Il direttore finlandese inaugurerà stasera alle 20 la LXVI edizione del Ravello Festival con il primo dei due concerti wagneriani alla testa della Philarmonia Orchestra, festeggiando il suo sessantesimo compleanno tra cielo e terra
Di OLGA CHIEFFI
Non c’è frase musicale o poetica, figura dipinta o raccontata che non abbiano fatto presa, che non abbiano inciso su una vita, modificato un destino, alleviato o aggravato un dolore. Il corno inglese evocativo, impressionista, orfico, schizza un universo sonoro naturale dal quale l’uomo sembra escluso con il suo “cuore” “scordato strumento”, un suono ricreato efficacemente attraverso l’effetto di rallentamento prodotto dalla doppia relativa e dalla successione delle liquide e delle nasali, in questi ultimi versi, a precedere la “stonatura” finale del cuore. Wagner nel suo Tristan Und Isolde ha voluto questo strumento quale simbolo del “disincanto”: al suo suono è dedicata una lunga melopea senza accompagnamento, fra le più singolari e toccanti che mai siano state immaginate, a lui resta l’ultima parola nel motivo del desiderio che si fa simbolo di un’altra unione, di una gioia cosmica, dell’estasi che palpita “del respiro del mondo nell’alitante Tutto”. Stasera alle ore 20, i riflettori si accenderanno sulla LXVI edizione del Ravello Festival con il Preludio del Tristan und Isolde e l’incantato liebestod evocati dalla Philarmonia Orchestra che celebrerà anche i sessant’anni del suo direttore Esa-Pekka Salonen. Con loro le voci del soprano Michelle DeYoung e del baritono James Rutherford al loro debutto assoluto nella Città della Musica. Dopo il Preludio, (che aldilà di ogni possibile gerarchia è una vetta – se non la vetta – della musica occidentale) non porta in sé solo l’ impronta del genio, ma incarna storicamente un inizio e una fine: l’ armonia non è più quella “inaugurata” da Bach e consolidata da Mozart e Beethoven; è il primo passo verso la musica moderna – l’urlo di vita di un neonato che respira per la prima volta, Esa-Pekka Salonen si cimenterà con l’Addio di Wotan dal Die Walkure col suo poderoso accordo di re maggiore di tutti gli altri fiati e sostenuto dalle volute degli archi e del flauto, il tema della cavalcata compare adesso in trombe, tromboni e tuba, forte e maestoso, come a scortare compostamente e solennemente la Valchiria verso il sacrario in cui verrà addormentata. Poi, fortissimo nei fiati alti, ecco il tema del sonno, che porta – con una discesa che ricorda il Patto e una successiva impennata – allo struggente addio di Wotan: “Leb’wohl, du kühnes, herrliches Kind, affidato al baritono James Rutheford. Finale con il Gotterdamerung il Siegfrieds Rheinfhart, l’intermezzo sinfonico che unisce il prologo al primo atto del Gotterdammerung. Siegfried, pur pago dell’amore della Walkiria, anela a nuove imprese: l’eroe regala alla donna l’anello, la donna all’eroe il cavallo Grane. Sigfrido scende dall’altura dando gioiosamente fiato al suo corno, mentre Brunilde, seguendolo con l’animo in tumulto, gli manda dall’alto gli ultimi addii. “L’orchestra raccoglie il motivo del corno e lo sviluppa in un pezzo poderoso”, così indica la didascalia wagneriana. E di pezzo poderoso, scintillante e brillantissimo, veramente si tratta, i motivi metafisici e morali, cosmici e umani che reggono l’intero ciclo, qui accoppiandosi ai colori e alle atmosfere di un paesaggio mitico, nel segno di un idealizzato “Sentimental Journey” alla ricerca del proprio destino. A seguire la commovente Marcia funebre, uno dei brani più impressionanti e sublimi che Wagner abbia concepito, una pagina dal colore cupo e allucinante, impregnato da senso profondo dell’imminente tragedia, il Sacrificio di Brunilde, interpretato da Michelle DeYoung, che restuirà con le sue ceneri l’anello alle ondine del Reno, facendo crollare il Walhalla, segno dell’inizio di un nuovo mondo.