Da Liszt a Orff, da Verdi a Rachmaninov, a Gioachino Rossini: stasera per Jacopo Sipari di Pescasseroli, docente di formazione orchestrale del Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, sarà il momento di rivelare la sua interpretazione della Petite Messe Solennelle, alla testa della Sinfonica Abruzzese
Di Olga Chieffi
I suoni che ci giungono dal passato, contemporaneamente sondano il momento attuale, profilano una congiuntura, mettono in gioco e portano in primo piano il dimenticato nell’accadere del presente, mentre dischiudono una porta sul futuro. Prendere in considerazione sia le memorie riconosciute sia quelle respinte vuol dire intuire la natura vitale della ripetizione. La musica, in quanto grammatica della ripetizione, propone senza fine questo gioco, fra il rievocare e reprimere il passato, come parte integrante del fare la storia. Pertanto, se il suono crea e costituisce una “casa”, dobbiamo reputarlo una dimora mobile che allude a qualcosa che deve ancora compiersi, un futuro in divenire. Ragioni estetiche, queste che tassello dopo tassello, stanno andando a intridere l’anima della bacchetta di Jacopo Sipari di Pescasseroli, docente di formazione orchestrale in forza al Conservatorio “G.Martucci” di Salerno, il quale questa sera, alle ore 19, in diretta youtube rivelerà in anteprima il suo personale Rossini della Petite Messe Solennelle, alla testa della Orchestra Sinfonica Abruzzese, del direttore artistico Ettore Pellegrino, con solisti il soprano Donata D’Annunzio Lombardi, il tenore Dario Di Vietri, il mezzosoprano Irene Molinari e il basso Gaetano Triscari, unitamente all’International Opera Choir, preparato da Giovanni Mirabile, con Mario Ciferri all’organo, una scelta mirata ad esaltare lo strumento della basilica. Un concerto ospite del Festival sacro “Tu es Petrus”, che vedremo in una produzione speciale della Iaco Film di Giacomo Iacolenna, per la direzione generale di Luca Ciccimarra, prevista nel palinsesto di Rai 5 per luglio. Affrontare questa partitura non è semplice poiché in essa convergono spessore contrappuntistico e raffinatezza timbrica, la trasparenza di certe pagine, in questa versione per orchestra, ideata anche per il timore dell’autore che qualcuno potesse orchestrare ed eseguire alla maniera di Berlioz o Liszt. Un Rossini, che qui ha saputo calare la classicità della sua poetica musicale, ma in particolare quella celestiale autonomia dei suoi valori formali, capaci di riconoscere e di riassorbire tutti i portati espressivi applicabili indifferentemente al teatro, alla chiesa, alla cameristica. Un ponte quello di Rossini, percorso anche dallo stesso direttore, il quale è reduce da due concerti con orchestra “allargata”, che lo hanno visto protagonista all’Opera di Tirana con i Carmina Burana di Carl Orff, alla testa delle masse orchestrali e corali dell’Opera di Tirana, preparati dai maestri Dritan Lumshi e per le voci bianche Hajrullah Syla, il coro dei Filarmonici del Kosovo, l’orchestra sinfonica delle Forze Armate, nonché una scelta e preparata rappresentanza del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, con solisti il tenore, Mathias Xheli, il soprano, Ripalta Bufo e il baritono, Armando Likaj, e l’esecuzione nel giorno del Sabato Santo, del Preludio del Lohengrin e dell’ Incantesimo del Venerdì Santo dal Parsifal di Richard Wagner, l’ Adagio della Seconda Sinfonia in Mi op.27 di Sergej Rachmaninov e i Quattro Pezzi Sacri di Verdi, con solista Eva Golemi. Non possiamo qui intavolare una discussione, sulle impressioni ricevute da qualche spezzone audio-video “rubato”: se alla bacchetta di Jacopo Sipari, al di là della professionalità dei solisti, manca ancora una parte di quel cono squisitamente umbratile, è certo che il direttore sta facendo propria, preparandosi a dirigere anche repertorio di non comune ascolto, certa fenomenologia del suono per la quale tutto deriva dalla melodia e dal rapporto tra cellule musicali diverse, nonché nell’arte di saper ascoltare e vivificare i silenzi, una affermazione che può suonare banale ai più, ma che la sua realizzazione nasce unicamente dall’ aver compreso che nel principio è contenuta la fine. Attenti a questo direttore!