potrà dire solo quando la vicenda di un alto magistrato scivolato (forse) sulla buccia di una contravvenzione stradale sarà definita. Se e quando, “an” e “quando” direbbe il giurista di base. La notizia che il Presidente di sezione regionale della Corte dei Conti della Campania, Michele Oricchio, sia indagato in un procedimento penale della procura di Salerno (il numero è il 5148/2025/mod.21), se da un lato «inquieta» – come scriverebbe in automatico il 99% dei media – dall’altro rafforza l’idea che il tema del cosiddetto “Sistema Cilento” non si esaurisca in banali, per quanto perniciose, anomalie in materia di politica, appalti, servizi, bustarelle, percentuali, concorsi truccati o altro. La qui richiamata (mesi addietro) «commensalità» tra mondo politico e mondo giudiziario torna sulla scena.
Il fatto
Ma di cosa parliamo? Dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Alessandro Di Vico sul giro di multe e contravvenzioni stradali annullate illecitamente dal Comune di Capaccio ad una serie di soggetti. Una storia di clientela spicciola: non ti faccio pagare la multa, tu poi dopo mi voti oppure mi hai già votato ed io così te ne rendo merito; io dipendente comunale, invece, eseguo i desiderata «politici» così incarico e stipendio me li vedo riconfermati. Niente di che, “umano troppo umano” scriveva qualcuno tanto tempo fa alludendo ad altro.
In indagini precedenti si parlava di circa mille verbali fatti sparire, allo stato la magistratura ha messo le grinfie su circa un centinaio di persone, tra le quali spicca questo importante magistrato, molto conosciuto e, peraltro, anche stimato sul piano tecnico-professionale. Il caso delle multe di Capaccio è noto, ha occupato lo spazio della cronaca negli ultimi tempi e promette ancora di occuparlo in futuro, specie se dal cesto delle ciliegie se ne tira fuori una dopo l’altra. Nelle ultime ore il pm ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini ad altri 60 indagati, tra i quali è spuntato come un masso in caduta libera dal Monte Bianco, il nome del presidente di sezione della Corte dei Conti Campania, il vallese Michele Oricchio “perché, in concorso con Strafella Sofia quale responsabile dell’ufficio verbali, nonché Comandante interinale della P.M. di Capaccio Paestum dal mese di ottobre 2023, per cui si procede separatamente, quest’ultima quale esecutore materiale e Auricchio Michele quale determinatore ed istigatore, formavano falso atto di autotutela avente natura di atto pubblico di fede privilegiata, con cui si attestava, contrariamente al vero che la multa VI479E/2021 fosse erronea nei fatti, come da schema riassuntivo che si allega, così annullandolo o archiviando il singolo accertamento non permettendo così al Comune di riscuotere le somme indicate nel verbale (183,00 euro), in Capaccio Paestum, 02/07/202l”. Così recita la fredda formula standard che si trova in ogni atto giudiziario di quel tipo. Oricchio è sotto indagine per aver violato, in concorso con Strafella, una serie di articoli (476-479) del codice penale nonché un’altra piccola sfilza di leggi e regolamenti specifici: in parole povere gli si contesta un reato di falso non ordinario, cioè non la semplice firma «pezzottata» o roba del genere sotto una carta qualunque, bensì qualcosa più insidiosa e, volendo, grave, risalente alla volontà «criminale» (“determinatore e istigatore” lo definisce il pm) di formare un nuovo atto giuridico -chiamiamolo così- falso al fine di ricavarne un vantaggio personale consistito, secondo il pm, nel sottrarsi al pagamento di manco 200 euro. Tutto perché, forse, il 2 luglio di quattro e passa anni fa correva un po’ troppo con l’automobile. Succede a tutti. Sempre che sia riconosciuto colpevole, ovvio. E pensare che il suo stipendio non è inferiore ai 13mila euro mensili, più una’indennità di funzione annuale di altri 40/50mila euro, dice il «populista» che è in noi, quasi obbligato a tale e tanta osservazione dalle proporzioni tra le cifre e la posta in gioco. E’ la solita storia del diavolo, delle pentole e dei coperchi in pratica. Stavolta tocca al magistrato dei conti. E non è neppure la prima volta, nel senso che magistratura e giornalismo si occuparono di lui pochi anni fa nell’ambito della complessa vicenda di un altro magistrato, il giudice Mario Pagano, arrestato dai colleghi di Napoli per corruzione: Oricchio fu coinvolto in uno dei tanti filoni del caso Pagano, molti dei quali già definiti, trovandosi indagato per l’allora in vigore reato di abuso d’ufficio, per una faccenda relativa ad una Commissione tributaria. Posizione poi archiviata ma che comunque fece molto rumore, non foss’altro per l’ovvia eco che una toga trascinata nel «fango» (da altre toghe) oggettivamente reca di presso.
Ambiente avvelenato
Da quanto risulta a chi scrive questa indagine sulle multe al comune di Capaccio durante il regno di Franco Alfieri, nascerebbe in base ad una serie di esposti anonimi molto dettagliati. Chi materialmente li avrebbe fatti non si sa, questo è pacifico, sebbene dalle stanze locali e comprensoriali emergano elementi che indirizzerebbero verso una figura precisa, peraltro al centro di ulteriori incroci giudiziari per fatti risalenti nel tempo e altri più recenti. Un materiale estensore, forse due e non necessariamente dello stesso sesso, così recita il tam tam di chi sa sempre tutto non sapendo nulla. Ma siamo sul piano della probabilità giornalistica, non certo giudiziaria. Sembrerebbe che l’autore – o gli autori – degli esposti conoscesse a menadito cosa accadeva nel Comando di Polizia urbana di Paestum, tanto da scatenare l’apertura di un’indagine attraverso lo strumento, classicamente perverso, dell’esposto anonimo, firmato dai rituali «cittadini onesti». Nel guaio, così, c’è finito pure un magistrato, che forse oggi prova a mordersi il gomito dinanzi allo specchio per essersi svegliato nuovamente dall’altra parte della scrivania. La vicenda gli creerà noie non sottovalutabili, chissà quanti suoi colleghi non aspettavano altro, succede in ogni ambiente. Succede pure ai magistrati. Poi c’è il Csm: e qui si apre un capitolo a parte, che per ora non ci riguarda. Come uno sberleffo, la vicenda sarà giocoforza oggetto di interesse per la stessa Corte dei Conti se si considera il co-merito del problema, cioè il mancato introito di soldi per il Comune di Capaccio, che già di suo, adesso, non se la passa granché. Et pour cause.
Il sistema
Su queste e altre colonne s’è scritto nei mesi e negli anni scorsi di diversi argomenti riguardanti il cosiddetto “Sistema Cilento”, formula più politico-giornalistica che giudiziaria per la verità, che riesce però a rendere il concetto. Tra le tante cose (politica, imprese, pubblico impiego, concorsi truccati, enti locali casalinghi, rapporti con il crimine organizzato, banche, fusioni societarie, appalti, costruzioni, etc) ciò che colpì maggiormente il cronista fu il «giro» di magistrati che, di riffa o di raffa, orbitavano attorno al potere politico, incarnato al tempo dall’uomo forte del Pd, il noto Franco Alfieri.
Tutto alla luce del sole, va detto, più qualcos’altro alla luce «della luna»: archiviazioni di indagini a fronte (?) di acquisti di terreni e/o viceversa, archiviazioni facili se nell’ingranaggio finivano amici o parenti, mancate astensioni dinanzi a conflitti di interessi plateali; incarichi a coniugi di magistrati, cene e commensalità varie. Insomma, ci siamo capiti. Se ne stava occupando la procura di Napoli, oggi non sappiamo, forse gli impegni televisivi assorbono troppo, forse no.
Tutto discendeva dall’alto, naturalmente, a partire dalle gestioni degli uffici giudiziari centrali affidate ad alcuni simpatizzanti, diciamo così, di quell’area politica. Finché non cambiarono le cose con l’arrivo del procuratore Giuseppe Borrelli, che, come sappiamo, ha impacchettato Alfieri e disarticolato un pezzo forte del potere politico. Ora Borrelli guida Reggio Calabria, Salerno è sede vacante. Per ora. “Del doman non c’è certezza” diceva il poeta. Ma lui parlava di Bacco e Arianna.





