di Andrea Verderame
Puntualmente con l’arrivo dell’estate e l’avvicinarsi delle partenze per le vacanze torna in auge il tema dell’abbandono degli animali da compagnia. Una piaga questa che, tuttavia, non è affatto circoscritta a questo periodo e che si presenta, in tutto il suo cinismo e in diverse forme senza soluzione di continuità. Dal randagismo alle deprecabili condizioni di molti canili, dai maltrattamenti alla difficoltà nelle adozioni dettata dalla burocrazia, diverse sono le questioni che meritano vigilanza. Attenzione tenuta alta dalle decine di associazioni o gruppi di volontari che dedicano la propria quotidianità a far fronte a tali problematiche, spesso arrecando a sé stessi pregiudizi economici e no. Uno di questi movimenti è Batti la ciotola, gruppo volontario nato un anno me mezzo fa circa che opera a Battipaglia e dintorni e che cerca di far in modo che, in entrata, le porte dei canili restino chiuse per più animali possibili. E per quanti pensano che l’attenzione su questi temi debba essere definita esclusivamente dai personali livelli di empatia, la volontaria Angela Amorosino sottolinea come alcune di queste situazioni siano in grado di aprire una finestra su questioni sociali oltre ad avere, altresì, importanti risvolti da un punto di vista sanitario e di sicurezza dei cittadini, oltre che degli animali.
In che modo opera l’associazione Batti la Ciotola?
“Innanzitutto, c’è una precisazione da fare: ancora non siamo associazione, per il momento siamo un gruppo di volontari. Ci siamo mossi un po’ tardi e la documentazione è ancora in mano al commercialista ma a breve, probabilmente dopo le vacanze, riteniamo di potere definire il tutto. Questo movimento è nato circa un anno e mezzo fa da dei conoscenti con gli stessi fini, riguardo soprattutto al randagismo. Perché diciamolo chiaramente: è una piaga e, a quanto pare, chi dovrebbe non riesce a gestirlo come si deve se non raccogliendo vari cani sul territorio e andandoli a sbattere in un canile che, se non sbaglio, o è a Giugliano o nel casertano. Per cui noi che abbiamo visto i canili e sappiamo come sono abbiamo detto che se vediamo un cane, non ci giriamo e passiamo dritti, ma ci fermiamo. E noi come funzioniamo? Molto semplice: ci autotassiamo. Ognuno di noi dona 5 € o 10 € ogni mese per affrontare le spese che ci sono e che le assicuro sono tante perché, tra l’altro, ci chiamano anche per le cessioni di proprietà quando per l’arrivo di un bambino o per un cambio di lavoro finisce la “fantasia del giocattolino” e si tenta di dar via cani di qualche anno. Costa che è odiosa da fare. Noi, per amore del cane e per non farlo finire in canile facciamo anche questo e paghiamo gli stalli perché noi non abbiamo un terreno dove stallare i cani”.
Ritiene sufficiente il contributo fornito alla causa da parte delle amministrazioni locali?
“Credo che si possa fare sempre di più. Noi andiamo fortemente in difficoltà. C’è una legge regionale che ci ha legato le mani nel senso che, se si trova un cane per strada bisogna contattare i vigili, poi viene l’ASL, il cane è accalappiato e va in una sorta di pre-canile. Poi, se vogliamo tirarlo fuori, bisogna mettergli il chip e poi vedere di farlo restare presso qualche famiglia, ma non si può più fare rifare immissione sul territorio. Dal Comune di Battipaglia, effettivamente, non abbiamo aiuti, sono sincera; se non da quei veterinari che capiscono la situazione e con i quali collaboriamo. Anzi abbiamo, più che altro, difficoltà ad interagire con il Comune. Dovrebbero esserci delle sinergie più sostanziose ma non ci sono. Una cosa buona è stata fatta grazie ad Elio Vicinanza ed è l’ambulatorio a Belvedere. È un piccolo passo avanti, lì si microchippa, si può sterilizzare, al momento per tre giorni a settimana – a meno che non arrivino altri medici. Ma no, non siamo aiutati più di tanto, basti pensare che ci dobbiamo tassare noi. E siamo in difficoltà perché in Batti la Ciotola siamo operativi in 7 o 8 persone, poi ci sono le cosiddette “mamme” e i “papà” che ogni tanto vengono a fare una donazione. Se non ci fossero queste persone noi non potremmo pagare gli stalli, le medicine e i veterinari. Abbiamo dovuto fare un crowdfunding per fare operare una cagnetta che aveva un tumore alle mammelle, e fortunatamente in questo modo abbiamo potuto pagare i 400 € dell’intervento. Dove c’è un cane, ci sono poi delle realtà molto tristi che aprono le porte del sociale a 360 °. Una signora malata di sclerosi multipla non riesce più a portare il cane a fare i bisogni e perciò vuole darlo via. E io mi chiedo: dove sono i servizi sociali? I figli non vogliono prendersi cura della mamma e questa signora vive da sola con questo cane in una casa che è in condizioni igieniche precarie”.
Ha un appello da fare alla comunità e a tutto il territorio?
“Io mi appello soprattutto al buon senso delle persone. Soprattutto adesso ci stanno chiamando dalla zona del litorale perché, con l’apertura dei lidi, i cani che sono in quelle zone tutto l’anno iniziano ora a diventare un fastidio. Veniamo quindi chiamati sentendoci dire: «O venite a prendervelo, con fare di minaccia, o chiamiamo i vigili», consapevoli che ciò porterebbe allo spalancarsi delle porte del canile e facendo, quindi, leva sulla nostra sensibilità. Quindi io mi appello soprattutto ai cittadini, ad avere un po’ più di pazienza. Ogni vita ha diritto di essere vissuta in modo dignitoso, per cui: avere un occhio di riguardo, se vedete un cane dategli da bere e cercate di trovare una sistemazione, magari stallandolo in un angolino, come facciamo noi. Ad esempio, proprio pochi giorni fa ci hanno chiamato, non mi ricordo da quale lido, per un caso simile. Abbiamo fatto un giro di telefonate – si sta al telefono tutto il giorno, il che è anche un lavoro – e alla fine abbiamo trovato una santa donna che l’ha preso con sé e ora è felicissima”.
Non un appello alla tasca bensì al cuore…
“Al buon senso, perché le persone generose e sensibili quei 5 € li danno. Capiscono che noi, come gruppo, ogni mese tiriamo fuori i soldi perché dobbiamo fare un fondo cassa. Soprattutto, un appello anche alle istituzioni a dialogare molto di più col mondo associativo in generale non per forza con Batti la ciotola, perché le associazioni sono persone che stanno sul territorio e ne conoscono problematiche e meccanismi. Allora, magari, avere dei referenti al Comune con i quali interfacciarsi; oltre a rendere l’ASL un po’ più presente, perché anche lì il personale, insomma, è un po’ carente e non riesce a far fronte a tutte le quotidiane emergenze. Manca una struttura comunale che possa accogliere questi cani. Abbiamo convenzioni con canili fuori provincia che sono terribili, dei veri e propri lager, vi sono cani che nascono e muoiono lì dentro perché manca una politica di adozione. E perché non fare una politica di adozione? Perché dietro i canili non ci sono sempre persone per bene. Per ogni cane il comune versa una somma e, quindi, vi è anche un business poco chiaro dietro”.
In conclusione, quali sono gli obiettivi futuri fissati da questo movimento?
“Diventare subito associazione in modo da poter chiedere anche il 5×1000 o l’8×1000, poi il commercialista ci illuminerà. Ci piacerebbe avere un posticino dove per accogliere i cani, giusto il tempo di riuscire a fare adozione e creare un primo ricovero. Dire che ci piacerebbe sconfiggere il randagismo è troppo, forse un’utopia. Ma insomma, riuscire a far avere una vita dignitosa a questi animali. Un altro obiettivo è far capire alla popolazione che la sterilizzazione è una cosa doverosa, nel rispetto dell’animale ma nel rispetto anche dei cittadini. E poi, più che un obiettivo, è una speranza, riuscire a dialogare con gli enti pubblici un po’ di più”.