di Marina Pellegrino
Dallo scorso 14 febbraio, in tutte le sale cinematografiche italiane, è in scena il nuovo film firmato Marvel, Black Panther, che sta ancora registrando il tutto esaurito a distanza di quasi due settimane dall’uscita. Appuntamento di routine per tutti gli appassionati della saga Avengers, la pellicola è liberamente ispirata al fumetto del 1966, sempre di casa Marvel, Pantera Nera, di Stan Lee e Jack Kirby, che parla della storia del Re T’Challa, erede al trono di una stirpe divina, eletto da una Dea Pantera, madre della florida terra di Wakanda, isolata nazione del Nordafrica, ricca di piante in grado di dare dei poteri soprannaturali a chiunque ne mangi il fiore. La magia non è l’unica peculiarità del Regno di Wakanda, poiché, nel terreno, vi sono immensi giacimenti di vibranio, un metallo indistruttibile, in grado di costruire, sviluppare e anche distruggere, qualsiasi cosa. Nonostante le ricchezze e le avanzate tecnologie sviluppate dal vibranio, Wakanda è una cittadina in pieno stile africano, con usi e costumi della tradizione, miscelando alle culture arcaiche elementi tecnologici ed innovativi, come treni ad alta velocità a levitazione magnetica. Infatti, numerosi nemici, ed anche fantasmi del passato, cercheranno di penetrare l’isolata nazione africana, con l’intento di impossessarsi del vibranio, ma il giovane Re T’Challa, grazie al suo coraggio, e soprattutto ai suoi poteri dati dal fiore di Pantera Nera, proteggerà la sua terra, con l’aiuto della tecnologica sorella Shuri, brillante scienziata e studiosa delle mille proprietà del vibranio, Okoye, capo della guardia del re, audace e sfacciata, e Nakia, spia del popolo di Wakanda e grande amore di Black Panther. Un film curato, ben diverso dai soliti film Marvel, studiato in ogni minimo dettaglio dall’esordiente regista Ryan Coogler, che con forza e freschezza, date dalla sua giovane età, dà alla luce un progetto Marvel che risale al lontano 1992, ma fino ad oggi, mai realizzato. Anche la colonna sonora del film, affidata al rapper statunitense Kendrick Lamar, e alla penna compositiva di Ludwig Goransson, è piena di sfaccettature che passano dalla musica techno in stile anni ’80, a dei pezzi melodici di impronta classica e orchestrale, per poi passare a delle ballate africane, caratterizzandone lo stile con cori e percussioni incessanti. Di forte impatto la scena dell’incoronamento del giovane T’Challa alla sommità di una cascata, circondato dai suoi sudditi cosparsi d’oro, muniti di incensi e lance, che ballano a ritmo di un brano africano, senza base melodica, ma accompagnati dalla sola voce e dai tamburi tradizionali, riconducibile alle musiche di Alan Menken, del famigerato musical di Broadway “The Lion King”. Un vero e proprio elogio alla cultura africana subsahariana, che fa della musica e della danza, elementi di grande valore sociale e religioso. In assoluto contrasto, la scena della purificazione, dove il nuovo re è pronto a ripulirsi dei suoi peccati, per poter adempiere al meglio ai suoi doveri di sovrano, e cosparso di sabbia, viene condotto nel suo piano ancestrale, dove incontrerà il suo defunto padre, il quale, accompagnato da un sofisticato e commovente solo di violoncello, maestoso e vibrato, scritto in tonalità minore, abbraccerà il figlio che, in lacrime, prometterà di svolgere il suo oneroso compito con dedizione e giustizia. Nel vero climax musicale, eseguito dall’intera sezione degli archi, T’- Challa si risveglia, e la tensione timbrica si scioglie, portando la tonalità d’impianto del brano da minore a maggiore, espediente armonico che durerà solo pochi secondi, poiché la scena chiude in un breve forte subito di tutta la sezione orchestrale, nella stessa tonalità minore utilizzata per il solo iniziale del cello. Un film nuovo, ricco di amore e tenerezza, di contrasti e contraddizioni, dove azione, scontri e guerre non costituiscono più il filo centrale della storia.