Battipaglia ricorda l’azione di Rocco Scotellaro con una lapide - Le Cronache
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Battipaglia ricorda l’azione di Rocco Scotellaro con una lapide

Battipaglia ricorda l’azione di Rocco Scotellaro con una lapide

di Oreste Mottola
Una lapide commemorativa sarà scoperta sul luogo dell’incontro tra Rocco Scotellaro e il giovane bufalaro Cosimo Montefusco. L’evento si realizza nell’ambito delle celebrazioni per il centenario dalla nascita dello scrittore e politico lucano. L’apposizione della lapide avverrà alla presenza della sindaca Cecilia Francese e dell’assessore alla cultura Silvana Rocco. Ci sarà inoltre la declamazione di alcune poesie di Scotellaro e la testimonianza di Nicoletta Cirillo, moglie del giovane bufalaro, Cosimo Montefusco. Siano in località Battaglio, ai confini tra Eboli e Battipaglia, ma è la seconda località ad aver preso l’iniziativa. Facile prevedere ulteriori strascichi campanilistici. Si “festeggia” il 3 settembre del 1953. “Cosimo è un pezzo di ragazzo con gli stivali di gomma, alto, bruno, con le carni cotte e sode, e così pare pittato perché non parla e se parla o dice i versetti è come se non capisse il significato delle parole: è una creatura che deve ancora parlare”. Si indovina che, malgrado sia analfabeta, egli resisterà poco ancora con le bufale, perché sente che il suo lavoro è in liquidazione, che i pascoli sono accerchiati dai pomodori e dal tabacco, che i ‘tonzi’ di acqua melmosa dove le bufale vanno a bagno si asciugheranno; e se anche questo non avvenisse, egli sa che c’ è Salerno, c’ è Napoli più in là, che non ha visto, ma ha visto Eboli e c’ è suo zio a Eboli che ha la radio «che suona le canzoni». Ogni bufala ha un nome che è un versetto e i nomi di una mandria di bufale fanno un poema. Cosimo, che non sa leggere e scrivere, recita il poema con dolcissima cantilena tante volte al giorno…”. Così Scotellaro racconta Montefusco, Montefusco Cosimo, di professione aiuto bufalaro. E’ un mondo che sta morendo, pieno di tradizioni ancestrali, Dieci anni prima dal mare sono arrivati gli americani, da qualche mese tutti qui sono all’interno di una storia misteriosa che mai si risolverà: la sparizione del sindaco di Battipaglia, Lorenzo Rago. Il poeta ed il bufalaro s’incontrano e confrontano dando vita ad una memorabile pagina di “Contadini del Sud”, pubblicata bel 1954 da Laterza,
Tre settembre 1953, un ragazzo trentenne, piccolo di statura, capelli rossi, che ha al suo attivo una lunga biografia intellettuale e politica svoltasi prevalentemente in Lucania, è su uno stradone di campagna della Piana del Sele, contrada Battaglio di Eboli, poco distante dalla poco conosciuta azienda agricola sperimentale della facoltà di Agraria di Portici. E’ il suo punto d’appoggio per cominciare a scrivere ulteriori storie del suo progettato libro “Contadini del Sud” che è pieno storie e contadini di casa sua, Tricarico e dintorni, Cosimo Montefusco, è questo il suo nome, gli svela i misteri dell’allevamento bufalino. Scotellaro prende nota e ne trae una delle più belle pagine di “Contadini del Sud”, alla fine dell’anno un aneurisma si porta via Rocco prima di Natale. Rocco Scotellaro, è stato già sindaco di Tricarico, paesone della provincia di Matera, gli Carlo Levi e Manlio Rossi Doria l’hanno costretto a riprendere gli studi interrompendo la carriera politica. Quest’anno è il centesimo anniversario della nascita e l’80esimo della sua morte. Il salernitano è molto presente nella sua biografia. Si va da Sicignano degli Alburni (è 12enne quando vi inizia gli studi in seminario), Eboli (dove ha molti amici). Tra i più stretti c’è il docente universitario Vincenzo Faenza. SONO FAENZA E VENGO DA EBOLI: “Vengo da Eboli mi chiamo Faenza difendo i deboli in tutta coscienza. Ma quando mi picco intorno al tabacco allora perbacco”. Strofetta di Rocco Scotellaro, amichevole assai, noi confronti dell’amico ebolitano. Ad Eboli quanti hanno letto i libri di Rocco Scotellaro: “L’uva puttanella” e “I contadini del sud” con la prefazione di Carlo Levi? Scotellaro frequentò l’università di agraria di Portici e in quegli anni fece un’inchiesta nella piana del Sele, nell interrogare molti contadini, tra i quali un ragazzo che gli raccontò delle sue ore libere passate nella città andando a cinema dove i due proprietari delle sale cinematografiche (Pezzullo Supercinema e Cosimo Nigro Cinema Italia) si facevano una spietata lotta a chi offriva visioni cinematografiche a basso prezzo (cinque lire in più un gelato); oppure alla sua intervista al buttero guardiano di Bufale che alla domanda, quanti anni hai ? In risposta ebbe la sorpresa di sentire rispondere “millmise, mille mesi”? La Valle Sele negli anni del secondo dopoguerra fu teatro di episodi cruenti che videro protagonisti soprattutto i braccianti diseredati che decisero l’occupazione delle terre dei vasti latifondi accompagnati anche dalla disperazione delle loro donne. Ed è in questo scenario che si muove Rocco Scotellaro con le sue inchieste sociali e matura la sua poetica di respiro universale. Anche per Faenza c’è la stessa sorte di Scotellaro: la dimenticanza di Eboli, sua città natale. Già Faenza. Molti erano i giovani provenienti da ampie zone del meridione (soprattutto lucani, sardi ed avellinesi) che avendo compiuto i loro studi superiori presso l’Istituto tecnico agrario di Eboli si erano poi iscritti presso la facoltà di Agraria dell’università di Napoli. Una parte del loro percorso di studi l’avevano già completato e quindi nel clima universitario del tempo apparivano più maturi e finanche disponibili alle ulteriori sollecitazioni che venivano dai “grandi” di Portici, Rossi Doria, Bordiga, Grieco e gli altri. Racconta la moglie di Vincenzo Faenza: “Aveva appena avuto l’incarico da Manlio Rossi Doria di componente dell’Osservatorio presso la facoltà di Portici. Ma non aveva dove andare e venne a casa nostra dove per qualche tempo fu ospite…“. Le amicizie ebolitane saranno molto importanti, così come i vari “punti d’appoggio” della facoltà di agraria in zona, prima di tutto a Bellizzi, che allora era nel territorio di Montecorvino Rovella. Significative le sue frequentazioni del tempo, cominciando già con Abdon Alinovi, già nel 1943 giovane cancelliere alla Pretura di Tricarico, con lo studioso e storico Antonio Cestaro, l’agronomo Vincenzo Faenza ed il matematico Luigi Gaeta. LA RIVOLUZIONE DELLE MIGLIAIA DI PERITI AGRARI DI EBOLI. La storia della civilizzazione agricola della Piana del Sele s’incentra su di Eboli, con l’istituto tecnico agrario, scuola superiore di gran blasone. Su quei banchi sono passati in tanti, da Amedeo Sparano, l’uomo che per conto della corona belga sovrintendeva all’agricoltura nel Congo ad Antonio Palmieri che ha “inventato” Vannulo, l’allevamento bufalino moderno di Capaccio esaltato con intere paginate sui più importanti giornali americani e non solo. Dal 1882 l’Istituto Agrario di Eboli forma i migliori tecnici agrari specializzati, dal 1951 i diplomati sono già oltre duemila. BELLIZZI E LE SFIDE MODERNE. Anche Bellizzi è nella storia delle stazioni sperimentali agrarie italiane, nate tra la seconda metà del XIX secolo e gli anni ’30 del XX per modernizzare il mondo contadino e oggi patrimonio architettonico e scientifico dell’Italia che dovrebbe valorizzarle per affrontare le sfide dell’agricoltura del futuro, dalla lotta ai cambiamenti climatici alla sostenibilità ambientale, fino al miglioramento genetico. Sono state l’avanguardia della modernità per l’agricoltura italiana e hanno segnato l’emancipazione dei contadini dalla miseria. Si chiamavano stazioni agrarie sperimentali e vengono istituite nel neonato regno d’Italia a partire dal 1866 per trasferire alle campagne le nuove tecnologie per migliorare la resa dei campi e promuovere metodi innovativi di trasformazione delle materie prime. “TORRE LAMA”. L’Azienda Agraria e Zootecnica, precedentemente denominata “Torre Lama”, venne acquistata nel 1924 dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste per scopi scientifici e didattici e fu affidata all’allora Laboratorio delle Coltivazioni dell’Istituto Superiore di Agricoltura di Portici (poi Istituto di Agronomia generale e Coltivazioni erbacee della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli). L’Azienda di Bellizzi è a circa 70 km dalla Facoltà, lungo la SS 18, nel tratto Pontecagnano-Battipaglia, e rientra nel Comprensorio di Bonifica Destra Sele. Si estende per 49 ettari, dispone di strutture destinate alla coltivazione, alla ricerca e alla didattica. È dotata di una palazzina uffici, di una sala conferenze, una piccola mensa e una foresteria con 12 stanze doppie arredate. I risultati scientifici conseguiti sono stati pubblicati su prestigiose riviste internazionali o sono stati utilizzati per la preparazione di numerose tesi di laurea e di dottorato.