La favolista è un emblema di donna forte e coraggiosa, che si oppose alle rigide regole della sua società
Di Giulia Iannone
Non chiamatela semplicemente scrittrice ed illustratrice di libri illustrati per l’infanzia. Beatrix Potter, è un emblema, è una ribelle, una forte e coraggiosa donna inglese che ha lottato in nome di una libertà di espressione e d’azione, che potremmo definire un vero e proprio manuale biografico di proto-femminismo. Le donne, in sintesi, dovevano accontentarsi del semplice ruolo di “ornamento della società” ed essere sottoposte alla figura del marito. L’obbedienza era tutto ciò che si richiedeva loro, oltre a riflettere questa immagine di purezza e pulizia. Beatrix Potter nasce il 28 luglio 1866 a South Kensington, un quartiere molto facoltoso di Londra. Suo padre, l’avvocato Rupert William, decide che la sua figliola debba ricevere una buona educazione ma privata, ad opera di istitutrici fredde o di governanti amorevoli, che la confineranno in casa, completamente distaccata dal mondo esterno e dalla compagnia di amici e coetanei. Veramente entrambe i genitori, benestanti e con una propensione bohemien per l’arte, evitano ai figli qualsiasi contatto con gli altri, scegliendo per la loro crescita e per la fase delicatissima dell’infanzia, la perfetta solitudine della campagna, nelle tenute scozzesi di famiglia o nella Regione dei Laghi in Inghilterra, a contatto solo con la natura e con gli animali, che saranno gli unici veri amici di Beatrix: conigli, gatti, topi e pipistrelli. Durante le vacanze estive del 1887, la ragazza conosce Hardwicke Rawnsley, futuro fondatore del National Trust, che le mostra come trovare ristoro e rifugio nella Natura ed anche a preservarla, per salvaguardare l’ambiente di quegli adorati amici animaletti dall’incuria e dall’indifferenza del genere umano, al quale Beatrix non appartiene. Questa full immersion empatica e culturale, porta la giovane, da autodidatta, a studiare scienze naturali: botanica, entomologia, tassonomia, e soprattutto micologia, che si trasformerà in una grande passione. Ella riesce non solo a raffigurare funghi nei suoi innumerevoli acquarelli, ma formulerà una teoria sulla ibridazione dei funghi, ossia sulla capacità di questi ultimi di germinare spore. La sua teoria fu presentata alla Linnean Society, ma la comunità scientifica non la prende in considerazione, perché il genere femminile, non è dotato di una tale intelligenza da formulare tesi sensate e concrete sui funghi. La storia ci dirà, solo molti decenni dopo la sua morte, che la sua intuizione scientifica era esatta e molto credibile. Negatole anche l’accesso universitario, Beatrix si ribella con forza alle imposizioni sociali dell’epoca, che la vorrebbero giovane moglie e madre ed angelo del focolare perenne. Sfida il mondo e le rigide etichette vittoriane: resta sola e nubile fin oltre i trent’anni, e decide di continuare non solo a coltivare i suoi rigorosi studi sulle piante, ma di dedicarsi con costanza ai suoi disegni, suggeriti sia dalla sua fervida immaginazione che dalle storie del folklore scozzese, favole dei fratelli Grimm, Andersen ed Esopo che tutta la processione di governanti che si erano susseguite nella casa, le avevano letto sin da piccolissima. Tutto si ricompone e si rielabora nella sua mente. Le prime storie scritte e disegnate di suo pugno, in forma di lettere ai figli della sua ultima governante, contengono le prime storie sugli animaletti del bosco” i 4 coniglietti di nome Flopsy, Mopsy, Cottontail, e Peter” titolo che poi diventerà uno dei suoi racconti più importanti. Sono racconti più o meno lunghi, tutti molto delicati e con un messaggio educativo costante: la disobbedienza ed il contrasto tra madri troppo premurose e cuccioli irrequieti e curiosi di sperimentare il nuovo. I suoi animali antropomorfizzati, non sono tipicamente da fiaba, sono realistici sia nelle fattezze che nei comportamenti. Non mancano anche velate allusioni agli esseri umani, spesso crudeli ed incapaci di convivere in armonia con la natura. Ecco che inizia ad investire su questa prospettiva lavorativa, cedendo disegni e storie, per rendersi indipendente , anche economicamente dalla famiglia, e non sentirsi più prigioniera e schiava di regole e schemi e legami che non le appartengono e che opprimono la sua personalità e bisogno espressivo e creativo. Decide subito di pubblicare a sue spese un libro illustrato per ragazzi “The tale of Peter Rabbit” ed è da qui che parte subito la sua carriera , perché diventerà un best seller che riceverà anche traduzioni in ben 20 lingue di oggi. Abile imprenditrice di se stessa, con l’intuizione di affiancare ai suoi racconti gadget promozionali, è anche donna passionale e libera. Si innamora del suo editore, e per questo amore poco convenzionale e mal visto da tutti, sfida la famiglia che non le perdonerà mai l’affronto neanche quando Norman morirà pochi mesi, dopo per una leucemia fulminante, non convolando mai a giuste nozze con la scrittrice. Fugge da Londra e si rifugia nei suoi luoghi dell’infanzia, e qui vivrà una seconda giovinezza, amorosa e creativa, sposando , ormai ricca e famosa e matura, l’avvocato William Heelis. Circondata dal calore di un nuovo amore, dagli animaletti salvifici tanto amati, dall’aria salubre della grande fattoria nel Sawrey, Beatrix realizzerà le storie più dolci e delicate. Addolorata dalla guerra e dalla devastazione d’interi acri, a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, come ulteriore atto d’amore verso la natura, lei che è sempre stata fuori dal mondo, da una società che l’ha respinta ed isolata e rifiutata, dona secondo testamento, tutti i suoi terreni al National Trust- oggi parte dell’area protetta del lake District National park- ed i numerosi acquarelli micologici. Tutti noi abbiamo il dovere e la responsabilità di cambiare il mondo, anzi forse e soprattutto le donne così sottovalutate e vessate, in ogni tempo ed in ogni società, perché “Una personalità fortemente marcata può davvero influenzare per generazioni i propri discendenti”.