di Aldo Primicerio
Per i media è l’argomento del giorno. Dopo le due folli guerre, la russo-ucraina e la israelo-palestinese, e dopo lo stupido antisionismo degli psicolabili che pretendono di scendere in piazza per sventolarlo. Parliamo delle autonomie differenziate, che da ora per brevità indicheremo con l’acronimo AD. Perché vi accendiamo sopra i nostri fari? Perché noi cittadini vi dedichiamo assai scarsa attenzione. Ci sfiorano, ma non ci toccano. Un errore, perché cambieranno i nostri territori e la vita dei nostri figli e dei nostri nipoti. Il suo disegno di legge, pensato voluto e scritto dal ministro Calderoli (sì, sempre lui, quello del famigerato Porcellum), è stato approvato in Senato con 110 voti favorevoli. Dove però ci sono stati anche 64 contrari e 30 astenuti. Se questi ultimi avessero votato no invece di astenersi, oggi ci sarebbe ancor più da discutere su un progetto che riscuote più dissensi che consensi. E questo legittimerebbe con più forza, se andasse a conclusione, un referendum popolare abrogativo. Un’enormità scrivere che un articolo della Costituzione, il 116, finisce per rivoltarglisi contro e diventare incostituzionale? No, secondo me non lo è. Innanzitutto è immorale che un ministro della Repubblica, proprio nel 75° anniversario della Costituzione Italiana, scriva un Ddl che supera il confine della legittimità costituzionale. Perché la supera? Perché altera la forma di governo parlamentare e frantuma l’unità della Repubblica. Quando fu integrato e modificato l’art. 116, nell’ottobre del 2001, ci fu scarsa sensibilità politica (ma anche emotiva) sul nodo dell’unità nazionale. Se dovesse andare in porto questa sorta di colpo di stato scissionista della Lega, cosa andremmo ad insegnare a scuola ai ragazzi sull’unità e sull’interesse nazionale del Paese? Dovremmo confessare loro che invece stiamo restaurando una forma di feudalesimo medievale. Ed avrebbe ancora senso sventolare allo stadio una bandiera tricolore ed intonare l’inno di Mameli?
Cos’è, chi lo vuole, i pro ed i contra, il boomerang contro il Nord, la nuova distribuzione del gettito fiscale
Innanzitutto il cos’è il Ddl, per schiarirci le idee. Non è altro che il riconoscimento, da parte dello Stato, dell’attribuzione a una Regione a statuto ordinario di autonomie legislative sulle materie di competenza concorrente e in tre casi di materie di competenza esclusiva dello Stato. Insieme alle competenze, le regioni possono anche trattenere il gettito fiscale, che non sarebbe più distribuito su base nazionale a seconda delle necessità collettive. Questa autonomia, concessa dall’articolo 116 della Costituzione, non è mai stata attuata soprattutto a causa delle grandi differenze economiche e sociali tra regioni, che rendono particolarmente delicata, e potenzialmente dannosa, l’approvazione di leggi in questo senso. Ed è per questo che, secondo studiosi e opposizione, il disegno di legge di Calderoli potrebbe avere conseguenze disastrose sull’intero paese, andando ad aumentare le disuguaglianze tra regioni del Nord e del Sud. Chi ha voluto il Ddl? 25 ministri e ministre, di cui solo 5 provengono dal Sud e dalle isole, 5 sono del Centro, e 15 dal Nord. E poi i pro ed i contra, sì con la “a” finale, perché pro e contra sono due parole latine, e vanno rispettate come tali e non volgarizzate ad uso e consumo della nostra ignoranza. I pro sono di carattere economico. Sostengono che trattenere la gran parte del gettito fiscale si traduca automaticamente in una maggiore efficienza nella fornitura di servizi per i propri cittadini. I contra sostengono invece che le AD equivarranno ad una sottrazione di ingenti risorse alla collettività nazionale e ad una disarticolazione di servizi e infrastrutture logistiche (come i trasporti, la distribuzione dell’energia, la sanità o l’istruzione), che per il loro ruolo nel funzionamento del sistema paese dovrebbero avere necessariamente una struttura unitaria e a dimensione nazionale. E le AD danneggeranno anche il Nord. Produrranno un indebolimento complessivo delle politiche pubbliche (energetiche, industriali e infrastrutturali), con una frammentazione degli interventi, rendendo anche le economie del Centronord più deboli rispetto alla competizione internazionale. Infine il gettito fiscale. I pro sostengono che è giusto trattenere sul territorio le tasse dei residenti, al fine di usarle per migliorare i servizi. I contra che non è corretto dare alle regioni le tasse di chi risiede in un luogo ma matura reddito in altre regioni.
L’inganno dei Lep, i Livelli Essenziali delle Prestazioni
Cosa sono i Lep, e perché costituiscono uno dei nodi del Ddl Calderoli? Sono i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi, che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Questo perché riguardano diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini. L’entità dei finanziamenti andrebbero stabiliti prima delle richieste di autonomia da parte delle Regioni, in un contatto riservato e diretto con il Consiglio dei Ministeri. E qui è l’inganno incostituzionale. L’atto che darà sostanza ai Lep non sarà una legge ma un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. E che razza di democrazia è mai questa? E’ dalla Rivoluzione Francese che diritti e leggi vengono fissati dal popolo attraverso i Parlamenti. Qui invece i diritti saranno decisi nelle stanze segrete del governo e contrattati direttamente con il presidente e le giunte delle Regioni che richiedono l’autonomia. E noi non ci stiamo. I federalismi regionali hanno già fatto abbastanza guai. Non ci fidiamo di nessuno nella confusione di atti, conferenze, cabine di regia. Qui l’art. 116 aggira ed annulla l’art. 94 della Costituzione. Il premier avrebbe l’investitura di agire da solo, ignorando il Parlamento. Auguriamoci che il Parlamento non obbedisca agli ordini di partito, tra l’altro dell’unico che vuole le AD cioè la Lega, perché né FdI né FI le hanno mai volute. E speriamo che il presidente Mattarella, l’unico argine a queste follie, non firmi la legge, o la rimandi indietro perché venga corretta. E poi l’extrema ratio, il pacifico ma deciso sgradimento popolare, che farebbe scattare l’intervento dello Stato per motivi di sicurezza previsto dallo stesso Ddl Calderoli. E’ inconcepibile che una repubblica democratica debba dipendere da un partito che ha l’8% dei consensi popolari.