È stato fin troppo facile prevedere la sorte del calendario venatorio varato solo pochi giorni fa dalla Regione Campania e già “congelato” a seguito del ricorso al Tar presentato dalle associazioni ambientaliste. Pubblicato nei giorni scorsi – invece che a giugno, come prevede la normativa di settore – il calendario venatorio della Regione Campania è caratterizzato da vecchie e nuove criticità. Quest’anno, in particolare, alcune scelte in materia di specie cacciabili, di durata della stagione venatoria e la mancanza dei necessari studi di settore rendono la situazione particolarmente critica. Criticità confermata, appunto, dal ricorso presentato alla Terza Sezione del TAR che ha accolto l’istanza cautelare sospendendo tutti gli atti impugnati, rinviando la discussione nel merito al prossimo 24 settembre. Fin da un primo esame del calendario venatorio sono emerse criticità e contraddizioni, ad iniziare dal vero e proprio paradosso costituito dalle previsioni relative alla caccia al cinghiale, specie che per cattiva gestione delle aree protette si è diffusa in maniera spropositata su tutto il nostro territorio, tanto da rappresentare una minaccia vuoi per i danni arrecati alle coltivazioni, vuoi perché in molti casi veicolo di trasmissione della peste suina. Ecco che il calendario venatorio campano diventa improvvisamente “generoso” verso i cacciatori: la caccia al cinghiale viene prolungata fino a gennaio, mese in cui questi animali già si accoppiano, tanto che molte volte vengono abbattute scrofe che sono incinte. Una assurdità. Il calendario venatorio campano prevede la cancellazione dall’elenco delle specie venabili di alcuni uccelli, come il Moriglione e la Tortora, per le quali esiste su tutto il territorio nazionale un programma di prelievo avallato dall’Ispra. Addirittura nelle zone ZPS e SIC si vietano altre due specie di uccelli, il Codone ed il Porciglione, uccelli vengono cacciati in tutte le regioni limitrofe alla Campania. Se passiamo alle chiusure delle specie acquatiche in Campania non possiamo che fare un’amara riflessione: nessuno studio e nessun censimento viene preparato e portato avanti dalla Regione Campania sul territorio regionale, studio che dovrebbe essere elaborato con l’ISPRA per tutte le cinque province campane. «Alla vigilia della nuova stagione venatoria – dichiara Andrea Di Mauro, segretario del circolo tematico “Tradizione Ecologica” del movimento “Indipendenza!” -, non possiamo che constatare come ancora una volta i cacciatori siano visti come dei salvadanai da rompere, salvo poi far ricorso al loro aiuto in caso di emergenza. Il nuovo calendario venatorio è la solita pantomima all’italiana, con cui la Regione Campania cerca di salvare capre e cavoli, mostrando in realtà di non avere uno straccio di strategia gestionale venatoria. Un dato evidenziato anche dal fatto che la Regione Campania non si è neanche costituita in giudizio in occasione del recentissimo ricorso al TAR delle associazioni ambientaliste, quasi sconfessando di fatto il proprio operato. Nelle prossime settimane chiederemo di rendere pubblici i dati dei tesserini venatori compilati dai cacciatori, la motivazione per la quale tali tesserini non vengono tutti ritirati dalla stessa amministrazione, il perché non vengano trascritti gli unici dati che possano realmente attestare le consistenze faunistiche sul territorio campano. Alla stessa Regione chiederemo come vengono spesi ogni anno più di due milioni di euro di tassa regionale versata dai cacciatori campani nelle casse regionali».
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